Angelus

La domenica del Papa – Una Chiesa missionaria

foto Vatican media-Sir
15 Lug 2024

di Fabio Zavattaro

Scelti per essere inviati. Potrebbe essere questo il titolo del Vangelo di Marco di questa domenica, quindicesima del tempo ordinario. Leggiamo infatti che Gesù “chiamò i dodici e incominciò a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri”. Interessante il collegamento con la prima lettura tratta dal libro del profeta Amos che così racconta la sua vocazione profetica: ero un mandriano, coltivavo piante di sicomoro; il “Signore mi prese, mi chiamò e mi disse va’ e profetizza al mio popolo Israele”.

Antico e Nuovo Testamento che offrono una chiave di lettura della “vocazione” – non necessariamente sacerdotale o religiosa – che appartiene a ogni donna e uomo chiamati a compiere, appunto, la volontà del Signore. La chiesa peregrinante, ricordava il Concilio, è per sua natura missionaria, e a ogni discepolo di Cristo spetta il compito di diffondere la Parola.

Alcuni anni fa un libricino offriva una indicazione ulteriore, alla luce del Vangelo di Marco, di quell’andare con “nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura”: ovvero “La bisaccia del pellegrino”. Voleva essere un modo per riflettere sulle scelte della vita, partire con il minimo indispensabile, avendo dietro l’unica essenziale lettura, cioè il Vangelo. Mi tornano alla mente le parole di Madre Teresa di Calcutta che di fronte all’insistenza di una persona che voleva lasciarle una casa da destinare ai poveri rispose: “quello che non mi serve, mi pesa”.  Il pellegrino nel suo andare è preferibile che non abbia inutili fardelli, pesi in grado di affaticarlo e rallentare così la sua andatura. È un andare senza sicurezze, sprovveduti di tutto; solo il bastone, i sandali e una sola tunica.

Bastone e sandali sono la dotazione dei pellegrini, “perché tali sono i messaggeri del regno di Dio, non manager onnipotenti, non funzionari inamovibili, non divi in tournée”, diceva papa Francesco nel luglio 2018, ma “semplici, umili lavoratori nella vigna del Signore”, per ricordare le parole con le quali Benedetto XVI si è presentato, in piazza san Pietro, il giorno della sua elezione a successore di Giovanni Paolo II.

Poi il Vangelo non si annuncia da soli, afferma il vescovo di Roma, ma insieme, come comunità, “e per questo è importante saper custodire la sobrietà: saper essere sobri nell’uso delle cose, condividendo le risorse, le capacità e i doni, e facendo a meno del superfluo”. Questo per essere liberi perché “il superfluo ti fa schiavo”; e poi “essere sobri nei pensieri, essere sobri nei sentimenti, abbandonando i preconcetti, abbandonando le rigidità che, come bagagli inutili, appesantiscono e intralciano il cammino, favorendo invece il confronto e l’ascolto, e rendere così più efficace la testimonianza”.

La sfida che Francesco propone è quella di tornare alla radicalità e alla semplicità del Vangelo – ricordate “il sudario non ha tasche”, parole d’inizio pontificato – di offrire gesti di misericordia e di gioia, specialmente alle persone abbandonate e in difficoltà, a quanti sono feriti nella loro dignità, o si trovano in situazione di povertà.

Cosa succede nelle nostre famiglie o nelle nostre comunità, si chiede Francesco, “quando ci si accontenta del necessario, anche con poco, con l’aiuto di Dio, si riesce ad andare avanti e ad andare d’accordo, condividendo quello che c’è, rinunciando tutti a qualcosa e sostenendosi a vicenda”. Questo è già un annuncio missionario “prima e ancor più delle parole, perché incarna la bellezza del messaggio di Gesù nella concretezza della vita”. Non così se “ciò che conta sono solo le cose – che non bastano mai –, se non ci si ascolta, se prevalgono l’individualismo e l’invidia – l’invidia è una cosa mortale, un veleno! – l’aria si fa pesante, la vita difficile, e gli incontri diventano più occasione di inquietudine, di tristezza e di scoraggiamento che occasione di gioia … Comunione, armonia tra noi e sobrietà sono valori importanti, valori indispensabili per una Chiesa che sia missionaria”.

Angelus nel quale il papa torna a chiedere pace per tutte le popolazioni “oppresse dall’orrore della guerra”; pace per la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, Myanmar.

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