Udienza generale

Papa Francesco all’udienza: “La possessività è nemica del bene e uccide l’affetto”

Si è conclusa con l’ennesimo appello per la pace e l’invito a pregare per “quanti sono provati dalla brutalità della guerra”, l’udienza generale del mercoledì. Al centro della catechesi, la conferma della buona scelta, al termine del processo di discernimento

foto Vatican media/Sir
07 Dic 2022

di Maria Michela Nicolais

“I tanti casi di violenza in ambito domestico, di cui abbiamo purtroppo notizie frequenti, nascono quasi sempre dalla pretesa di possedere l’affetto dell’altro, dalla ricerca di una sicurezza assoluta che uccide la libertà e soffoca la vita, rendendola un inferno”. Lo ha spiegato il papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, mercoledì 7 dicembre, pronunciata in aula Paolo VI e dedicata alla fase immediatamente seguente alla decisione presa, nel processo del discernimento. “Solo Dio sa cosa è veramente buono per noi”: “la possessività è nemica del bene e uccide l’affetto”. “Possiamo amare solo nella libertà, per questo il Signore ci ha creato liberi, liberi anche di dirgli di no”, ha assicurato Francesco, che al termine dell’udienza ha rivoto l’ennesimo appello per la pace. Nei saluti ai fedeli di lingua italiana, ha menzionato “quanti sono provati dalla brutalità della guerra, specialmente per la martoriata Ucraina”. Rivolgendosi poco prima ai pellegrini polacchi, ha ricordato l’anniversario dell’“Operazione Reinhardt”, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha provocato lo sterminio di quasi due milioni di vittime, soprattutto di origine ebraica. “Il ricordo di questo orribile evento susciti in tutti propositi e azioni di pace”, l’auspicio del papa. “E la storia si ripete, si ripete, si ripete…vediamo oggi cosa succede in Ucraina – ha aggiunto -. Nella vita ci sono decisioni che non suono buone, e ci sono segni che le smentiscono”, l’esordio a braccio della catechesi. “Uno dei segni distintivi dello spirito buono è il fatto che esso comunica una pace che dura nel tempo”, ha spiegato Francesco: “Se prendi una decisione, e poi ti dà pace e dura nel tempo, è un buon segnale. Una pace che porta armonia, unità, fervore, zelo: esci dal processo migliore di come sei entrato”. “Se prendo la decisione di dedicare mezz’ora in più alla preghiera, e poi mi accorgo che vivo meglio gli altri momenti della giornata, sono più sereno, meno ansioso, svolgo con più cura e gusto il lavoro, anche le relazioni con alcune persone difficili diventano più agevoli”, l’esempio scelto dal papa, secondo il quale “questi sono tutti segni importanti che vanno in favore della bontà della decisione presa”.

“La vita spirituale è circolare”, la tesi di Francesco: “la bontà di una scelta è di giovamento a tutti gli ambiti della nostra vita. Perché è partecipazione alla creatività di Dio”. Una buona decisione, infatti, “non nasce da paura, da un ricatto affettivo o da una costrizione, ma dalla gratitudine per il bene ricevuto, che muove il cuore a vivere con liberalità la relazione con il Signore”.

Un elemento importante per valutare se una decisione presa è giusta, dopo il processo di discernimento, “è la consapevolezza di sentirsi al proprio posto nella vita, e parte di un disegno più grande, a cui si desidera offrire il proprio contributo”. In piazza San Pietro, ha ricordato il pontefice, “ci sono due punti precisi – i fuochi dell’ellisse – da cui si vedono le colonne del Bernini perfettamente allineate”. In maniera analoga, “l’uomo può riconoscere di aver trovato quello che sta cercando quando la sua giornata diviene più ordinata, avverte una crescente integrazione tra i suoi molteplici interessi, stabilisce una corretta gerarchia di importanza e riesce a vivere tutto ciò con facilità, affrontando con rinnovata energia e forza d’animo le difficoltà che si presentano”. “Questi sono segnali che tu hai preso una buona decisione”, ha commentato: “Un altro buon segno di conferma è il fatto di rimanere liberi nei confronti di quanto deciso, disposti a rimetterlo in discussione, anche a rinunciarvi di fronte a possibili smentite, cercando di trovare in esse un possibile insegnamento del Signore. Questo non perché lui voglia privarci di ciò che ci è caro, ma per viverlo con libertà, senza attaccamento”.

“Offrire a Lui ciò che abbiamo di più caro è nel nostro interesse, ci consente di viverlo nella maniera migliore possibile e nella verità, come un dono che ci ha fatto, come un segno della sua bontà gratuita, sapendo che la nostra vita, così come la storia intera, è nelle sue mani benevole”.

È quello che la Bibbia chiama il timore di Dio, cioè il rispetto di Dio: “È il timore che scaccia ogni altro timore, perché orientato a Colui che è Signore di tutte le cose. Di fronte a lui nulla può inquietarci. È l’esperienza stupita di San Paolo: ‘Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza’. Questo è l’uomo libero”. “Riconoscere questo è fondamentale per una buona decisione, e rassicura su ciò che non possiamo controllare o prevedere: la salute, il futuro, le persone care, i nostri progetti”, ha concluso Francesco: “Ciò che conta è che la nostra fiducia sia riposta nel Signore dell’universo, che ci ama immensamente e sa che possiamo costruire con lui qualcosa di stupendo, di eterno. Le vite dei santi ce lo mostrano nella maniera più bella. Andiamo avanti, sempre cercando di fare delle decisioni così: in preghiera, sentendo cosa succede nostro cuore e andare avanti, lentamente”.

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