Ex Ilva: occupate fabbrica e strade Emiliano: “Complotto contro Taranto”
Sbrogliare la matasse Ilva è compito arduo. Già prima dell’intesa sul piano di decarbonizzazione dell’estate scorsa avevamo espresso riserve, conoscendo le pieghe di una situazione troppo complicata per risolversi nei corridoi di Palazzo Chigi. Ma il governo sta mostrando, sulla vertenza, un comportamento sconcertante. Prova ne sia l’ultima iniziativa assunta dal ministro per le Imprese Urso che, alla luce dell’occupazione delle fabbriche di Genova e Novi Ligure, ha convocato un incontro per le sole sedi ex Ilva del Nord. Con evidente scopo di dividere il fronte, forse su sollecitazione di politici settentrionali. Iniziativa che è stata immediatamente bollata dalla segreterie nazionali dei sindacati che hanno scritto al ministro: “A seguito della convocazione esclusivamente riguardante i siti del Nord, le organizzazioni sindacali ritengono un elemento divisivo del gruppo dividere gli incontri che fino ad oggi hanno avuto una regia a Palazzo Chigi. Chiediamo pertanto che il tavolo venga convocato alla presenza di tutte le istituzioni locali e regionali per tutto quanto il gruppo”. E avvertono che “la mobilitazione, in assenza di tale convocazione, proseguirà ad oltranza”.
Intanto, dopo Genova, anche Taranto è scesa in piazza. Dopo le assemblee di ieri mattina è partita l’occupazione dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto da parte di lavoratori diretti e dell’appalto e sindacati, con presidi a oltranza e blocchi stradali. Gridando “vergogna, vergogna” gli operai hanno accusato governo e commissari, chiedendo la revoca del piano presentato nei giorni scorsi e garanzie certe su decarbonizzazione, futuro produttivo e occupazionale.
La mobilitazione è legata allo sciopero di 24 ore proclamato dopo l’incontro di Roma, ma le sigle non escludono che la protesta possa proseguire oltre la singola giornata di ieri, vista la tensione crescente nello stabilimento. La statale Appia è stata bloccata all’altezza del siderurgico, con disagi alla circolazione e lunghe code in entrambi i sensi di marcia. Il presidio rimane attivo mentre i lavoratori annunciano ulteriori iniziative se non arriveranno segnali dal governo.

E al presidio hanno partecipato, in mattinata, anche il sindaco Piero Bitetti e il governatore Michele Emiliano. Bitetti si è detto pronto a partecipare al presidio a oltranza, se non dovessero arrivare le risposte attese. “Taranto è una città resiliente” ha detto, ricordando come l’intesa firmata lo scorso 18 giugno tra amministrazione e sindacati, avesse individuato per tempo le criticità dell’attuale strategia del governo. “Temiamo che si sia giocato un bluff politico per spostare responsabilità altrove”, ha osservato, sottolineando come le competenze sul destino del polo siderurgico siano chiare e non possano essere scaricate sugli enti locali.
Di fronte alla gravità del momento, il sindaco ha scritto direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, invitandola a venire a Taranto o, in alternativa, dichiarandosi pronto a raggiungerla a Roma “in qualunque momento”. Una richiesta dettata dalla necessità di ottenere “chiarezza, certezze e verità” sulla prospettiva industriale del sito.
Bitetti ha richiamato le responsabilità dell’esecutivo, ricordando gli investimenti annunciati per una transizione verso una produzione decarbonizzata e l’interesse strategico dell’acciaio di Stato. “Abbiamo sempre chiesto un percorso serio e progressivo, nel rispetto di salute, ambiente e lavoro”, ha rimarcato, parlando di narrazioni che “offendono l’intelligenza” della città e dei lavoratori.

Ancora più duro è stato Emiliano, secondo il quale ci sono “strane alleanze” per evitare che vengano realizzati i dri per la produzione di preridotto a Taranto. “Perché con dri e forni elettrici Taranto diventerebbe il monopolista dell’acciaio di qualità in Italia e in Europa e questo a molti non va giù. Ci sono delle strane alleanze per bloccarne la costruzione”. E promette battaglia su una questione sulla quale “il governo mente”.
Si attendono, da parte del governo, iniziative chiarificatrici, ma certo il tempo sprecato nel tentativo di sbolognare la patata bollente a eventuali, ipotetici acquirenti, magari ricavandoci anche un gettito per l’acquisto, del tutto immaginario, pesa maledettamente così come pesano gravemente gli errori commessi nelle gestioni commissariali, nella vendita bluff a Mittal, nei nuovi bandi inconcludenti, nella ‘svendita’ delle quote europee di emissioni inquinanti per una cifra ridicola di ‘soli’ 250 milioni, nel pianificare un processo di decarbonizzazione senza saper bene chi lo avrebbe attuato, nello sprecare energie a discutere di navi rigassificatrici con anni di anticipo, al solo scopo di scaricare un’altra patata bollente su enti (locali) che non hanno specifica competenza. Tempo sprecato in maniera umiliante anche nel propagandare un altro bluff: la decisione di non aumentare la cassa integrazione ma di utilizzare parzialmente corsi di formazione a rotazione per 1.500 operai, in modo da addestrarli sui nuovi processi produttivi che, per ora, non ci sono e chissà se e quando ci saranno. Un po’ come formare levatrici per bambini che potrebbero nascere tra 4 o 5 anni, se i genitori saranno intenzionati a metterli al mondo!
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