Storia

Il Principato di Taranto: un convegno ha cercato di fare luce su quel periodo poco noto

18 Nov 2022

di Silvano Trevisani

È stato presentato, nel Salone degli specchi di Palazzo di città, il volume, edito da Scorpione, degli atti del convegno che aveva per titolo “Il principato di Taranto tra storia e storiografia”, che si svolse, prima della pandemia, il 16 e 17 novembre del 2019 a Taranto e a Galatina. Vi prese parte anche Andreas Kiesewetter, insegne studioso medievista tedesco, profondo conoscitore della storia dell’Italia Meridionale, che si è spento nell’ottobre 2021 a cui il volume è stato dedicato. Ideatore e promotore di questo convegno – ci spiega Franca Poretti, presidente della delegazione tarantina dell‘Associazione italiana di cultura classica – fu il professore Cosimo Damiano Fonseca in seguito alla pubblicazione di un poema inedito un poema del XV secolo intitolato “Tarantina” di Fosco Paracleto da Corneto che era incentrato sul principe di Taranto Del Balzo Orsini.

“Il filo rosso di questo libro – ci spiega Franca Poretti, che ha aperto l’incontro di presentazione – è costituito dalla figura di Giovanni Antonio Orsini del Balzo e dagli anni in cui fu lui principe di Taranto. Investito del titolo nel 1420 si spense, a quanto ne sappiamo, tra il 14 e il 15 novembre nel 1463. Nell’articolo di Kiesewetter si tratta la questione territoriale e dei suoi domini che, anno dopo anno, divennero talmente numerosi da costituire quasi uno stato nello stato. Anche Benedetto Croce diceva che Giovanni Antonio poteva andare da Napoli a Leuca senza mai fermarsi in una terra che non fosse sua”.

L’incontro è stato aperto dall’intervento di Fonseca che, dopo aver ricordato gli studi sul Principato, ha sottolineato come gli studi su questo importante capitolo di storia siano stati finora carenti e che anche la stessa toponomastica mostra le lacune e dimenticanze delle nostre stesse comunità. Lo storico Giovangualberto Carducci ha innanzi tutto ricordato la figura di Kiesewetter, che aveva ormai da anni una consuetudine di rapporti con gli studiosi pugliesi e con Taranto in particolare, avendo iniziato a occuparsi del Regno napoletano degli aragonesi, e poi ha riepilogato il percorso storico del Principato, durato oltre tre secoli e passato, pur senza continuità, attraverso quattro periodi storici, a partire dal dominio normanno, per passare a quello svevo e a quello angioino. Ma è stato proprio con gli Orsini del Balzo che il principato visse il suo periodo di maggiore espansione e ambizione.

L’estensione dei domini è il punto di partenza della relazione del professor Somaini che ipotizza appunto un progetto fattuale di Giovanni Antonio che ambiva a costituire uno stato indipendente dal Regno di Napoli, senza ovviamente riuscirci. Ma che fosse nei suoi progetti, lo dimostrerebbe il fatto che egli dotò le varie città appartenenti al Principato di Taranto, che erano numerosissime, e che comprendeva la Terra d’Otranto, quasi tutta la Terra di Bari, la Capitanata, parte della Basilicata, insomma un vastissimo territorio, dei distretti erariali, di una cancelleria, una tesoreria, una zecca. Sotto di lui non c’era più l’effige de re di Napoli sulle monete ma la propria. L’ipotesi che possa aver pensato a uno stato indipendente, autonomo non è peregrina. Somaini paragona questo progetto di Giovanni Antonio ai vari stati che più o meno contemporaneamente si stavano formando non solo in Italia: lo stato Visconteo, Venezia, Firenze, quello sforzesco, ma anche quello che accadeva in Francia, con la Borgogna. Il principe tendeva, inoltre, ad appropriarsi dei domini che rimanevano senza vassallo.

Pasquale Corsi, medievista e presidente della Società di Storia patria per la Puglia, ha approfondito attraverso ricerche archivistiche, il rapporto di Altamura con gli angioini prima e gli aragonesi poi, luogo in cui finì i suoi giorni Giovanni Antonio Orsini del Balzo, ultimo principe di Taranto – ancora incerto se morì di febbre quartana o ucciso da emissari del re Ferrante d’Aragona o da suoi uomini di fiducia che lo tradirono; ad avvalorare la tesi dell’omicidio il fatto che i presunti assassini ricevettero doni e incarichi da Ferrante dopo la morte del principe, e l’intera comunità di Altamura ottenne concessioni e privilegi dal re;

Sono poi seguiti gli interventi di Vittoria Tomassetti, già presidente dell’Associazione Amici dei Musei, che coordinò il convegno di Galatina, e José Minervini, presidente della Società Dante Alighieri, comitato di Taranto, narratrice della vita di Maria d’Enghien tra storia e leggenda, condotta attraverso la lettura dei Diurnali del duca di Monteleone, in primis, poi delle opere di studiosi dal ‘700 in poi (Merodio, Croce, De Vincentiis, Cutolo), infine, dei recenti studi approfonditi di Kiesewetter.

La manifestazione è stata chiusa dallo storico ed editore Piero Massafra.

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