Serie tv

Il caso Alex Schwazer, un duro colpo alla credibilità del mondo dell’atletica

Il marciatore azzurro nel 2016 – foto Getty Images
26 Mag 2023

di Paolo Arrivo

La sofferenza più grande del marciatore dotato di un talento straordinario non è stata quella provocata dagli allenamenti o dalle gare, ma dalla parabola discendente alla quale si è autocondannato dopo il trionfo massimo. La causa? L’eccesso di felicità. Quella provata da Alex Schwazer nel momento in cui ha vinto il titolo nella 50 km ai Giochi Olimpici di Pechino 2008, andando oltre i propri sogni – quando era bambino guardava alle Olimpiadi sognando solamente di partecipare. All’apice ha fatto seguito la discesa infernale. “Il caso Alex Schwazer” è raccontata nella serie Netflix tra le più viste oggi in Italia. Prodotta da Indigo Stories, scritta e diretta da Massimo Cappello, ripercorre e documenta l’incubo vissuto dall’atleta del Trentino-Alto Adige: la fragilità dell’uomo che dalla vita ha avuto proprio il meglio, il massimo che si possa desiderare. Anche una storia d’amore da favola. Con la nota pattinatrice Carolina Kostner, che nel momento della prova abbandonerà il suo compagno. La prima parte attiene alla vita lasciata alle spalle.

Il dramma di Alex Schwazer

Oggi AS è un atleta squalificato per doping fino al 2024. Perché l’archiviazione del procedimento penale a suo carico, avvenuta nel 2021 in Italia, non è stata accettata dalla giustizia internazionale e dall’Agenzia mondiale antidoping. La serie tv in quattro puntate chiarisce il dramma vissuto dall’imperatore della marcia, legato un tempo alla principessa del ghiaccio, e come ci è arrivato: dai rapporti controversi avuti con il dottor Michele Ferrari, il medico associato al grande bluff del ciclista americano Lance Armstrong, all’esempio negativo degli atleti russi dopati, al senso di nausea provato proprio dopo quel grande successo che gli aveva dato notorietà esponendolo al circo mediatico. Alex Schwazer fu indotto al doping dal sistema. Tuttavia fece tutto da solo per procurarselo, raggiungendo la Turchia. Il resto è una storia piena di ombre e di domande dove si possono trovare le risposte.

La caduta e la rinascita

Dopo essere stato trovato positivo all’eritropoietina, il 6 agosto 2012, l’atleta cade: ammette subito le proprie colpe pubblicamente. Finisce vittima della gogna mediatica. Ma a poco a poco, l’uomo va incontro alla rinascita. Riacquista serenità quando prende a fare ciò che gli era stato precluso quando gareggiava. Come iscriversi all’università, studiare. Conosce la donna che sposerà: Kathrin Freund. Fondamentale l’incontro con Sandro Donati al quale si affida per farsi allenare. La strana coppia, il diavolo e l’acqua santa (il maestro dello sport è noto per le sue battaglie contro il doping), consente ad Alex Schwazer non solo di rimettersi in carreggiata, ma anche di migliorare raggiungendo i massimi livelli. Riconquista anche l’affetto della gente che gli fa sentire il proprio sostegno. Il ritorno alle gare è una cavalcata trionfale. A Roma, infatti, ai campionati del mondo a squadre di marcia, vince facile.

Di nuovo nel baratro

Come un fulmine a ciel sereno che fa esplodere il caso in tutto il mondo, oltre che in Italia, a pochi giorni dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro, viene data notizia della positività di un campione di urine prelevato il primo gennaio 2016. Stavolta lui si proclama innocente. E parte ugualmente per il Brasile sperando nel ricorso al Tas fatto dal suo legale. L’undici agosto invece cala la notte. Arriva la squalifica di 8 anni, una sentenza pesantissima, per l’accoglimento della richiesta della Iaaf. La difesa sostiene la tesi del complotto attraverso la manipolazione dell’urina. E il Tribunale di Bolzano  lo dimostra. Perché l’elevata concentrazione di DNA all’interno dei campioni di urina risultati positivi rappresenta una inspiegabile anomalia. Non per la WADA, che contesta le conclusioni riportate nelle carte processuali: il braccio di ferro non consente la sospensione della squalifica dell’atleta, che non può prendere parte alle Olimpiadi di Tokyo. L’ultimo grande sogno.

Le conclusioni

Ad aver perso, in tutta questa intricata vicenda, non è stato solamente Alex Schwazer, ma ai piani alti il mondo dell’atletica. Nella docuserie emerge chiaramente. Non può sfuggire allo spettatore di un’opera costruita con ordine, che lascia parlare il protagonista, l’allenatore e tutti i personaggi che ruotano attorno alla questione tenendone accesi i riflettori. Quanto al procedimento penale a carico del marciatore (in Italia è un reato il doping), nel febbraio 2021 il gip del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, ha disposto l’archiviazione. Stessa sorte per l’inchiesta sugli autori del complotto. Le motivazioni dello stesso sono riconducibili alle confessioni successive alla prima positività al doping: per preservare l’atleta, la sua salute e la carriera che ormai volge al termine, sarebbe stato meglio non parlare, ha dichiarato infine Sandro Donati. Sottacere la verità. Che, sappiamo bene, al momento opportuno va fatta emergere. La buona notizia è la serenità dell’uomo. Merito dell’amore che ha trovato, se le migliori medaglie stanno nelle piccole e grandi gioie della vita di tutti i giorni.

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