Angelus

La domenica del Papa – Il servizio, stile di vita cristiano

foto Vatican media-Sir
21 Ott 2024

di Fabio Zavattaro

Per la seconda volta Gesù deve ripetere ai discepoli la differenza tra il servizio e il potere, tentazione, quest’ultima, che anima da sempre il tempo dell’uomo e che troviamo nella richiesta dei due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, quando chiedono a Gesù di essere scelti per sedere uno alla sua destra l’altro alla sua sinistra nel Regno di Dio. Quel posto dice papa Francesco nella messa che celebra in piazza San Pietro, presente il capo dello Stato Sergio Mattarella, spetta ai due ladroni “appesi come lui alla croce e non accomodati nei posti di potere; due ladroni inchiodati con Cristo nel dolore e non seduti nella gloria”.

Il potere, la scelta del dominio. Domenica scorsa il giovane ricco che chiedeva come avere in eredità la vita eterna: aveva i soldi e, forse, pensava di poter acquistare tutto anche la vita eterna. Questa domenica sono Giacomo e Giovanni e la loro richiesta non può che far pensare alla categoria degli arrivisti, di coloro che per far carriera sono disposti a passare sulla testa degli altri. A questa tentazione si oppone la logica del servizio che anima in profondità la vita di Gesù, così come dovrebbe animare la sequela del discepolo. Lungo la strada che porta a Gerusalemme il Signore ripete che il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire. Così ponendo la domanda “che cosa volete che io faccia per voi” Gesù, afferma il Papa, “smaschera quello che essi desiderano davvero: un Messia potente, un Messia vittorioso che dia loro un posto di onore. E a volte nella Chiesa viene questo pensiero: l’onore, il potere…”

Nella prima lettura il profeta Isaia descrive la figura del servo di Jahwé: “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia”. Non è proprio ciò che pensavano il giovane ricco e i figli di Zebedeo.

Don Tonino Bello diceva: “se noi potessimo risolvere tutti i problemi degli sfrattati, dei drogati, dei marocchini, dei terzomondiali, i problemi di tutta questa povera gente, se potessimo risolvere i problemi dei disoccupati, allora avremmo i segni del potere sulle spalle. Noi non abbiamo i segni del potere, però c’è rimasto il potere dei segni, il potere di collocare dei segni sulla strada a scorrimento veloce della società contemporanea, collocare dei segni vedendo i quali la gente deve capire verso quali traguardi stiamo andando e se non è il caso di operare qualche inversione di marcia”.

Poi c’è la seconda domanda che rivolge ai discepoli, come afferma nell’omelia il Papa, che smentisce l’immagine del Messia potente e li aiuta a “cambiare guado”, cioè a convertirsi: “potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato”. Così svela loro che “è il Dio dell’amore, che si abbassa per raggiungere chi è in basso; che si fa debole per rialzare i deboli, che opera per la pace e non per la guerra, che è venuto per servire e non per essere servito”. Pensando ai quattordici nuovi santi proclamati in piazza San Pietro – “sono stati servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia” – Francesco afferma che il servizio “è lo stile di vita cristiano. Non riguarda un elenco di cose da fare, quasi che, una volta fatte, possiamo ritenere finito il nostro turno; chi serve con amore non dice: ‘adesso toccherà qualcun altro’. Questo è un pensiero da impiegati, non da testimoni”. Il servizio nasce dall’amore “non conosce confini, non fa calcoli” e non “è una prestazione occasionale, ma è qualcosa che nasce dal cuore, un cuore rinnovato dall’amore”.

All’Angelus lancia un nuovo appello per la pace “per la martoriata Palestina, Israele, il Libano”, in piazza ci sono vescovi e sacerdoti delle chiese del Medio Oriente, c’è il cardinale Patriarca di Gerusalemme dei latini, Pierbattista Pizzaballa, c’è dal Libano il Patriarca maronita Bechara Rai. Il Papa chiede di pregare per l’Ucraina, il Sudan, Myanmar, per tutte le popolazioni che soffrono a causa della guerra: “invochiamo per tutti il dono della pace”.

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