Città

Qualità della vita: perché Taranto scende ancora nella classifica del Sole 24 Ore

12 Dic 2022

di Silvano Trevisani

La classifica annuale che il “Sole 24 Ore” dedica alla qualità della vita della province italiane sospinge ancora una volta in giù Taranto che pure un certo recupero lo aveva avuto in altre classifiche rituali più settoriali. Taranto scende di due punti e si attesta al posto 101°, a distanza di soli sei punti dal fondo classifica che è detenuto stabilmente da Crotone.

A decretare il peggioramento della situazione sono due voci in particolare: quella riguardante “affari e lavoro”, che vede il nostro territorio quasi ultimo (105°), e quello riguardante “demografia e società” che vede tutto il territorio provincia, ma soprattutto Taranto, scendere sempre più, come avevamo già segnalato qualche settimana fa esaminando i dati Istat, che vedono la città perdere 15.000 abitanti nel giro di neppure dieci anni: un andamento allarmante.

Per il resto è una città nella quale si legge poco e gli spazi vedi fruibili sono molto modesti. Certo: è una condizione storica, questa, ma non bastano a migliorarla manifestazioni o spettacoli in serie, che pure hanno una incidenza positiva nell’offerta e nella relativa classifica, ma occorre ben altro per risollevare le sorti di un territorio che è in sofferenza da anni soprattutto per la crisi industriale che ha ridotto ai minimi termini l’impresa settoriale (che pure era presente) e che accelera l’emigrazione in uscita delle giovani generazioni e di intere famiglie che non trovano più occasioni di sussistenza.

L’esame delle varie graduatorie è inoppugnabile ed è basato su fattori numerici. Pesa la mancanza di un’università autonoma e appetibile. Pesa la mancanza di lavoro e di imprenditorialità, che non è stata mai un punto forte, pesano le tante ore di cassa integrazione, che sono un indicatore significativo della qualità della vita e delle potenzialità economica delle famiglie. È evidente che per invertire la rotta non bastano vetrine o festival, campionati o eventi, come non basta neppure il turismo, che, ormai tutti dovrebbero saperlo, ha qualche “pro” e molti “contro” e in genere accresce una impresa di consumo ma danneggia le fasce più povere della popolazione. E non può ritenersi “fare impresa” continuare ad aprire bar di cui il Borgo, ad esempio, è saturo! Quello che occorre è creare ricchezza e benessere diffuso e questo si fa attraverso il lavoro, stabile, qualificato, moderno, cui si arriva attraverso formazione e investimenti. La bellezza della città e della sua provincia, note e molto gettonate non sono mai bastate e non potranno mai bastare senza un’inversione della tendenza alla desertificazione industriale, alla fuga di quasi tutti i giovani, che non trovano come formarsi adeguatamente e anche se lo trovano non sanno come impiegare quella formazione.

Anche Reggio Calabria, Caserta, Napoli, Salerno sono città bellissime, e anche tra le più turistiche d’Italia, ma questo non le evita di restare, con noi, in fondo alla classifica.

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