The economy of Francesco

The economy of Francesco: Nuovi modelli aziendali con la persona al centro

26 Set 2022

di Diletta Pasqualotto

Le aziende private costituiscono un asset fondamentale, tuttavia il modello economico e aziendale che ha quasi del tutto monopolizzato lo scenario mondiale negli ultimi secoli ha cominciato a mostrare forti criticità e i danni che ha portato. Con The Economy of Francesco, stiamo lavorando per creare nuove pratiche aziendali e modelli che possano
massimizzare contemporaneamente gli utili e gli impatti positivi su dipendenti, società e ambiente. Queste nuove pratiche non sono utopistiche, anzi. In questo percorso, abbiamo incontrato imprenditori e imprenditrici che già ci stanno parlando e lavorando a un’economia diversa. Tra questi Marco Piccolo: di lui ne hanno parlato Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, Il Sole 24 Ore, Il Giornale e L’Osservatore Romano. La sua azienda di famiglia, la Reynaldi srl, vicino a Torino, è specializzata nella produzione conto terzi di prodotti cosmetici. La prima ragione per questa attenzione è la decisione di costituirsi azienda benefit nel 2016 – la prima nel settore in Italia – includendo nel proprio statuto aziendale “la creazione di valore condiviso e di impatto positivo sulle persone, la società e la natura”. La seconda, l’impegno nella sostenibilità ambientale – per esempio, attraverso il recupero del 97% dei rifiuti da lavorazioni e dell’acqua di produzione, la riduzione delle emissioni di Co2 tramite la creazione di energia con pannelli fotovoltaici – e, soprattutto, la sostenibilità sociale, in particolare verso i propri lavoratori. Per la famiglia Piccolo, infatti, le persone che lavorano con loro non sono dei dipendenti “che ubbidiscono e basta”, ma dei collaboratori, che partecipano attivamente alla vita e alla crescita dell’azienda. Questa attenzione emerge da piccole scelte, come quelle di rendere gratuito il caffè per la pausa e la pulizia delle divise, a quella più grande di chiudere le attività aziendali alle 17 “perché bisogna vivere anche fuori dal lavoro” e di distribuire un terzo degli utili ai collaboratori, sotto forma di premio aziendale, a partire dal 2019. Commentando questa decisione, Piccolo afferma che “è semplicemente una restituzione, perché nella nostra azienda c’è reciprocità”, poiché “le persone che lavorano con noi sono quelle che hanno determinato il successo dell’azienda… Se ci sono degli utili, perché devo tenermeli solo io?”.
Il “cambio di paradigma” che sottende la sua visione è che il profitto non deve essere il primo obiettivo dell’azienda, ma una conseguenza, e che la persona umana debba essere al centro dell’azienda, non un ingranaggio del sistema. Queste affermazioni non hanno bisogno di molte spiegazioni e i risultati aziendali che stanno ottenendo parlano da soli: l’azienda è passata da un solo dipendente e uno stabilimento di 60 metri quadri nel 2000, a un fatturato di circa 6 milioni di euro nel 2021, con 75 dipendenti e uno stabilimento di 7.500 metri quadri. Riescono a produrre centomila pezzi al giorno e il fatturato sta crescendo di circa il 25% l’anno dal 2018, con un investimento del 12 per cento in ricerca e sviluppo. Innovazione e sostenibilità ambientale e sociale sono quindi le chiavi per garantire la vita e la crescita futura di una azienda. La prospettiva di Piccolo trova fondamento nella sua fede cristiana, per lui fondamentale, e ispirazione dall’enciclica Laudato Si’, assieme ai principi dell’Economia civile e di comunione. Questa però non è una speranza coltivata solo da un piccolo gruppo di imprenditori credenti, ma è raggiungibile da tutti gli imprenditori e imprenditrici di buona volontà che si vogliono impegnare per il bene comune. Anche gli indifferenti o i più disillusi dovranno presto venire a patti con queste questioni poiché, afferma Piccolo “chi non sarà sostenibile nei prossimi dieci anni verrà espulso dal mercato” e dovrà ben presto fare i conti con le richieste dei consumatori e dei mercati finanziari da un lato, e dalle risorse finite del pianeta, dall’altro. Profitto onorevole e impatti sociali e ambientali positivi, dunque. O meglio, l’unica vera chiave per il successo sarà per le aziende italiane “creare meccanismi ad alto valore aggiunto. Come imprenditori, abbiamo il dovere sociale di innovare, non solo per il bene dell’impresa ma anche per le persone e le comunità”.
In questi tempi caratterizzati da crisi economiche, sociali, ambientali e non da ultimo, sanitarie, ci troviamo di fronte a una scelta definitiva, in cui anche gli imprenditori e i loro collaboratori hanno un ruolo importante per far sì che le imprese siano il motore della crescita della società verso il bene comune. Ce lo aveva già detto un altro grande imprenditore piemontese, Adriano Olivetti, nel 1960: “…giacché le straordinarie forze materiali che la scienza e la tecnica hanno posto a disposizione dell’uomo possono essere consegnate ai nostri figli, per la loro liberazione, soltanto in un ordine sostanzialmente nuovo, sottomesso ad autentiche forze spirituali le quali rimangono eterne nel tempo e immutabili nello spazio da Platone a Gesù: l’amore, la verità, la giustizia, la bellezza”.

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