Il ritorno del santo: quando Grottaglie riabbracciò san Francesco de Geronimo

Domenica 26 agosto 1945: dopo più di 235 anni di dolorosa assenza, san Francesco de Geronimo tornava nella sua Grottaglie. Il paese accoglieva le sue spoglie mortali in un clima di fede e di intensa commozione: uno dei giorni di festa più belli che il paese delle ceramiche possa ricordare.
Già prima della Seconda guerra mondiale i grottagliesi nutrivano il vivo desiderio di poter ospitare, almeno per qualche giorno, il corpo del loro più grande concittadino, padre Francesco de Geronimo, missionario gesuita nato il 17 dicembre 1642 e morto l’11 maggio 1716 a Napoli, di cui per ben quarant’anni era stato l’apostolo più instancabile e illustre. Papa Gregorio XVI lo canonizzò il 26 maggio 1839 e a Grottaglie, nel luogo in cui sorgeva la sua casa paterna, era stato costruito un grande santuario, affidato da oltre un secolo ai confratelli del santo, figli di Sant’Ignazio.
A motivo della guerra il progetto di ospitare il corpo del Santo nella sua patria era stato temporaneamente abbandonato. Ma, terminato il conflitto, i tempi apparvero finalmente maturi. Grazie all’interessamento di padre Salvatore Pezza, superiore della comunità gesuitica di Grottaglie, e dell’arcivescovo di Taranto, mons. Ferdinando Bernardi, si chiese e si ottenne che le spoglie del santo visitassero la sua patria per due settimane. Così, il 20 agosto 1945, ottenute le necessarie autorizzazioni, il corpo lasciava il Gesù Nuovo di Napoli. Dopo aver attraversato diverse città del meridione, domenica 26 agosto 1945, alle ore 17 di un pomeriggio caldo e assolato, l’urna del santo arrivava finalmente nella sua patria.
Un fiume di gente, commossa e trepidante, si riversava alle porte della città per accogliere il suo santo: fu festa grande per tutta Grottaglie! Ad accoglierlo vi erano tutte le autorità civili e militari della città, il capitolo guidato dall’arciprete don Antonio D’Elia parato come nelle più grandi solennità.
A questo punto lasciamo la parola al grande don Cosimo Occhibianco (1927-2019), testimone oculare dell’evento, che racconta con emozione (tratta della sua opera “Grottaglie che ora è?”:
“Quando la sacra urna, scortata da tre macchine, arriva, è un vero delirio di popolo. Grida di osanna, applausi e battimani salgono al cielo. Le folle, schierate a perdita d’occhio lungo i grandi viali e tra i campi, si inginocchiano. Chi piange, chi prega, chi si batte il petto: è qualcosa di indescrivibile! Il sindaco Vincenzo Bartolomeo D’Addario pronuncia un commosso discorso che è nello stesso tempo un inno, una preghiera e un benvenuto a casa, tra i suoi fratelli e concittadini (…). Finito il discorso del sindaco, il corteo si snoda interminabile, fra due ali ininterrotte di popolo, sino alla chiesa matrice. Dalle strade e dai balconi gremiti piovono fiori e cartellini colorati inneggianti all’eroe, al santo, al concittadino; è uno scoppio di baci, uno sventolio di arazzi e damaschi. Per una volta, finalmente, erano scomparse tutte le divisioni di classi, di censo e di partiti: popolani e signori, poveri e ricchi, democristiani e socialisti, comunisti e fascisti erano affiancati l’uno all’altro. Quando l’urna viene deposta sulla gradinata della chiesa matrice, dove Francesco il 18 dicembre 1642 era stato battezzato, è un’apoteosi mai vista. Tutta la piazza circostante è adornata a festa; è uno scintillio di luci policrome; un mare immenso e compatto di teste; un fremito di cuori, un cuore solo: il cuore dei grottagliesi, palpitante di fede e di amore (…). Terminato il solenne discorso di don Giuseppe Petraroli, l’onda oceanica del popolo accompagna l’urna del santo alla casa natale, trasformata in tempio, dove la folla rimane in adorazione fino a notte inoltrata. Nei giorni seguenti nella chiesa matrice si tengono predicazioni, confessioni e funzioni solenni; nel paese, illuminazioni sontuose, fuochi pirotecnici, concerti artistici e mostre d’arte. Il 2 settembre eccezionale è il solenne pontificale celebrato sulla cassarmonica dall’arcivescovo mons. Ferdinando Bernardi, accompagnato da orchestra e coro magistrali. Fino al 9 settembre la popolazione sfila, uno per uno, in pellegrinaggio ininterrotto davanti alla sacra urna. In tre giorni diversi, tre processioni solenni fecero passare il santo davanti a ciascuna casa per benedirle tutte, tra folle osannanti e balconi pavesati (…). Ma la fusione fra lo spirito del santo e i suoi concittadini fu completa alla mezzanotte dell’8 settembre, allorché oltre 4000 fra giovani e uomini, dopo aver vegliato le sacre ossa ed essersi confessati, ricevettero il Pane degli angeli nella chiesa matrice. Poi, con movimento spontaneo di massa, portarono l’urna in giro per la città fino al mattino, pregando e cantando, mentre di casa in casa le finestre si illuminavano e le donne piangevano di gioia. La sera del 9 settembre la popolazione riaccompagnò il Santo alle porte della città, da dove riprese il viaggio verso Napoli. Ma quando il provinciale dei gesuiti, padre Alberto Giampieri, annunciò che i desideri dei grottagliesi erano stati esauditi e che la sacra urna sarebbe tornata definitivamente, le grida di gioia salirono al cielo. La notte del 16 settembre, dopo aver visitato altre città, il santo tornò definitivamente a Grottaglie. Una fiaccolata lo scortò alla casa natia, accompagnato da 20.000 fiaccole viventi: i cuori dei grottagliesi. Questi esplosero in manifestazioni irrefrenabili di gioia quando il Padre Provinciale, nell’ampia piazza gremita come al primo arrivo, con un alato discorso fece consegna del corpo santo. Era il 16 settembre 1945”.
Oggi, a ottant’anni da quell’evento straordinario, Grottaglie è chiamata a custodire la memoria e il messaggio di san Francesco de Geronimo come patrimonio vivo di fede e di identità. Il suo messaggio cristiano di missionarietà, carità e attenzione ai più deboli non può rimanere un ricordo del passato, ma deve diventare un’eredità preziosa da custodire, accogliere e tramandare alle nuove generazioni.
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