Gaza sotto assedio

Striscia di Gaza: bambine e ragazze in un inferno tra guerra, fame e violenza

ph Terre des Hommes-Sir
08 Ott 2025

di Giovanna Pasqualin Traversa

Dal 7 ottobre 2023 quasi 7 vittime su 10 a Gaza sono donne, bambine e ragazze. Sarebbero oltre 38mila quelle che hanno perso la vita. UnWomen calcola che più di 78mila sono rimaste ferite mentre 1 milione sono vittime di sfollamenti forzati, costrette a dormire all’aperto o in strutture abbandonate, con il rischio di violenze, abusi, malattie e infezioni. I casi di violenza di genere sono in aumento: quasi il 40% degli episodi segnalati ha riguardato minorenni e, in un terzo dei casi, bambine sotto gli 11 anni. La denuncia arriva dall’organizzazione umanitaria Terre des Hommes Italia, che, in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze (11 ottobre), ha presentato il 6 ottobre a Roma il Dossier indifesa 2025 “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”, con un focus su Gaza. A due anni dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, abbiamo raggiunto telefonicamente a Erbil, in Kurdistan, Miriam Ambrosini (nella foto accanto), delegata per Palestina Libano e Iraq di Terre des Hommes.

ph Terre des Hommes-Sir

Quali sono i rischi specifici che le bambine stanno affrontando a Gaza?
La situazione è drammatica per tutti ma le bambine sono tra le persone più vulnerabili: il conflitto ha amplificato fenomeni preesistenti come povertà, società di tipo patriarcale, esclusione scolastica e violenza.
Oltre al trauma della guerra, ragazze e bambine subiscono abusi, sfruttamento sessuale spesso in cambio di cibo, matrimoni forzati e gravidanze precoci in condizioni sanitarie critiche.

Come influisce la mancanza di servizi igienici e la malnutrizione sulle ragazze?
Le adolescenti non hanno più accesso a prodotti per l’igiene mestruale – acqua corrente, sapone, assorbenti – né a servizi sanitari o a privacy. La malnutrizione, che colpisce tutti, è particolarmente pericolosa per le più giovani perché ne compromette lo sviluppo fisico e mentale con effetti a lungo termine, e per le donne – anche giovanissime – in gravidanza e allattamento.

Che cosa causa l’aumento dei matrimoni e delle gravidanze precoci tra le bambine? 
Molte famiglie le costringono al matrimonio come misura disperata per “proteggerle” da abusi e sfruttamento sessuale. Il 71% delle ragazze dichiara di subire crescenti pressioni per sposarsi prima dei 18 anni. Questo le espone a gravidanze in età ancora infantile, in condizioni sanitarie critiche.
Partorire a 15 anni in quella situazione le priva di ogni possibilità di crescita libera e può comprometterne la vita riproduttiva futura.

ph Mohammed Nateel per Unicef

È in aumento anche la violenza. In quali forme? 
La violenza è sistemica e va dalla negazione dell’igiene intima, dell’istruzione e della protezione, allo sfruttamento sessuale in cambio di cibo (“sex for survival”).
Molte  ragazze o giovani donne che hanno perso i mariti e devono occuparsi dei figli piccoli, ma anche ragazzine orfane, rimaste sole con fratellini a carico, diventano “merce di scambio” per un po’ di cibo o di denaro. In alcuni casi la violenza nasce anche come reazione allo stress, e comprende anche abusi intrafamiliari nei nuclei allargati da parte di zii o cugini più grandi, provocando ferite che le vittime si porteranno dentro tutta la vita.

ph Emergency

Come riuscite a intervenire per proteggerle e con quali modalità operate?   
È estremamente difficile intervenire, specialmente nei casi di violenza intrafamiliare, perché i servizi sociali sono collassati e le operazioni delle Ong sono compromesse. Se le famiglie vivono forzatamente insieme, ammassate, è più complicato isolare le vittime e metterle in sicurezza. Noi lavoriamo sul campo insieme ad un partner locale, la Palestinian Medical Relief Society (Pmrs), specializzata in servizi medici, sostegno psicologico e salute riproduttiva e materno-infantile, ma purtroppo nelle ultime settimane le quattro cliniche partner Pmrs a Gaza City, tra gli ultimi centri sanitari ancora attivi, sono state bombardate e rase al suolo.

Dal 27 al 30 settembre mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, ha visitato la Terra Santa, e insieme al patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, ha annunciato fra le altre cose un progetto per un ospedale a Gaza da realizzare con il Patriarcato latino…
Ce ne sarebbe urgentemente bisogno: oggi a Gaza City solo due ospedali sono parzialmente operativi, pur senza più materiale medico e funzionanti solo grazie all’impegno e al coraggio dei sanitari; tuttavia, davanti alle gravi e ripetute violazioni del diritto internazionale umanitario servono garanzie di sicurezza senza le quali  ogni nuova struttura rischia di essere bombardata e distrutta sul nascere. Le bambine – ma anche le donne – hanno bisogno di spazi sicuri, stabili e protetti.

Che cosa chiedete ai governi europei e alla comunità internazionale?   
Chiediamo di fare quanto in loro potere per assicurare i responsabili alla giustizia attraverso tribunali internazionali e meccanismi legali, e per garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario. Chiediamo inoltre l’adozione di misure concrete come embarghi economici, chiusura di ambasciate, restrizioni sulle operazioni finanziarie. È urgente fermare l’offensiva militare e garantire l’ingresso immediato degli aiuti umanitari.

Cosa vi dà speranza, nonostante tutto, nel vostro lavoro quotidiano? 
La forza delle bambine stesse. La loro resilienza. E poi la convinzione che l’umanità si sia addormentata, ma non sia morta. Le mobilitazioni della società civile, in Italia e altrove, ci ricordano che non possiamo smettere di lottare per loro e che ogni vita salvata vale lo sforzo.

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