“Il governo vuole chiudere l’Ilva”: si va verso lo sciopero a oltranza
“Il governo ho decretato la chiusura dell’Ilva”: è la sintesi lapidaria ma efficace della situazione così come rappresentata dai sindacati dei metalmeccanici Fim Fiom Uilm, i cui segretari nazionali hanno tenuto una conferenza stampa nella sede romana della Flm dai toni drammatici e accorati. Ferdinando Uliano, Rocco Palombella e Michele De Palma sono stati duri nei confronti del governo e soprattutto del ministro Urso che, a loro parere, ha messo in scena un vero e proprio bluff: annunciando e ribadendo anche alla fine dell’incontro svoltosi a Palazzo Chigi, attraverso un comunicato stampa, che la cassa integrazione non aumenterà da 4.500 a 6.000, perché gli ulteriori 1.500 lavoratori saranno avviati ai corsi di formazione. Ma ha nascosto la vera ragione di questo cambiamento di registro, che è stato esaltato da alcuni giornali: si utilizzano i fondi per la formazione per non aumentare il ricorso della cassa, ma non ha assolutamente alcun senso realizzare corsi sul ‘green’ in assenza di impianti green da avviare.
L’analisi proposta dai sindacati è impietosa e indiscutibile. Convocati dal governo per mettere a punto il piano industriale condiviso ad agosto, i sindacati si sono sentiti dire che quel piano non esiste più. C’è un nuovo piano che prevede (ma si dovrebbe dire: ipotizza) il dimezzamento dei tempi per realizzare i forni elettrici, ma non spiega chi e come li costruirà, in assenza assoluta di proposte di acquisto dell’azienda, ma soprattutto prevede la chiusura, a partire dal primo marzo, di tutti gli stabilimenti. Dopo quella data non ha più senso neppure parlare di cassa integrazione, perché di sicuro perderanno il posto i 10.700 lavoratori AdI, assieme ai 1.550 da anni in amministrazione straordinaria e a tutti quelli delle aziende dell’indotto.
È per questo che i lavoratori degli stabilimenti di Genova e Novi Ligure hanno deciso immediatamente di occupare la fabbrica, mentre tutti i dipendenti dell’azienda sono in sciopero e preannunciano iniziative di lotta a tutti i livelli.
La conferenza stampa è servita per chiarire punto per punto la situazione, che il governo non è più in grado di gestire e che richiederebbe l’intervento diretto dalla presidente del consiglio, dal momento che l’acciaio è strategico per tutta l’industria italiana, che sta già soffrendo enormemente ed è costretta a importare semilavorati dall’estero, con aggravio per la bilancia commerciale.
Uno spettacolo indecoroso definisce quello offerto dal governo il segretario della Uilm Palombella, con il solo Urso a parlare, scagliandosi contro gli enti locali e il Comune di Taranto, mentre tutti gli altri ministri e sottosegretari tacevano. Niente di concreto ha raccontato sulle pseudo offerte di acquisto pervenute e pare ormai evidente che si voglia chiudere gli impianti e licenziare tutti i dipendenti per invogliare così chi volesse investire, non più costretto ad assumersi alcun onere.
Non si illuda, ha detto De Palma, chi vuole chiudere lo stabilimento che così si risolvano i problemi ambientali che, invece, si moltiplicherebbero. Basta vedere le aree dismesse a Taranto, come la Sanac o la Cementir, in pauroso degrado ambientale, e ancor più Bagnoli, dove, dopo trent’anni, l’area dismessa dall’Ilva continua a incombere pericolosamente sulla città. Il governo non ha una lira per le bonifiche e non ha neppure chiarito dov’è che si dovrebbero realizzare forni elettrici e dri e meno che mai le aziende alternative.
Ferdinando Uliano ha ribadito la posizione dei sindacati, che non chiedono una statalizzazione, ma “di utilizzare la leva delle partecipate dello Stato, come già avvenuto in passato. Per costruire un progetto che abbia la possibilità di finanziare il piano industriale che abbiamo condiviso. Questo è il nostro schema, che ovviamente dà all’ente controllato dallo Stato un ruolo importante dentro una configurazione che, però, prevede la gestione privata. Un privato che, però, parta da presupposto di consideriare l’acciaio strategico per il Paese”.
Va ancora più dura la Cgil di Puglia che annuncia la mobilitazione permanente: “Da oggi sciopero ad oltranza”, dichiara la segretaria generale Gigia Bucci, finché l’esecutivo non garantirà risposte concrete alle comunità coinvolte. “Hanno preso in giro azienda, città e lavoratori, ma alla fine hanno mostrato il loro vero volto, quello di chi senza bussola governa a vista, senza una politica industriale e di sviluppo, vendendo o svendendo i gioielli di Stato per finanziare ponte e armi, nel disprezzo del Sud e della vita. Non il futuro di un asset importante per il Paese e quello di migliaia di lavoratori, ma l’autonomia differenziata è la priorità del Governo. Da qui però non si passa, da oggi sciopero ad oltranza finché il governo non farà marcia indietro, assumendosi la responsabilità di garantire risposte concrete a chi lavora e ai territori coinvolti”.
Questa mattina, giovedì 20, alle 7 Fim Fiom Uilm e Usb hanno tenuto un’assemblea unitaria alla portineria imprese di Acciaierie d’Italia per fare il punto della situazione.
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