Diocesi

L’allocuzione dell’arcivescovo di Taranto, Ciro Miniero, per il Corpus Domini 2025

foto G. Leva
23 Giu 2025

di Angelo Diofano

Pacificazione e unità per il bene della città: sono questi i concetti su cui l’arcivescovo mons. Ciro Miniero si è soffermato nell’allocuzione pronunciata domenica sera in piazza della Vittoria, a conclusione della grande processione del Corpus Domini, partita come ogni anno dal Nuovo Tempio di Sant’ Antonio da Padova, in via Duca degli Abruzzi.
Tantissimi i fedeli, impossibilitati a prendere posto nella già affollatissima (e pur molto ampia) chiesa, che hanno atteso in strada l’uscita del Santissimo Sacramento. Una pioggia di fiori ha più accolto la comparsa dell’arcivescovo che reggeva l’ostensorio, in una scenografia resa particolarmente suggestiva dai colori del fantastico tramonto tarantino. Preceduto da un lungo corteo delle confraternite in abito di rito, degli scout, di rappresentanze delle tante realtà ecclesiali, dei Cavalieri del Santo Sepolcro e di quelli dell’Ordine di Malta, con le suore, i sacerdoti religiosi e diocesani e il Capitolo metropolitano, il Santissimo è stato portato per via Duca degli Abruzzi, via Di Palma, piazza Immacolata e via D’Aquino fino a piazza della Vittoria per il momento conclusivo. Al seguito, anche il gonfalone municipale con il neo consigliere Mattia Giorno.
Prima della benedizione eucaristica l’invito ai sacerdoti, riprendendo il discorso di papà Leone, alla fedeltà e alla credibilità nel ministero.

Di seguito, riportiamo il testo dell’allocuzione dell’arcivescovo Miniero:

 

Carissimi fratelli e sorelle, volge al termine la giornata gioiosa della Solennità del Corpo e Sangue del Signore. È una festa cara al Popolo di Dio. La processione di oggi polarizza nuovamente e visivamente la nostra esistenza sul Pane Eucaristico, Sacramento della presenza reale di Cristo Risorto che cammina con noi.
Incamminandoci devotamente con l’Ostia Santa, noi abbiamo voluto riconfermare la nostra adesione al disegno di Dio Padre, ovvero quello di “fare di Cristo il cuore del mondo”, come recita una bella antifona della Liturgia delle ore.
Nella messa di oggi abbiamo ascoltato il vangelo di Luca: «Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure».

Il Signore annuncia il Regno ad una moltitudine di persone attraversate dai bisogni più disparati. Si pone davanti alle folle come un riferimento certo. Non si pone soltanto come “annunciatore di cose belle e nuove”, come un “motivatore” o come un semplice “maestro”. Egli ci cura prendendoci in carico.
È sera, la gente è stanca e lui si preoccupa per la cena di chi lo ha seguito in questo luogo evidentemente distante dal centro abitato. I suoi discepoli vogliono disobbligarsi prima che sia troppo tardi e che la fame di tutti questi pellegrini ricada sulla responsabilità del Signore e dei suoi collaboratori. Gesù però non ci offre solo degli insegnamenti, egli pone una relazione vera con noi, una relazione che si compromette, si interessa e si impegna e vuole che i suoi discepoli facciano lo stesso. Non si sottrae all’aiuto e contestualmente non risolve la fame del suo uditorio da solo, ma coinvolge i suoi amici, li rende partecipi della sua stessa compassione, aprendo lo spazio della condivisione che non tiene conto dell’interesse personale, della propria fame ma della fame altrui.

foto G. Leva

Il miracolo della moltiplicazione dei pani è chiaramente figura dell’Eucarestia che è evento di comunione e di relazione con il Dio vero, che è scuola di condivisione e di comunità fra tutti noi.
Vorrei offrire a Gesù a nome di tutti quanti noi radunati, i nostri miseri cinque pani e due pesci, perché Egli li benedica e li spezzi per noi. L’estrema povertà dei nostri mezzi e delle nostre risorse nelle mani del Signore continuerà a saziare le moltitudini. Probabilmente dobbiamo raccogliere dal fondo della bisaccia queste piccole provviste, nascoste sotto altre cianfrusaglie delle nostre stanchezze, delle nostre ritrosie, delle nostre diffidenze e, perché no, dei nostri tanti peccati. Se troviamo il coraggio di porgere a Dio quel poco che abbiamo come Chiesa di Taranto, il Signore compirà il miracolo.
Come lo sguardo di Gesù sulle folle racconta di una presa di coscienza dei bisogni degli uomini e delle donne, anche il nostro sguardo, con realismo e fiducia attraverso questa Eucarestia deve rivolgersi al mondo le cui luci sono cupe. “La guerra mondiale a pezzi” si manifesta in tutta la sua forza distruttiva; i potenti del mondo appaiono insensibili al dolore dei popoli su cui ricadono le conseguenze nefaste del loro irresponsabile agire politico.
Noi cristiani abbiamo un modello a cui guardare e ispirarci: l’Agnello di Dio, pacifico e pur vittorioso sul male! 
Il mio invito è a rivolgere a Lui le nostre preghiere perché illumini le menti dei governanti e il mondo intero si incammini lungo i sentieri che portino alla pace.

Da pochi giorni Taranto ha un nuovo sindaco: a Piero Bitetti e al Consiglio comunale della città vanno i miei auguri per il compito di responsabilità che dovranno assumere. Con le dovute proporzioni, anche la nostra città va “pacificata”, in vista del bene comune da realizzare.
Una comunità divisa è debole, facile preda di forze poco o nulla interessate al suo progresso.

Quale idea di città vogliamo impegnarci a sostenere? Siamo disposti ad abbandonare le mere logiche clientelari per mettere in campo le migliori energie disponibili perché la città cresca?
Ricostruiamo insieme la sua identità; insieme ricostruiamo l’orgoglio di appartenere a una comunità; la collaborazione solidale tra tutti i settori della società è l’unica strada per “sortirne insieme”.

Nella storia della Chiesa, tutte le volte in cui si è riscoperta la devozione alla Santissima Eucarestia si è sempre stati interessati da un nuovo fervore, da una ritrovata passione. È un fervore che desidero invocare adesso per noi tutti, perché questo pane sempre fragrante e fresco rinnovi entusiasmo e ci ridoni forza partendo dai pochi pani e pesci del nostro impegno alla fede, alla comunione, alla carità.

Il Corpus Domini conclude anche l’anno pastorale. Ai parroci e a tutti i sacerdoti desidero rivolgere il mio ringraziamento per tutto il lavoro svolto, augurando loro per quanto è possibile un tempo di riposo.
Cari sacerdoti, l’Eucarestia è il tesoro posto da Dio nelle vostre mani;  possa il fuoco eucaristico ardere nelle vostre esistenze senza consumarvi,  ma rendendovi capaci di conferire luce al mondo che siamo chiamati ad amare senza condizioni.
Vorrei consegnarvi questo pensiero che papa Leone ha rivolto ai preti della diocesi di Roma: «Impegniamoci tutti ad essere sacerdoti credibili ed esemplari! Siamo consapevoli dei limiti della nostra natura e il Signore ci conosce in profondità; ma abbiamo ricevuto una grazia straordinaria, ci è stato affidato un tesoro prezioso di cui siamo ministri, servitori. E al servo è chiesta la fedeltà».
Nel raccoglierci ora invocando la luce profonda di questa benedizione Eucaristica, chiediamo alla Vergine santa qui presente ed adorante che la nostra chiesa di Taranto profumi sempre di questo pane, che ci ricorda dov’è la vera casa, una casa per tutti.

Sia lodato e ringraziato ogni momento …

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