L’eroismo di san Francesco de Geronimo ricordato a Grottaglie dall’arcivescovo
Grottaglie ha festeggiato, domenica scorsa il suo santo patrono e ‘figlio’ Francesco de Geronimo, Nello stesso giorno in cui due giovani, con storie diverse ma con la stesa fede, sono stati canonizzati. Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati sono stati ricordati, nella cerimonia solenne presieduta dall’arcivescovo Ciro Miniero, per l’eroismo con cui hanno testimoniato la fede al pari del santo gesuita grottagliese. I festeggiamenti per il santo patrono, preceduti dalla solenne novena, sono culminati, nella Chiesa matrice collegiata dell’Annunziata, nella celebrazione eucaristica presieduta dell’arcivescovo, alla presenza delle autorità civili e militari in una chiesa gremita di fedeli.
La celebrazione è stata aperta dal messaggio di ringraziamento del parroco della collegiata, don Eligio Grimaldi, che ha sottolineato la vicinanza di monsignor Miniero alla città di Grottaglie, testimoniata già dalla sua presenza in occasione della ricorrenza degli 80 anni dalla traslazione delle venerate spoglie del santo, nella città nella quale era nato il 17 dicembre 1642. Nella sua omelia, l’arcivescovo Miniero ha sottolineato come l’eroismo di un santo come Francesco de Geronimo partisse dall’essersi lasciato conquistare da Gesù aprendo il cuore a tutti, per tradurre ogni parola del Vangelo in azioni concrete verso coloro che incontriamo.
“Lui comprende che Dio è amore. Ma non basta comprendere che egli si è rivolto all’umanità, che ci amato e ci ama fino al sacrificio del figlio. Questo non basta, perché lo comprendono tutti, anche coloro che non vivono nell’amore. Di più: lui ha compreso che Dio è amore perché ha cambiato il suo cuore. Lo ha reso disponibile a Dio nei gesti concreti dell’amore.” Questa disponibilità – ha ricordato monsignor Miniero – la manifestava recandosi nei vicoli della città di Napoli e il suo impegno di vita religiosa lo spendeva per il bene dei poveri. Conosceva bene i luoghi della sofferenza di Napoli. “E lì, in quei veicoli stretti, entrava in quelle case dove il sole non penetra, che chiamiamo bassi, perché si sviluppano sulla strada e hanno come unica uscita verso l’esterno la porta d’ingresso. Lui vi si recava continuamente. Rivolgendosi ai poveri, ai peccatori, alla gente semplice. E non per fare lezione di morale, ma per stare accanto a chi è nel bisogno. Era l’uomo della carità. Che aveva compreso a pieno che il mistero di Dio si rivela nell’amore”.
E così, riferendosi di giovani santi, Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati, l’arcivescovo ha sottolineato come nella cerimonia di canonizzazione c’è stata una vera e propria “esplosione di amore”. Così ha ricordato come avesse destato la meraviglia, nei genitori di entrambi i giovani santi, vissuti in epoche diverse, e morti entrambi per malattia, la presenza di tantissimi poveri alle celebrazioni esequiali. E il motivo qual era? Perché i poveri erano riconoscenti verso quei giovani che si erano presi cura di loro. Agendo per amore, avevano messo a disposizione dei poveri tutto quello che avevano, anche i pochi risparmi e doni ricevuti per le loro feste. “Ecco che l’amore diviene testimonianza concreta di fede, che trasforma chi ama nei messaggeri di pace evocati dal profeta Isaia”. Al termine della celebrazione eucaristica ha preso il via la solenne processione del simulacro argenteo di san Francesco, che era stato traslato, assieme all’effigie della Madonna della Mutata, dal convento delle clarisse, che ha percorso le principali vie della città.
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