Francesco, il papa degli umili, ha tracciato la via per tutti
Rovescia i potenti dai loro troni ed esalta gli umili. Se questa è la “logica” divina, insegnataci da Maria madre di Dio, non deve stupire che Francesco avesse tanto a cuore il destino degli ultimi, e non avesse mai paura a dispiacere ai potenti. È questo anche il motivo per cui la gran parte dei laici, soprattutto coloro che hanno a cuore la missione della Chiesa, lo hanno amato tanto e sentono già la sua mancanza. Un amore che diventava ammirazione sincera in un’ampia schiera di non credenti che vedevano in lui un uomo profondamente coerente, innanzi tutto con la fede professata, poi con la missione di una guida spirituale.
Ed è anche il motivo per il quale chi lo ha amato ha sempre visto una sua anticipazione in un altro papa pronto a cambiamenti radicali, che non ha potuto avviare a causa della morte improvvisa e misteriosa: Giovanni Paolo I.
Ma è forse anche il motivo per il quale molti non lo hanno amato, soprattutto tra coloro che, godendo posizioni di privilegio, potere, ricchezza, non potevano accettare critiche ai loro comportamenti. Anche se tali comportamenti arrivavano a strumentalizzare la fede e la religione a vantaggio dei loro progetti. Fino a intendere la guerra come normale pratica politica.
La storia della Chiesa è tutta segnata dai limiti umani, che erano già così chiari ed evidenti negli apostoli, che pure avevano avuto il “vantaggio” di vivere accanto a Cristo. Che non a caso aveva dichiarato beati “coloro che non hanno visto e hanno creduto”. Per chiarire, ai credenti dei millenni futuri, che la fede sincera e le opere conseguenti cambiano l’uomo dal di dentro e valgono più delle “pratiche”. Utilissime a vivere la fede, ma non la sostituiscono.
È stato sempre il potere il discrimine della convivenza umana e il potere ha facilitato interpretazioni interessate e individuali della dottrina cattolica. Che può avere certamente oscillazioni nella qualità della pratica e dell’”applicazione”, proprio perché …siamo uomini, ma non può certo prescindere dalla sua vera e principale missione: l’amore.
Proprio l’amore è il criterio principale e chiarificatore del pontificato di Francesco. E della sua “scrittura”. Da “Laudato si’” e “Fratelli tutti”, la sua lezione è chiare e inequivocabile. Ma anche così ci sono state interpretazioni unilaterali: politiche; ambientalistiche; spirituali; pastorali; e persino “geopolitiche”. Eppure l’umanesimo integrale alla base del suo insegnamento non lasciava spazio a dubbi: dalla salvaguardia del creato all’universalità della giustizia a fondamento della convivenza umana non c’è nessuno iato. Ma il problema è proprio questo: teorie settarie, atteggiamenti individualistici, seppure allargati a gruppi o nazioni, aggregazioni politiche ed egoismi cercano in tutti i modi di giustificare se stessi. Si fondano sulla diversità, la giustificano, la teorizzano, la proclamano, e hanno in odio il criterio di uguaglianza degli esseri umani. Quindi persino la democrazia. Ed è proprio questo che Francesco ha detto negli ultimi messaggi, prima di lasciarci.
Ed è proprio questo che il popolo di Dio, la grande maggioranza dei credenti, vorrebbe vedere da ora in poi confermato: nella Chiesa e dalla Chiesa. Perché non si compiacciano i poteri autoreferenziali, le mire di chi punta alla diseguaglianza, al primato di gruppi, razze, paesi, religioni, teorie transumaniste o paraumaniste. E non si torni indietro come a volte è accaduto. Anche nel cammino della Chiesa. Ad esempio dopo la “riparazione” di Francesco d’Assisi. Il cui nome papa Bergoglio non a caso ha voluto per sé. Preoccupazione certamente condivisa anche da molti non credenti, che guardavano a lui come “unica luce nel buio” in cui i potenti del mondo sembrano vagare
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