Lavoro

Sequestro impianti e messa in mora dell’Ue: per l’ex Ilva la situazione torna complicata

08 Mag 2025

di Silvano Trevisani

Torna a farsi molto complicata la situazione dell’ex Ilva dopo i recentissimi fatti accaduti in questi giorni. Il riferimento è all’incendio scoppiato negli impianti dell’Altoforno 1, dove ieri mattina (mercoledì) a causa della rottura di una tubiera, si era sviluppato un incendio. Proprio nel giorno in cui era a Taranto il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin. Ma contemporaneamente si registrava la presa di posizione della Ue che metteva in mora l’Italia per inadempienze.

L’incidente

L’incidente, fortunatamente, non ha avuto conseguenze sulle persone, ma ha provocato reazioni a livello giudiziario. L’allarme prodotto dallo sprigionarsi di una nube nera di gas coke, visibile chiaramente anche dalla città, ha provocato l’intervento della procura della Repubblica, che ha sequestrato l’impianto senza facoltà di utilizzo da parte dell’azienda. Alla base della decisione dei giudici, che intendono chiarire l’accaduto ed evitare nuovi guai, il fatto che l’impianto produttivo era tornato in marcia solo poche settimane fa (era venuto a Taranto, per l’occasione, il ministro Urso), al termine di lavori di rifacimento, durati oltre un anno e terminati a ottobre. Il provvedimento della procura dovrà essere, ora, convalidato dal giudice per le indagini preliminari.

Tecnicamente è semplicemente saltato in aria uno degli ugelli che soffia vento caldo all’interno dell’altoforno, che ha raggiungo la zone sottostante provocando un incendio. Dinamica simile a quella verificatasi, in forma più attenuata, all’Afo4. In questo caso, invece, gli effetti sono stati più gravi e, se avessero coinvolto lavoratori presenti in quell’impianto, potevano essere letali.

Le reazioni

Operai e sindacati sono doppiamente preoccupati, da un lato per la sicurezza del lavoro in un impianto altamente pericoloso, e dall’altro per la tenuta occupazionale. Un primo effetto, infatti, l’incidente lo ha già avuto con la sospensione della produzione dell’altoforno e lo spostamento dei lavoratori dell’impianto su corsi di formazione.

Ma tutta la situazione resta complicata perché intanto, come dicevamo, è arrivata anche la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione europea per non aver rispettato alcune disposizioni della direttiva per quanto riguarda l’impianto di Acciaierie d’Italia.

I sidnacati

Lo stesso ministro Pichetto Fratin ha assicurato che la decarbonizzazione è un processo ormai irreversibile. Ma i sindacati si mostrano molto preoccupati. Secondo la Fiom Cgil “serve chiarezza sul futuro di ex Ilva e sul processo di transizione ecologica che deve avvenire attraverso la decarbonizzazione. Inoltre, così come ribadito negli incontri a Palazzo Chigi, chiediamo al Governo che siano stanziate ulteriori risorse per portare a compimento il piano di ripartenza e, quindi, tutti gli interventi di natura manutentiva per mettere in sicurezza i lavoratori e la città. In un clima di sfiducia ed incertezza per il futuro dell’ex Ilva è necessario aprire un tavolo permanente a Palazzo Chigi per programmare il futuro ambientale, occupazionale ed industriale del gruppo siderurgico”.

Un incontro urgente al ministro Urso viene chiesto da Palombella della Uilm: “Ci aspettiamo l’immediata azione dei commissari per il ripristino degli impianti e garantire la totale sicurezza. Alla luce di quello che si è verificato chiediamo tempi certi e garanzie sul processo di vendita in corso, che dura ormai da diversi mesi, e sulla realizzazione dei forni elettrici per la decarbonizzazione”.

La politica

Secondo il vicesegretario dei 5Stelle Turco: “Quello di ieri non è il primo incidente che vede come triste protagonista il sito siderurgico dell’ex Ilva di Taranto. Sono diversi i sinistri di questa natura, ed è ora che il Ministro Urso invece di mettere sempre le mani avanti si assuma qualche responsabilità. Anche perché sono lui e Meloni ad aver scelto di perseguire la logica del ritorno al passato, che oltre a rischiare di portare l’acciaieria su un binario morto, aumenta di giorno in giorno i pericoli per chi lì ci lavora”

Per il consigliere regionale Pd Di Gregorio “A Taranto sembra essere tornati indietro di 15 anni. Chi pensava di archiviare frettolosamente la vicenda, lasciando intendere che gli aspetti ambientali fossero ormai risolti, è stato purtroppo smentito. Dico purtroppo perchè i primi ad essere penalizzati da questa drammatica condizione sono i cittadini di Taranto e gli operai della grande fabbrica”.

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