Intervista a monsignor Romanazzi: dal Sinodo una Chiesa più accogliente
La parola ‘Sinodo’ deriva da due parole greche che significano insieme e strada, quindi la combinazione trasmette l’idea di “camminare insieme”. Oggi nella Chiesa cattolica, il termine ‘sinodo’ significa molto di più. Seguendo l’insegnamento di papa Francesco, che si basa sul Concilio Vaticano II, la sinodalità indica la partecipazione attiva di tutti i fedeli alla vita e alla missione della Chiesa. Per quattro anni tutta la Chiesa italiana si è interrogata, a vari livelli, a partire dalle singole comunità, sulla propria dimensione e, al termine di questo lungo percorso, è stato prodotto un documento conclusivo che recepisce questa lunga elaborazione facendone sintesi. E porgendola ai vescovi, perché siano loro a darle in qualche modo pratica e sostanza.
Abbiano ascoltato, all’indomani dell’approvazione del Documento di sintesi del cammino sinodale, il referente diocesano, monsignor Gino Romanazzi, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Cos’ha significato per la Chiesa italiana questo cammino sinodale?
Il sinodo è un cammino che si fa insieme e che coinvolge il popolo di Dio, tutti i battezzati. Li sollecita a tenere vivo il pensiero che è stata affidata loro una missione: diffondere la propria esperienza di Cristo e della salvezza. Anche a livello diocesano abbiamo avuto la possibilità di incontrarci e incontrare anche persone che non erano molto coinvolte nella vita di Chiesa. Ebbene, in tutti gli incontri abbiamo registrato una grande attenzione all’accoglienza, anche da parte di coloro che potevano sembrare indifferenti. Si è verificato, potremmo dire, un contagio, la testimonianza di un entusiasmo che ci ha investiti e ha reso ciascuno di noi consapevole della responsabilità che si assume nei confronti degli altri. Non solo da punto di vista religioso, ma anche da quello strettamente umano. Un cristiano che vive nel mondo testimonia la bellezza della propria fede in tutti i modi e in tutti i campi: nella vita quotidiana, nella pratica religiosa, nel lavoro, nella politica, nella malattia e così via. La nostra vita si innesta nella storia precedente e in quella che verrà ancora nel mondo. Il cui cammino è anche illuminato dalla vita dei santi, testimoni reali.
È noto che i lavori dell’assemblea hanno anche avuto dei momenti di difficoltà, come dimostra lo slittamento del documento di sintesi.
I lavori dell’assemblea sono stati intensi e complessi, per questo hanno richiesto un supplemento di lavoro che limasse e perfezionasse la sintesi. Gli osservatorri esterni, però, e una parte dei mass media, hanno dato a questo una spiegazione non aderente alla realtà. Noi abbiamo avuto la possibilità di stare con i vescovi, compreso il nostro arcivescovo Miniereo, e abbiamo dialogato approfonditamente sulla vita della Chiesa. Una realtà che, nel complesso, non è fatta di pantofolai ma di uomini e donne che affrontano le difficoltà dell’uomo, che si interrogano sulle questioni. E del confronto sanno fare sintesi.
Una delle questioni centrali in questo dibattito è stata quella dell’affettività e dei cosiddetti omoaffettivi, cui si sono dati giudizi diversi e diverse interpretazioni sull’apertura nei loro confronti.
É così. La Chiesa per sua natura è madre e in quanto tale accoglie tutti impegnandosi all’educazione e all’accoglienza della verità che gli uomini sono chiamati a rappresentare, essendo creati a immagine e somiglianza di Dio. Ma accogliere non significa accettare ideologicamente di adeguarsi. Poiché la dottrina della Chiesa non cambia: non si tratta di approvare i comportamenti di chi si pone in modo diverso, ma di accoglierlo comunque e di accompagnarlo.
Una delle conclusioni più importanti del Documento riguarda la partecipazione dei laici alla vita delle parrocchie, la valorizzazione dei consigli pastorali, e così via….
Il coinvolgimento dei laici è un problema molto sentito. Abbiamo sperimentato come gli organismi di partecipazione, a livello parrocchiale come a livello diocesano, testimonino un impegno all’autenticità, alla disponibilità, a una partecipazione più coinvolta, che è perfezionamento della propria missione di credente. E credo che la valorizzazione di questo dato sia ulteriore compimento del cammino sinodale.
Ora anche la diocesi farà sintesi del suo cammino sinodale.
Il 4 novembre la Chiesa di Taranto è convocata in assemblea in Concattedrale, per ascoltare la relazione di sintesi e comprendere, così, lo stato attuale della Chiesa diocesana e cogliere quelli che saranno i punti cardini che dovremo affrontare in questo anno pastorale appena iniziato.
La Chiesa diocesana si è coinvolta pienamente nel percorso ma è anche scontato che, quando si cammina, c’è chi ha un passo più veloce e chi lo ha più lento. Tuttavia si coglie una realtà viva e un segnale di rinascita quando si è insieme. E l’indicazione del nostro vescovo è proprio l’invito a essere accoglienti.
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