Editoriale

Crisi e convergenze “di sistema”

Gli esperti parlano di stagflazione per indicare lo scenario fosco in cui si sovrappongono ondate inflazionistiche e stagnazione economica e in questa fase si tratta di un rischio non teorico

06 Mag 2022

di Stefano De Martis

Nel comunicato relativo al mese di aprile, le stime provvisorie dell’Istat registrano un lieve rallentamento dell’inflazione, ma non c’è da trarne chissà quali conseguenze positive data la profonda incertezza del quadro internazionale. Tanto più che, nella stessa nota, l’Istituto di statistica sottolinea l’estensione dell’incremento dell’indice dei prezzi anche ai beni alimentari e a tutti quegli elementi che compongono il cosiddetto “carrello della spesa”. Come non ricordare ancora una volta che secondo Luigi Einaudi – un grande liberale, non un marxista-leninista – l’inflazione è la più iniqua delle tasse proprio perché riducendo il potere d’acquisto colpisce soprattutto i ceti medio-bassi?
Nonostante la modesta flessione, l’aumento dell’indice dei prezzi si colloca comunque su livelli molto elevati che almeno in Italia non si vedevano dagli anni novanta. Il suo andamento appare strettamente collegato alla crisi energetica che la guerra ha amplificato in modo parossistico e quindi fare previsioni affidabili è praticamente impossibile. Allo stesso tempo, lo strumento tradizionalmente utilizzato per arginare l’inflazione – l’innalzamento dei tassi d’interesse e quindi del costo del denaro – si pone in rotta di collisione con la necessità di non stroncare la ripresa post-pandemia e di evitare dunque una nuova recessione. Gli esperti parlano di stagflazione per indicare lo scenario fosco in cui si sovrappongono ondate inflazionistiche e stagnazione economica e in questa fase si tratta di un rischio non teorico. Occorre insomma un approccio innovativo al problema e ovviamente coordinato almeno su scala europea. L’insistenza del governo italiano sulla necessità di porre un tetto al prezzo del gas va in questa direzione. E forse nella situazione estrema in cui stiamo vivendo – tra covid e guerra – il controllo dei prezzi anche in chiave interna non è più un tabù. L’intervento sulle accise dei carburanti ha avuto effetti positivi e anche di fronte al sospetto di comportamenti speculativi (non solo nel comparto energetico) ci si domanda se la politica non possa fornire altre risposte mirate, senza semplificazioni populiste, ma anche senza dogmatismi economico-finanziari.
Peraltro in un momento del genere arrivano richieste di sostegno da ogni comparto e proprio l’inflazione elevata richiede di ponderare bene ogni mossa che comporti inevitabilmente nuovo deficit, misurando con attenzione il rapporto costi-benefici degli interventi e tutelando con particolare attenzione le fasce di popolazione più esposte all’impatto dell’aumento dei prezzi. La gravità della situazione fa emergere con forza l’esigenza di un nuovo patto sociale che rappresenterebbe il contesto più idoneo per una politica economica bilanciata, equa e nel contempo efficace. A parole questa prospettiva sembra condivisa quasi da tutti: dal governo, dai sindacati, dalle imprese, in una certa misura anche dai partiti. E’ tra questi ultimi che si colgono le maggiori resistenze. La maggioranza eccezionalmente larga che sostiene l’esecutivo dovrebbe costituire un presupposto favorevole per convergenze “di sistema”. Ma bisognerebbe saper resistere alle sirene elettorali che spingono senza sosta in direzione contraria.

 

foto Afp/Sir

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