Società

L’evasione che pesa

ph Sir-Ue
08 Ott 2024

di Nicola Salvagnin

Tanto tuonò (il buco in bilancio era stato già calcolato un paio di mesi fa) che piovve: tasse, in questo caso, perché ci sono svariati miliardi di euro – chi dice 20, chi di più – da reperire entro fine anno. Tagliare le spese non è facile, né rapido, né politicamente “conveniente”; aumentarle settorialmente crea malumori anch’essi difficili da digerire davanti alle urne.

Quindi si butta lì un bel “sacrifici per tutti”, cioè nessuno si lamenti in particolare, un piccolo sforzo condiviso fa meno male. Poi s’interviene contraddicendo: macché più tasse, non esiste! Anche perché proclamare di tagliarle in campagna elettorale, e fare il contrario una volta vinte le elezioni, è una di quelle cose che elettori sempre meno ideologizzati faticano a digerire.
Come il caso delle accise sui carburanti: anno 2014 e Matteo Renzi che dichiara sia l’assurdità delle accise che ancora paghiamo per finanziare la guerra fascista in Abissinia, sia l’urgenza di eliminarle una volta arrivato alla presidenza del Consiglio. E poi Matteo Salvini che proclama quel taglio come “un atto di giustizia” che farà una volta che… E infine Giorgia Meloni che, in un video, strabuzza gli occhi davanti all’iniquità del prelievo fiscale alla pompa e dichiara: quando ci sarò io…
Arrivati dove volevano arrivare, le accise sono rimaste lì. Anzi, ora c’è l’idea di aumentare quelle sul gasolio e parificarle a quelle che subisce la benzina.
Ma queste sono miserie elettorali che noi italiani ascoltiamo da sempre. Rimane un problema grande come una casa: il 75% dell’Irpef incassata dallo Stato arriva da lavoratori dipendenti e pensionati. Questo per dare l’idea quantitativa di un’evasione fiscale dai caratteri sudamericani. Un lavoratore dipendente arriva a dare quasi la metà del suo guadagno a Stato, Regioni, Comuni: chiedergli di più sembrerebbe indecente.

Quindi si agirà sulle imposte indirette, quelle che appunto colpiscono tutti (tartassati ed evasori) e si basano sui consumi. Già, ma cosa penalizzare? Aumentare l’Iva genera inflazione e deprime i consumi; i carburanti hanno già dato; gas e luce in Italia sono già cari così come sono; si potrebbero fare cose strutturali (le cosiddette “riforme”), ma i risultati si vedranno nel tempo mentre, come al solito, i soldi servono ora, non dopodomani.
Tassiamo di più le imprese, allora. Che poi rispondono: ne soffrirà l’occupazione, ce ne andiamo da qualche altra parte e via così. Di solito tutti i governi negli ultimi decenni chiudevano il discorso aumentando il debito pubblico, ma anche qui siamo al capolinea.
Qui sta la fantasia del legislatore: trovare limoni da spremere, o da spremere di più. Un tempo questo si chiamava politica e aveva finalità importanti, oggi contabilità spiccia per il mantenimento dello status quo.

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