Serie tv

“Gomorra”, Genny Savastano e Ciro Di Marzio sono ancora vivi

16 Ago 2023

di Paolo Arrivo

Qual è l’unico modo di far tornare in vita i personaggi della realtà o della fantasia? Parlarne. Ovvero sentirli, replicarli o assorbirli. Così i personaggi di “Gomorra” possono rivivere ogni volta che la fortunata serie italiana televisiva viene riproposta sul piccolo schermo. Accade ogni lunedì sera, alle 21.30 su TV8, dove viene mandata in onda la quarta stagione degli avvenimenti ispirati al romanzo di Roberto Saviano: dodici episodi, due per sera – gli ultimi 4 saranno trasmessi il 21 e il 28 agosto. Al centro ci sono le vicende dei clan camorristici. L’ambientazione, lo sappiamo, è la Napoli nelle sue zone più difficili, come Secondigliano.

Gomorra, il dibattito continua

Passano gli anni, restano aperti gli interrogativi: quanto è concreto il rischio della spettacolarizzazione, e conseguente accettazione – legittimazione del male attraverso ciò che viene riprodotto in televisione o al cinema? Un prodotto parodiato oppure preso seriamente nel quotidiano a modello negativo. Gomorra compare ancora sui titoli dei giornali, con riferimento alle notizie peggiori di cronaca nera. E ancora, c’è sempre da chiedersi, si possono cogliere qualità positive negli eroi negativi? Pensiamo all’amicizia tra i personaggi principali di Gennaro e Ciro. Un legame inossidabile che vede ritrovarsi i due compari, compagni di viaggio nella malavita, Savastano e Di Marzio, dopo aver fatto persino l’esperienza della inimicizia.

I precedenti in televisione

Dallo sceneggiato “La Piovra”, che ha avuto il merito di raggiungere lo spettatore aprendogli gli occhi, per la prima volta sull’esistenza del fenomeno mafioso alla fiction televisiva “Il capo dei capi” su Totò Riina, al film di Michele Placido “Vallanzasca – gli angeli del male”: non sono poche le produzioni che si ritiene possano aver danneggiato fortemente l’immagine del Belpaese, sul tema mafia (lo disse, tra gli altri, l’ex premier Silvio Berlusconi). Queste concorrono alla costruzione del mito. E al pericolo di fare proseliti tra le nuove generazioni.

Il messaggio di fondo

Brama di potere, efferatezza, controllo del territorio, ricerca e ostentazione del lusso: sono i comuni denominatori degli episodi e delle stagioni di Gomorra, legati al mondo del crimine. Laddove emerge l’impoverimento culturale nell’assenza di ironia ed autoironia. Manca la capacità di sdrammatizzare, come si suol dire, espressione di un’intelligenza più evoluta, che sta alla base della salvaguardia dei rapporti di qualsiasi natura. Così l’intensità delle passioni raggiunge livelli di esasperazione sino a farsi distruttiva. Il destino comune dei personaggi è la fine ingloriosa. Messaggio sul quale insistere: finiscono tutti in carcere (ma in Gomorra latita la polizia) o morti ammazzati, quelli che scelgono la malavita. Alle volte non fanno nemmeno in tempo a “godersi la vita”. Perché costretti alla latitanza, alla privazione della libertà, alla separazione dagli affetti, che persino quegli uomini e quelle donne provano.

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