Nel mondo

Gli auguri ‘guatemaltechi’ per questo Natale di don Mimino Damasi

foto di don Mimino Damasi
21 Dic 2022

di Mimino Damasi

Jocotan – Guatemala, 21 dicembre 2022

Cari lettori di Nuovo Dialogo, accolgo volentieri l‘invito della redazione per un saluto natalizio dal lontano Guatemala. Questo è il terzo Natale che vivo nella parrocchia Santiago Apostol di Jocotan, diocesi di Zacapa, nella region Chortì, una delle più povere di questo paese meraviglioso e problematico al tempo stesso.

In questi giorni si sta concludendo la tradizionale “Posada”, una sorta di Novena itinerante che coinvolge i vari settori della parrocchia. Vengono portate in processione le immagini di Giuseppe e Maria alla ricerca di un alloggio (posada) dove far nascere il Bambino Gesù. Bussano alla porta e in canto si dà voce a Giuseppe che chiede ospitalità al padrone di casa che dopo un iniziale e sgarbato rifiuto si convince e apre la porta. Viene recitato il rosario, si celebra la santa messa, o in assenza del sacerdote, si legge la Parola di Dio, e si conclude con un dolce e una bevanda per tutti. Le strofe del canto della “posada” fanno tenerezza:

Josè  (Giuseppe): “In nome del cielo, io vi chiedo un alloggio perchè non può più camminar la mia sposa amata”;  padrone di casa: “Questa non è una locanda, non posso aprire e non continuare a molestar”; Josè: “Non sia disumano, faccia la carità, veniamo da Nazareth, io sono Josè, il falegname, aprite la porta perché diventa madre la regina del cielo”; padrone di casa: “E come mai una regina se ne va di notte cosi sola?”; Josè: “La mia sposa è Maria, regina del cielo, la madre del Verbo divino”;  padrone di casa: “Ah, siete voi! Entrate pellegrini, non vi avevo riconosciuto”; Tutti in coro: “Beata questa casa dimora della bellissima Maria, anche se povera è donata con tutto il cuore”.

foto di don Mimino Damasi

La “posada” si tiene anche nei 110 villaggi della parrocchia andando di casa in casa e rappresenta un argine di resistenza all’aggressione consumistica che anche qui, fatte le debite proporzioni, è forte e accattivante, infatti quanto a frenesia ce n’è, diversa ma c’è, con grandi differenze fra le zone urbane delle città e quelle rurali dei villaggi.  Non mancano le iniziative di solidarietà a favore delle famiglie più povere come per esempio la “Maraton de los juguetes”, una raccolta di giocattoli, vestiario e calzature per i bambini dei villaggi più poveri.  A Natale noi sacerdoti non andiamo nei villaggi dove però, all’interno delle chiesette addobbate con lucine intermittenti e fili argentati e con semplici presepi naif, si tengono le celebrazioni guidate dai responsabili, sia la notte per la nascita di Gesù che nella mattinata del giorno di Natale. Nelle famiglie dei villaggi il pranzo natalizio è un po’ più abbondante anche se non ci sono pietanze o dolci particolari esclusivi del periodo, di solito non mancano il tamal (un grosso gnocco di mais), i fagioli neri e il riso, l’unica variante significativa può essere il tacchino al posto della più ordinaria gallina cresciuti nell’aia della casa.

Ma le immagini più natalizie per me sono le tante mamme, spesso giovanissime, con il proprio bambino in braccio o attaccato al seno che mi rimandano al cuore del mistero del Natale del Signore, mistero di Vita accolta e di Amore ineffabile donato. Feliz Navidad.

En amistad (in amicizia),

don Mimino Damasi

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