Settimana santa a Taranto

L’allocuzione di mons. Ciro Miniero alla processione dei sacri Misteri

foto G. Leva
18 Apr 2025

Pubblichiamo l’allocuzione dell’arcivescovo Ciro Miniero pronunciata dalla chiesa del Carmine, al passaggio del pellegrinaggio dei Misteri per i riti della Settimana santa tarantina.

 

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio;
anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra,
tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti
in tribunale
e toglierti la tunica,
tu lascia anche il mantello» (Mt 5, 38-40).

 Sì, il mondo non fa che insegnarci che al male si risponde con il male, ma contemplando lo scandalo della croce di Gesù che noi veniamo ad imparare la sua lezione più difficile.

Vi invito a guardare questi simulacri e a chiedere a Dio di aprire i nostri occhi per guardare le bombe israeliane che cadono sull’ospedale di Gaza. Chiediamo di poter ascoltare il boato dei missili russi che scoppiano sui nostri fratelli e sorelle di Sumy, in Ucraina, colti da un attacco mentre andavano a pregare la scorsa Domenica delle Palme. Chiediamo riportare nel cuore guerre dimenticate come il conflitto in Sudan con oltre cinque milioni di sfollati e migliaia e migliaia di morti.

Sfila innanzi a noi, non una sofferenza di duemila anni fa, sfila innanzi a noi il dolore di oggi.  Non temete nella vostra mente di rivestire questi misteri non con le iconiche tuniche del redentore, né del mantello romano dello scherno, ma con gli stracci di gente che fugge dal suo paese, di indumenti di fortuna del clochard sotto casa, di camici asettici di una sala operatoria, della mimetica di giovani soldati mandati a morire. Nella nudità di Gesù che pende dal legno della croce, ritroviamo pure tutte le povertà e le miserie di questo mondo. Indugiate pure scorgendo nella portantina del Cristo morto, i bambini che hanno perso la vita. Non vi sembri blasfemo se la Vergine Maria, per un attimo, non indossa il suo abito nero ma è ricoperta di polvere, con abiti di fortuna, portavoce delle donne del mondo che subiscono violenza, emarginazione e soprusi. Donna come ogni donna, Mamma come tante, mamma come tutte le mamme. 

E nel mentre il nostro cuore si stringe lasciamoci sorprendere dalla tenerezza di Gesù che sgomina la cattiveria con il bene, con la non violenza, con il perdono, con il dono della sua vita. È qui il Signore, che continua a porgere l’altra guancia a ciascuno di noi, dandoci l’unica lezione che davvero cambia l’umanità: l’amore.  

Quest’anno la processione dei Misteri varcherà il Ponte Girevole per ripercorrere la Città vecchia. Quante volte è stato detto che l’Isola è l’emblema di Taranto! Dei passi avanti e di quelli indietro di una comunità che stenta a rialzarsi, che fa fatica a nutrire sentimenti di appartenenza vera e di abnegazione. Dobbiamo permettere a questa fede, che celebriamo pubblicamente in questi Riti, di ispirare sentimenti di amore e soprattutto si suscitare vocazioni missionarie al bene comune. Il messaggio supremo di Gesù è quello: amare servendo, «Il figlio dell’uomo è venuto per servire e non per essere servito» (Mc 10,45).

Guardando Taranto vecchia sullo sfondo dei prossimi impegni della nostra comunità civile, non distogliendo lo sguardo dalla situazione attuale, mi sento solo di ripetere le parole del “Sindaco santo”, Giorgio La Pira: «Le città non possono essere destinate alla morte: una morte, peraltro, che provocherebbe la morte della civiltà intera. Esse non sono cose nostre di cui si possa disporre a nostro piacimento: sono cose altrui, delle generazioni venture, delle quali nessuno può violare il diritto e l’attesa. Nessuno, per nessuna ragione, ha il diritto di sradicare le città dalla terra ove fioriscono: sono – lo ripetiamo – la casa comune che va usata e migliorata; che non va distrutta mai!».[1]

E cito sempre La Pira per ispirarci il giusto modo di accogliere il dono di queste tradizioni secolari rendendole fruttuose per il futuro: «Ognuna di queste città non è un museo ove si accolgono le reliquie, anche preziose, del passato: è una luce ed una bellezza destinata ad illuminare le strutture essenziali della storia e della civiltà dell’avvenire».

Con questo spirito vorrei salutare tutti i tarantini che sono tornati in città per le festività pasquali e tutti quelli che tramite i media ora provano la ferita della nostalgia e della lontananza. Vi invito a rinsaldare i vostri legami con questa terra che è bisognosa di fiducia e non di rassegnazione. Vorrei che tutti coloro che in questi giorni desiderano concorrere per le prossime amministrative nutrissero la sola ambizione del bene: quello che ci può dare Taranto è direttamente proporzionale al bene che sapremo donarle con spirito di gratuità. Finché guarderemo alla cosa pubblica come occasione personale sbarreremo la strada della speranza per Taranto.Davvero la nostra storia passata e recente non riesce ad illuminare coscienze generose secondo verità e giustizia guidate dalla più autentica carità? Preghiamo perché il lamento e la sfiducia non siano il solito alibi tutto nostro per abdicare alle nostre responsabilità e doveri.

Desidero, insieme a tutte le Autorità Civili e Militari, ringraziare l’enorme lavoro di tutti gli operatori dell’informazione locale e non solo che in questi giorni si spendono per mostrare quanta bellezza abita qui. Il servizio alla verità è fondamentale per un popolo che ha bisogno di voci che possano restituire a ciascuno un racconto vero, scevro da ogni opacità che tradisca la ricerca del clamore, del consenso facile, dell’approssimazione e dell’interesse ideologico e di parte.

Voglio incoraggiare e ringraziare l’Arciconfraternita del Carmine con il suo Priore, Antonello Papalia, e il Padre Spirituale, mons. Marco Gerardo, perché insieme diano una buona e autentica testimonianza di fede.

Ed ora tutti insieme preghiamo e incamminiamoci verso la Santa Pasqua del Signore. Affidiamo al Servo Sofferente la nostra esistenza, e ripartendo dall’inizio di questa mia riflessione chiediamoci: finirà il male del mondo? Non ci è dato sapere come e quando. Sicuro è invece è l’amore di Dio capace di trasfigurare ogni cosa, di illuminare ogni ferita rendendola occasione di grazia e di Risurrezione.

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo,
perché con la tua santa croce
hai redento il mondo.

 

 

[1]Discorso ai Sindaci delle Capitali di tutto il mondo, Firenze 2 ottobre 1955.

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