Politica internazionale

Trump impone all’Ue dazi al 30% dal 1 agosto

ph Ansa-Sir
14 Lug 2025

di Paolo Zucca

Dazi al 30% per le merci prodotte nell’Unione europea e acquistate negli Usa. Il presidente americano, Donald Trump, ha diffuso la sua lettera minacciosa ai Paesi del vecchio continente ( i 27 che partecipano all’Unione europea) definendo una zavorra di costo che sarà la base per una trattativa già avviata da settimane. L’appesantimento per le merci è confermato, notevole, scatterà dal primo agosto e ci sono quindi meno di 20 giorni per trovare un’intesa che non produca sconquassi produttivi da una parte e dall’altra. È evidente che a questo punto l’Unione europea risponderà su merci e servizi, tecnologici (e forse anche finanziari) Made in Usa. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha definito “sconvolgente” la nuova condizione. La premier italiana, Giorgia Meloni, ha assicurato l’appoggio a Bruxelles.
In queste settimane tutto rimarrà indefinito e la mancanza di punti di riferimento non piace all’economia, a chi deve importare e a chi esporta. A chi deve programmare investimenti. Un’incertezza che Trump mette in conto anche se le Borse subiscono scossoni ed emergono perplessità nel suo schieramento.

Cosa accadrà alle imprese italiane che hanno una parte rilevante del fatturato legata alle vendite negli Usa? Molto dipenderà dagli accordi definitivi tra le due aree continentali. Le ricadute potranno essere più o meno rilevanti se i prodotti saranno immediatamente sostituibili o se invece il consumatore manterrà, a un prezzo maggiore, le sue preferenze. Si pensa sempre al Parmigiano Reggiano o altri marchi alimentari di qualità. Ma lo stesso ragionamento vale per le componenti meccaniche di qualità (valvole sofisticate ad esempio) perché nei grandi impianti di produzione Usa non sarà così facile introdurre ‘pezzi’ locali. Rischiano di più pelletteria, auto, articoli di lusso e altro, per un impatto minimo (se l’accordo alla fine verrà trovato su un appesantimento del 10%) di circa 20 miliardi. È la stima di Confindustria per il 2026 con 118 mila posti di lavoro a rischio. Gli imprenditori italiani e le loro associazioni, lo stesso Governo, sono impegnati a cercare mercati alternativi agli Usa: India, Paesi asiatici in genere, l’area del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay) e tutti gli altri mercati che la vitalità italiana saprà conquistare. Una diversificazione dei clienti che richiede investimenti e attesa di adeguati ritorni. Da seguire è l’andamento del dollaro che Trump lascia indebolire per favorire la competitività delle sue aziende nazionali. Qualche beneficio agli altri Paesi deriverebbe dal minor prezzo dell’energia.

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