Politica internazionale

Mattei e Moro: l’attualità dei due statisti per lo sviluppo vero dell’Africa

24 Set 2025

di Silvano Trevisani

Il Piano Mattei e i rapporti internazionali tra Italia, Occidente e Africa sono stati al centro del convegno organizzato dal Centro di cultura Lazzati, in collaborazione con l’Università e la Camera di commercio: “Mattei e Moro gli ultimi statisti?”, svoltosi nel salone dell’Università, in via Dante.

I nomi di Mattei e Moro, due grandi politici, forse gli ultimi “statisti” italiani, come indica il titolo del convegno, hanno fornito la trama della riflessione a più voci, preceduta dal messaggio di saluto dell’arcivescovo Ciro Miniero, al quale abbiamo chiesto:

In quale direzione dovrebbe muoversi un intervento nei confronti del continente africano, come ad esempio il Piano Mattei?

“L’Africa è stata considerata per secoli luogo di saccheggio e solo da pochi decenni si è cominciato a pensare in diverso modo. Adesso è l’Africa che si sta presentando, in vari modi, come una realtà capace di poter interloquire in maniera efficace. Questi piani ci permettono di essere disponibili all’ascolto di comunità, di popoli che hanno una loro forza, in tutti i sensi, ancora poco e variamente espressa, a seconda delle sintazioni. Ci insegnano, però, a interloquire con loro e non solo a porci sempre sulla difensiva”.

Padre Albanese ci insegna, nel suo libro, che ci sono diverse Afriche che chiedono un diverso atteggiamento nei confronti dei suoi problemi di sviluppo e della migrazione

“Io direi che c’è un’Africa sfruttata un po’ dovunque. Alcune zone, come detto, sono più capaci di poter affrontare un dialogo, ma tutta l’Africa è colonizzata da altri popoli, anche nelle nuove forme di colonizzazione legata prevalentemente all’economia. È vero che ci sono comunità simili alle nostre in quanto europeizzate, ma tutte portano una loro ricchezza e una loro tradizionie che sono diverse dalle nostre. A noi fa paura il fenomeno delle migrazioni, fanno paura gli sbarchi di tanti africani, ma non dimentichiamo che sono popoli resi schiavi dalle prepotenze umane. Dobbiamo riconoscerne civiltà e cultura, che nei secoli sono stati loro a insegnare a noi… basti pensare all’antico Egitto, ma oggi sono comunità impoverite e comunque e anche laddove risorse economiche arrivano portano pochissimi benefici alla gente.

Il convegno si è aperto, dopo il saluto dell’assessore all’Attuazione del programma, Gianni Cataldino, in rappresentanza del sindaco Piero Bitetti, con l’intervento introduttivo di Laura Costantino, coordinatrice dei corsi giuridici del Dipartimento ionico dell’Università, che ha ricordato le parole di Aldo Moro: non si può garantire pace e sicurezza in Europa senza garantirli nel Mediterraneo.

La figura e l’opera di Enrico Mattei sono stati ricordati da Rosario Milano, dell’Università di Bari, il quale, riferendosi al progetto elaborato dal governo Meloni riferito al mitico presidente dell’Eni, ha affermato che Mattei non ha mai avuto un piano, ma piuttosto un metodo ed era quello di mantenere rapporti paritari con i paesi emergenti, nel primario interesse dell’Italia, paese sempre dipendente dall’esterno per le risorse energetiche. E che fu proprio il tentativo di rendere paritario il rapporto tra l’Italia e i paesi affacciati sul Mediterraneo, per limitare il potere della cosiddette Sette sorelle cioè la grandi multinazionali petrolifere americane, a costargli la vita.

Potrebbe essere intitolato a Moro, più che a Mattei, in piano che intende sostenere lo sviluppo dei paesi africani emergenti, ha detto, nel suo intervento Federico Imperato, dell’Università di Bari, che ha ricostruito quella che ha definito la “svolta” in politica estera. Avvenuta nel 1959, quando divenne segretario della Dc e si trovò ad affrontare gli anni della guerra fredda, della decolonizzazione e del conflitto mediorientale, dopo seguito alla Guerra dei sei giorni. Egli fu artefice della cosiddetta teoria dell’attenzione, nei confronti dell’Est, della cooperazione multilaterale e della conseguente apertura al Pci, che segnerà poi la sua fine.

Silvio Labbate, dell’Università del Salento ha affrontato il tema: “Dal passato al presente: un Piano Mattei oggi”, sostenendo che Enrico Mattei si muoveva sullo stesso piano di Moro, nel suo progetto di scardinare il sistema energetico internazionale all’interno del Mediterraneo.

Per “aiutare” l’Africa bisognerebbe prima di tutto conoscerla. Conoscere, cioè, la natura, la conformazione, i problemi, le potenzialità di un continente che è grande tre volte l’Europa, ha 54 stati ma 2000 gruppi etnici che parlano oltre 1000 lingue.

È la premessa fatta da padre Giulio Albanese, il missionario comboniano e giornalista che da molti anni segue le vicende dell’Africa e del Sud del mondo per varie testate giornalistiche e che di recente ha dato alle stampa il libra dall’eloquente titolo: “Africa, inferno e paradiso” per la Libreria editrice vaticana. Proprio per sottolineare che diverse Afriche convivono nella stessa terra, nei loro diversi aspetti: storia, cultura, economia, religioni. Solo nel 2010 la stragrande maggioranza dei africani non era in “condizioni lavorative”, ora la stragrande maggioranza lo è. Ma va considerato che nel secolo scorso gli africani erano 265 milioni, oggi sono 1 miliardo e 100 milioni e nel 2050 saranno 2 miliardi e mezzo. Sempre nel 2050 l’Europa rappresenterà soltanto il 5% della popolazione mondiale.

Ma quello che bisogna sapere è come la caduta del muro di Berlino, nel 1989, abbia parcellizzato gli interessi e scatenato una guerra, una vera e propria politica predatoria tra potentati, stati e multinazionali, per impossessarsi delle ricchezze immense del continente, che basterebbero a soddisfare i bisogni di tutti i suoi abitanti, e che invece vengono depredate, lasciando in totale misera la gran parte della gente. Anche se coloro che migrano sono una minoranza insignificante.

Ma bisogna tener presente che la popolazione africana, a differenza di quella europea, è giovanissima, e vi sono Stati in cui l’età media è inferiore ai vent’anni.

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