Card. Battaglia: “Fermare le guerre. Se non per Dio, fatelo per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi”
 
                “Il pianeta risuona tamburi di guerra da ogni direzione dell’orizzonte. In Ucraina tredicimila civili cancellati dal fuoco; a Gaza cinquantasettemila vite spente come candele nella corrente in ventuno mesi d’assedio; dal Sudan quattro milioni di corpi in marcia alla ricerca di un fazzoletto d’ombra; in Myanmar tre milioni e mezzo di volti dispersi fra cenere e giungla; e, sopra tutti, una città invisibile che non smette di crescere: centoventidue milioni di profughi lanciati nel vento come semi. Questi numeri — li sentite pulsare? — dovrebbero gelare il sangue, ma sfumeranno come bruma se non accostiamo l’orecchio al battito che custodiscono. Ogni cifra è una fronte che scotta, una fotografia sbiadita stretta in un pugno, una voce che domanda solo un minuto senza sirene”. Lo scrive l’arcivescovo di Napoli, card. Mimmo Battaglia, riflettendo sulle guerre in corso nel mondo.
“A voi che impugnate le leve del potere – governi in doppiopetto, consigli d’amministrazione oliati come ingranaggi, alleanze militari dalla voce di metallo – dico che il Vangelo non fa sconti né ammorbidisce la verità. Non domanda tessere, non pretende incenso: impone di riconoscere l’uomo quando lo si vede, di chiamare male ciò che schiaccia l’uomo. ‘Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete accolto’ non è un soprammobile pio: è norma primaria scritta con il polso di Dio. Non esistono clausole, non c’è piè di pagina abbastanza piccolo per nascondere l’egoismo”, avverte il porporato.
“Se volete essere guida e non timone allo sbaraglio, fermate i convogli carichi di morte prima che varchino l’ultima dogana; smontate i macchinari che colano piombo e forgiatene aratri, tubature, banchi di scuola. Portate i bilanci di guerra sulla cattedra di un maestro stanco: trasformate milioni stanziati per missili in sale parto illuminate, ambulanze capaci di raggiungere finanche le sofferenze più remote. E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione ‘obiettivi strategici’”, l’invito del cardinale.
“Il Vangelo — per chi crede e per chi non crede — è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano – chiarisce il card. Battaglia -. Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano. Se una legge non protegge il debole, è disumana. Se un profitto cresce sul dolore di chi non ha voce, è disumano. E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi”.
L’arcivescovo sottolinea: “Il Vangelo non accetta i vostri comunicati ‘tecnici’. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate”. “Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna – aggiunge -. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile”.
Il porporato conclude: “Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade”.
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