Crisi israelo-palestinese

Morte leader Hamas, Bertolotti (Start Insight): “Successo per Israele; per Hamas è una temporanea battuta di arresto”

foto Afp-Sir
31 Lug 2024

di Daniele Rocchi

Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas, è stato ucciso questa notte a Teheran, dove si trovava per partecipare alla cerimonia d’insediamento del presidente Massoud Pezeshkian, in seguito a un raid israeliano. Haniyeh era capo dell’ufficio politico di Hamas dal 2017. Inoltre è stato primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007 e capo dell’amministrazione della Striscia di Gaza dal 2014 al 2017. Sulle implicazioni di questa morte per il conflitto tra Hamas e Israele in corso a Gaza e per il futuro di Hamas, abbiamo intervistato Claudio Bertolotti, esperto dell’Ispi e direttore di Start InSight.

Direttore, qual è la portata politica e militare dell’eliminazione di Haniyeh?
Per Israele si tratta di un grande successo perché rappresenta è la decapitazione politica, sebbene temporanea, dell’organizzazione Hamas. Stiamo parlando, infatti, del soggetto di vertice che ha ricoperto storicamente ruoli chiave all’interno del movimento islamista e che ad oggi si era imposto come il trait d’union tra Hamas e l’Iran che ha sostenuto il movimento palestinese nel corso degli ultimi anni, in particolar modo dopo il 7 ottobre.
Per Israele si tratta di una grande vittoria anche dal punto di vista comunicativo. L’obiettivo più volte dichiarato da Benjamin Netanyahu resta quello di eliminare la leadership politica di Hamas e questo è un risultato che il premier israeliano presenterà all’opinione pubblica interna. Al contrario, l’eliminazione di Haniyeh farà aumentare l’astio dell’opinione pubblica palestinese nei confronti di Israele.

Per Hamas, invece, questa morte cosa rappresenta?
Con la morte di Ismail Haniyeh, Hamas segna una battuta di temporaneo arresto politico. Siamo davanti ad un’organizzazione strutturata sulla base di una shura, cioè di una suprema assemblea dove sono presenti più voci, più correnti, e dunque anche più soggetti pronti a sostituire le leadership eventualmente eliminate. Dalla gerarchia palestinese potrebbero emergere adesso figure come Mahmoud al-Zahar, (uno dei fondatori del gruppo terroristico, ndr.), un leader storico con buone relazioni sia con chi è all’estero e sia con chi è presente ancora a Gaza.

La morte del leader di Hamas potrà influire sulla guerra in corso a Gaza?
Non credo. La gestione militare delle risorse di Hamas all’interno di Gaza ricade sulle Brigate Ezzedin al-Qassam e non sull’autorità politica. Al contrario, credo che, da un punto di vista di narrativo e di necessità di propaganda, Hamas potrebbe cercare di realizzare azioni di rappresaglia simbolicamente significative. Questo anche per riaffermare una certa predominanza rispetto a tante altre milizie che operano a Gaza, come la Jihad islamica, che pure ha un ruolo subordinato in questo momento.
Un indebolimento militare di Hamas viene visto con attenzione da tutte le altre milizie che adesso operano all’ombra del movimento islamista. Potrebbe aprirsi anche uno scenario di competizione interna, con Fatah pronto a riempire questo eventuale vuoto lasciato da Hamas.

Haniyeh era uno dei principali negoziatori dell’accordo per la liberazione degli ostaggi e lo scambio con i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. La sua morte in che modo influirà sulla sorte degli ostaggi?
Non credo che avrà una ripercussione diretta, certamente molto dipenderà da chi assumerà la leadership politica del movimento, in particolar modo dell’ufficio estero di Hamas. Non dimentichiamo che dentro Hamas ci sono due realtà: chi governa o comunque amministra e gestisce la guerra a Gaza, e chi, invece, rappresenta il movimento all’estero. La gestione dei prigionieri è al tempo stesso politica, ma anche molto pratica e viene portata avanti da chi è all’interno della Striscia di Gaza. Quindi molto dipenderà da quelle che saranno le relazioni che verranno a instaurarsi fra l’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, e quella politica del movimento.

L’uccisione di Haniyeh, oggi a Teheran, segue, a breve distanza, quella del numero 2 di Hezbollah, a Beirut, di Fuad Shukr, considerato da Israele responsabile della strage di bambini nel villaggio druso di Majdal Shams e di numerosi altri civili israeliani. Queste eliminazioni potrebbero avvicinare ulteriormente Hamas all’Iran e ai suoi proxy e preparare, ancora di più, il terreno a un allargamento vero e proprio del conflitto a Gaza?
Le relazioni tra i proxy iraniani a livello regionale non possono consolidarsi più di quanto non lo siano già. Sono infatti a un livello altissimo. Però si potrebbe aprire uno scenario peggiore dovuto, in questo caso, alla scelta di agire tutti in maniera più coordinata sotto la regia iraniana. Per quanto riguarda Israele, queste azioni punitive ma preventive, sono volte a limitare la leadership dei vari movimenti – Hamas, Hezbollah, milizie sciite in Siria e in Iraq – e le loro capacità militari e politiche. Azioni preventive e decisamente più risolutive sostenute dall’amministrazione americana, sia democratica che repubblicana.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Leggi anche
Drammi umanitari

Striscia di Gaza, colpita la parrocchia latina: sei feriti tra cui il parroco Romanelli

  “Colpita la parrocchia latina della sacra Famiglia di Gaza. 6 feriti, di cui 2 gravi. Lievemente ferito il parroco, padre Gabriel Romanelli che si trova attualmente in ospedale”. A dichiararlo è il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa. La parrocchia attualmente ospita circa 500 sfollati cristiani. Poco fa un aggiornamento del patriarcato latino […]

Da Srebrenica a Gaza? Perduca (magistrato): “Non dobbiamo rassegnarci all’impunità”

Nel luglio 1995 il genocidio di Srebrenica. Dopo 30 anni storie analoghe si ripetono a Gaza, in Ucraina e in altri Paesi in guerra. La giustizia penale internazionale (Cig) che risente della reticenza se non dell’opposizione di alcuni Stati, vede svanire il sostegno avuto al tempo di Srebrenica quando nel 2007, riconobbe il genocidio di […]

Ma davvero investire sulla guerra è l'unico modo di salvare il Siderurgico?

Che farne dell’ex Ilva? Incontri a vari livelli, ministeriali, sindacali, interistituzionali si susseguono serrati in questi giorni. Avvengono su vari tavoli: il governo media, in modo un po’ confuso, sull’accordo di programma, i sindacati sono alle prese con la tenuta dei posti di lavoro e la cassa integrazione. L’ultimo ieri a Bari con la mediazione […]
Hic et Nunc

Concessa l'Aia all'Ilva: produrrà 6 milioni di tonnellate, nonostante il coro dei “no”

L’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, necessaria per l’agibilità produttiva dello stabilimento siderurgico, è stata concessa dalla conferenza dei servizi riunita al ministero dell’Ambiente. Nonostante la netta contrarietà di Regione Puglia, Comuni di Taranto e Statte, l’autorizzazione viene concessa e così l’Ilva potrà produrre nel limite di sei milioni di tonnellate annue per 12 anni. Questo, dunque, […]

A Martina la festa di Maria ss.ma del Monte Carmelo

“Confidando nell’aiuto materno della Vergine Santissima per crescere nella fraternità (…) impegniamoci col Suo aiuto e con tutte le nostre forze a camminare con tutti gli uomini di buona volontà per edificare un mondo secondo il cuore di Dio, per confessare apertamente che la fede, la speranza e la carità sono il fondamento di ogni […]

Acciaio: decisioni troppo importanti per affidarle a un accordo frettoloso

La logica del rinvio, costante nel confronto in vista dell’accordo di programma per l’ex Ilva, non è altro che la logica che da almeno 25 anni caratterizza la storia dell’acciaio a Taranto. Quella di un malato grave che tenta di rinviare la diagnosi per esorcizzare la malattia. Poiché la situazione dello stabilimento più grande d’Europa […]
Media
18 Lug 2025