Assemblea diocesana

La sintesi dei contenuti vicariali nella relazione di mons. Gino Romanazzi

ph G. Leva
07 Nov 2025

Durante l ‘assemblea diocesana svoltasi in concattedrale, mons. Gino Romanazzi ha proceduto alla lettura della sintesi dei contributi vicariali a fronte dei quesiti posti dall’arcivescovo alla comunità diocesana all’inizio dell’anno pastorale. Eccone il testo:

“L’incontro convocato dal nostro arcivescovo, per l’inizio del nuovo anno pastorale e per i lavori dell’Assemblea diocesana, ci ha posto di fronte alla sfida – nelle parole di mons. Ciro Miniero – di “ritrovare il baricentro della nostra vita e della nostra missione”, condividendo “la necessità e l’utilità di un progetto pastorale”; senza però dimenticare che “il progetto pastorale c’è già e si chiama Gesù Cristo”.

Siamo stati così invitati a prepararci a vivere questo momento di comunione ecclesiale attraverso quattro punti di verifica e proposta. Nei consigli pastorali, ci siamo quindi confrontati (1) con la nostra esperienza di fede, (2) con la questione generazionale, (3) con i passi del cammino sinodale ed infine (4) con la eterna ferita dell’odio fratricida.

A ciò siamo stati esortati mediante l’icona della “moltiplicazione dei pani e dei pesci” (Lc 9, 10-17), ripresa nel messaggio per l’inizio dell’anno pastorale. Così ci sprona l’arcivescovo, per imparare a condividere chiedendo a Dio un’audacia giovanile, senza calcoli: “dobbiamo dare fondo alle nostre piccole risorse, senza tornaconti, senza il timore di rimanere a mani vuote”.

Il vero pane che siamo chiamati ad offrire è allora proprio l’incontro che ha risvegliato e continua a destare la nostra umanità. La fede non regge di fronte alla vita se non è il riconoscimento di un avvenimento che è accaduto e continua a toccarci attraverso il mistero della comunione cristiana nella immanenza alla Chiesa.

E la Chiesa ci sta oggi aiutando a vivere, attraverso l’esperienza del Cammino sinodale, una tensione verso una comunione nel giudizio, per un cambiamento radicale dello sguardo, su noi stessi e su tutte le cose; e quindi, ultimamente, della nostra “mentalità”. Per questo, le sollecitazioni proposte dall’Arcivescovo sono come tralci nella vite del Cammino voluto e abitato dallo Spirito Santo, che lo scorso 25 ottobre ha visto l’approvazione del documento finale “Lievito di pace e di speranza” in seno alla Terza Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia. Sarà ora compito dei Vescovi, nostri Pastori, individuare le priorità per dare corpo alle parole.

Se siamo in cammino, non possiamo però restare gli stessi di sempre. Perché – come è stato ben evidenziato nella meditazione proposta nell’ambito di quest’ultima assemblea sinodale dal priore di Bose, Sabino Chialà – “camminando si incontrano volti nuovi, e con essi domande di senso e sfide inattese, e dunque scelte… Scelte che non tradiscono ma approfondiscono il deposito della fede, che aiutano a comprendere meglio e a rimanere fedeli al Vangelo di Gesù Cristo”.

Nello stesso contesto, il Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, Mons. Erio Castellucci, non a caso evidenziava che il Cammino sinodale, come ogni autentica esperienza ecclesiale, non si tiene ma si celebra: “dà spazio a Cristo risorto e vivente, che raduna la sua Chiesa che celebra con lui la Parola e l’Eucarestia”.

Proprio per questo, a conclusione dei citati lavori assembleari, il Presidente delle CEI, Card. Matteo Zuppi, ci teneva a sottolineare che “insieme con lo Spirito abbiamo scoperto un altro soggetto del Cammino sinodale: è il ‘noi’ ecclesiale”.

            Come emerge anche dalle nostre sintesi vicariali, non sarà allora un processo a muovere ed attrarre, ma la fede vissuta nella comunione. Lo scorso 24 ottobre, in aula Paolo VI, durante l’incontro giubilare delle équipes sinodali a cui ha partecipato anche la nostra delegazione diocesana, lo stesso Papa Leone, a chi gli chiedeva in che modo il processo sinodale può ispirarci, ha risposto: “personalmente, mi sono sentito nella vita poche volte ispirato da un processo; io mi sono sentito ispirato da persone che vivono l’entusiasmo delle fede”.

            Questa è una provocazione che ci aiuta a vivere più responsabilmente la nostra partecipazione ai lavori assembleari di oggi; durante i quali ci confronteremo con gli spunti offerti dai confronti parrocchiali, che mi accingo appunto a riassumere seguendo le 4 piste di verifica suggerite dall’Arcivescovo. In considerazione delle assonanze presenti in tutte le sintesi vicariali, seguirò il canovaccio delle proposte operative più strutturate, cercando di armonizzare gli spunti condivisi.

  1. Vivere bene la pastorale ordinaria: verificare come si vive la pastorale del quotidiano e avanzare proposte per crescere nella comunione con tutti e nella fede.

Nelle sintesi riecheggiano le sfide del nostro tempo. Ci si confronta con un imperante individualismo e una crescente chiusura, forse aggravata dai postumi della crisi pandemica che ha segnato una certa disaffezione alla vita ecclesiale. Eppure emerge il desiderio delle comunità di esser lievito nel territorio, per testimoniare un amore che accoglie, cura e serve.  Pur nella registrata difficoltà di coinvolgere nuove forze, le parrocchie restano un punto di riferimento riconosciuto, chiamate quindi ad essere “il luogo del Vangelo vissuto”, attraverso una “pastorale della porta accanto”.

 Tutte le proposte, per vivere bene la pastorale ordinaria e far crescere la comunione nella comunità parrocchiale, si basano su cardini irrinunciabili di fedeltà quotidiana; come l’ascolto della Parola, la centralità dell’Eucaristia, la carità e la missionarietà. Resta però un punto-chiave: la verifica dell’incontro con Cristo nell’esperienza vissuta, per rispondere alle provocazioni della vita reale delle persone.

  1. Centralità della Parola di Dio e della Liturgia

Ø  Curare la qualità della Liturgia: rendere le celebrazioni domenicali (in particolare l’Eucaristia) momenti veramente significativi e partecipati, curando l’omelia, il canto (come preghiera) e il servizio all’altare. L’Eucaristia è riconosciuta quale fonte e culmine della comunione.

Ø  Offrire ricorrenti occasioni di lettura, meditazione e condivisione della Parola di Dio, per educare i fedeli a conformarsi a Cristo.

Ø  Intensificare la preghiera, anche in orari diversificati per favorire la partecipazione di chi lavora o ha impegni familiari: vivere l’Adorazione eucaristica durante la settimana come momento centrale e fondante della vita comunitaria.

Ø  Curare la formazione liturgica dei lettori, dei cantori e dei ministri straordinari della Comunione, perché il loro servizio sia svolto con consapevolezza e fede.

Ø  Implementare e valorizzare la liturgia penitenziale, spesso sacrificata – soprattutto nelle realtà più piccole – da ragioni organizzative contingenti.

  1. Formazione e Corresponsabilità, in un cammino condiviso tra presbiteri e laici

Ø  Formazione permanente: proporre percorsi di formazione non solo per i gruppi specifici, ma per l’intera comunità; per aiutare tutti a maturare una fede adulta e consapevole, capace di attrarre e superare le divisioni che purtroppo si vivono anche in ambito ecclesiale.

Ø  Corresponsabilità dei laici: promuovere una partecipazione sempre più attiva e consapevole dei laici negli organi di comunione (Consiglio Pastorale Parrocchiale, Consiglio per gli Affari Economici) e nei diversi ambiti pastorali, riconoscendoli come “soggetti attivi” e non semplici “fruitori” della Chiesa.

  1. Carità e Missione

Ø  Missionarietà ordinaria: promuovere uno stile di Chiesa in ascolto e, quindi, in uscita; che sappia “andare verso” le persone negli ambienti di vita, per accompagnarle, specialmente se lontane o in difficoltà.

Ø  Carità attiva e visibile: potenziamento delle iniziative a sostegno dei poveri e degli ultimi, ricordando che la carità – come ci ha ricordato anche la prima esortazione apostolica Dilexi te di Papa Leone – è il segno distintivo del Vangelo.

Ø  Attenzione agli anziani: dedicare risorse e cura alla pastorale degli ammalati, non demandandola soltanto ai Ministri straordinari della Comunione, ma sollecitando il coinvolgimento di persone di tutte le fasce d’età. Rendere partecipi attivamente gli anziani della comunità, come risorse preziose.

Ø  Attenzione alle Famiglie e ai Giovani: dedicare risorse e cura alla pastorale familiare e giovanile, promuovendo momenti di incontro, formazione e convivialità che coinvolgano genitori e figli, anche per superare il paradigma “scolastico” dell’iniziazione cristiana.

Ø  Attenzione alla realtà degli extra-comunitari: prendere consapevolezza della presenza, sempre più numerosa, di extra-comunitari nel territorio cittadino e, tra gli altri, offrire un servizio di sostegno allo studio ai ragazzi per favorirne l’integrazione.

  1. Fraternità e Stile di Vita

Ø  Momenti di Convivialità: organizzare momenti informali (feste, cene, gite) per favorire la conoscenza reciproca e la costruzione di relazioni umane autentiche.

Ø  Cura delle Relazioni: sottolineare l’importanza dei gesti semplici, autentici, che vanno dal non giudicare al fare il primo passo in situazioni problematiche, dai rapporti sinceri fino all’unità anche in situazioni di “conflitto”, riconoscendo le diversità come ricchezza (come nella Trinità) e non come occasione di divisione.

Ø  Preghiera Comune: intensificare i momenti di preghiera comunitaria (Adorazione Eucaristica, Rosario), perché l’unità si costruisce prima di tutto nel domandare e nell’accogliere.

Come condiviso da tutte le comunità coinvolte, implementare queste proposte richiede una vera e propria conversione pastorale di tutti i membri, dal parroco ai fedeli, verso uno stile di vita più evangelico e missionario, ponendo al centro l’incontro con Gesù Cristo.

 

  1. Accompagnare i giovani verso Cristo: vogliamo interrogarci sulla condizione dei giovani dal punto di vista della fede? La Diocesi può avvicinarli per orientarli meglio a conoscere Gesù? Quali i punti critici circa la loro presenza nelle parrocchie, associazioni, gruppi e movimenti? Come proporre loro percorsi validi di spiritualità e di formazione? Come proporre l’ideale della vita consacrata? E il servizio di pastorale giovanile e vocazionale, non solo a livello diocesano, ma vicariale e parrocchiale, quale contributo può offrire?

Il tema della presenza giovanile nella vita della Chiesa rappresenta certamente una priorità pastorale. Accompagnare i giovani verso Cristo e alla vita parrocchiale richiede un approccio basato sull’autenticità, l’ascolto e la testimonianza più che sulla mera organizzazione di attività. Per cui si auspica che la pastorale giovanile nasca dai contesti reali dei ragazzi affinché, attraverso la presenza significativa di adulti credenti e credibili, sperimentino in Cristo la pienezza della vita. In un contesto di “emergenza educativa”, le realtà oratoriali rappresentano già una risorsa preziosa ma insufficiente ad intercettare la sete di senso che anima i nostri giovani.

Coglie nel segno quanto detto dal Santo Padre nel suo recente discorso agli studenti del 30 ottobre, in occasione del Giubileo del mondo educativo: “cari giovani, voi stessi avete suggerito la prima delle nuove sfide che ci impegnano nel nostro Patto Educativo Globale, esprimendo un desiderio forte e chiaro; avete detto ‘Aiutateci nell’educazione alla vita interiore’. Sono rimasto veramente colpito da questa richiesta. Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono. Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore (…) Ecco allora che cosa significa educare alla vita interiore: ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande, non vivacchiare, ma vivi.

  1. Come Avvicinare i Giovani a Cristo

L’avvicinamento non è quindi un “far fare”, ma un “far incontrare”. L’essenziale è l’incontro con la Persona di Gesù, reso possibile da:

Ø  Esperienza di ascolto autentico dei bisogni dei giovani, in base a cui calibrare la pastorale giovanile, affinché essi non siano solo destinatari di proposte “calate dall’alto” ma co-autori di percorsi che possano vivificare la pastorale, anche attraverso un ruolo più significativo all’interno degli organi di comunione e partecipazione.

Ø  Testimoni autentici: i giovani cercano uomini e donne con una fede viva e appassionata, capaci di esprimere la loro relazione con Cristo non solo a parole, ma con tutta la loro vita donata.

Ø  Relazioni calde e profonde: la vera amicizia e la creazione di comunità accoglienti dove i giovani si sentano “a casa” sono fondamentali. L’accoglienza sincera, che non giudica e non pretende immediatamente, è la prima forma di evangelizzazione.

Ø  Linguaggio e mezzi attuali: utilizzare in modo saggio le nuove tecnologie (social media, piattaforme video) non per “fare i giovani”, ma per trasmettere la Buona Notizia in un linguaggio a loro familiare e negli ambienti che frequentano. Ad esempio si potrebbe partire dall’interesse ambientalista dei giovani per condurli ad una esperienza più evangelica della questione del creato e della casa comune.

Ø  Proporre l’essenziale: mettere al centro l’annuncio gioioso che Gesù Cristo ama infinitamente, è morto e risorto per loro, prima di ogni precetto morale o organizzazione.

  1. Punti Critici della Presenza Giovanile in Parrocchia

La difficoltà a mantenere i giovani in parrocchia o ad avvicinarli ad un’esperienza di fede è un dato diffuso e complesso.

Ø  Distanza dopo la Cresima: il distacco post-sacramentale è quasi fisiologico per la maggioranza, spesso per la mancanza di un progetto post-Cresima o di adulti di riferimento credibili.

Ø  Interventi scolastici non adeguati: necessità di percorsi scolastici, affidati agli insegnanti di IRC, che, partendo dal vissuto e dagli interessi dei giovani, diventino innanzitutto percorsi culturali e poi occasione di riflessione su domande legate al senso dell’esistenza.

Ø  Mancanza di coinvolgimento reale: i giovani sono spesso visti e usati come “beneficiari di pastorale” o “strumenti di pastorale” (animatori necessari), ma non come veri “soggetti” e “protagonisti”, che contribuiscono attivamente alla vita comunitaria con le loro idee e critiche.

Ø  Percezione di Irrilevanza: molti giovani percepiscono i contenuti della fede come astratti, lontani dalle loro sfide quotidiane (affettività, lavoro, scelte di vita) o come irraggiungibili.

Ø  Criticità Istituzionale: c’è spesso una bassa fiducia nell’istituzione Chiesa e una mancanza di corrispondenza percepita tra l’annuncio del Vangelo e le azioni di alcuni membri o gerarchie ecclesiali.

Ø  Tendenza a una spiritualità privatizzata, dove la fede è un fatto personale, disgiunto dalla comunità e dal magistero, riducendo spesso il cristianesimo a una semplice etica di “volersi bene” senza un fondamento teologico ed esperienziale solido e verificato.

  1. Proposte di Percorsi Validi di Spiritualità e Formazione

I percorsi devono essere integrali, non solo “catechistici”, ma capaci di toccare la vita intera del giovane.

Ø  Progetto pastorale diocesano: elaborare un progetto pastorale diocesano organico, basato sui reali bisogni dei giovani e del contesto sociale ed ambientale in cui essi vivono, che tenga altresì presente l’esodo massiccio degli studenti dal territorio tarantino dopo il diploma.

Ø  Scuole di Preghiera e Ascolto della Parola: proporre momenti strutturati e accompagnati di preghiera profonda (Adorazione Eucaristica, Lectio Divina), esercizi spirituali nella vita ordinaria (EVO) o weekend di ritiro, per educare alla dimensione contemplativa e al silenzio in un mondo frenetico.

Ø  Discernimento Vocazionale e di Vita: offrire percorsi che aiutino i giovani a discernere le grandi scelte della vita (vocazione specifica) attraverso l’accompagnamento spirituale personale e l’utilizzo di strumenti cristiani. Forte è l’esigenza dei giovani di essere ascoltati e seguiti da sacerdoti, direttori spirituali, anche dal loro Vescovo, Pastore della chiesa diocesana.

Ø  Riscoperta dei Sacramenti: non dare per scontata la conoscenza dei Sacramenti, ma proporre un nuovo annuncio della loro potenza trasformativa, con celebrazioni curate e partecipate.

Ø  Formazione Teologica Accessibile: proporre cicli di incontri o “laboratori” che affrontino le grandi domande della vita con la lente della Teologia e della Dottrina Sociale della Chiesa, con un linguaggio chiaro e la possibilità di confronto (es. percorsi su Teologia, Etica, Bibbia, Storia della Chiesa).

Ø  Servizio Concreto e Missionario: il coinvolgimento attivo nel volontariato parrocchiale e sociale o in esperienze missionarie (brevi o estive) è un potente strumento di formazione, poiché permette ai giovani di incontrare Cristo “nella carne dei fratelli”.

Ø  Incontri Intergenerazionali: creare occasioni di dialogo e scambio tra le generazioni (giovani e adulti/anziani) per superare i muri invisibili, valorizzando la saggezza dell’esperienza e la carica innovativa della gioventù.

Ø  Piste di verifica: preparare e somministrare ai giovani, nelle scuole mediante i docenti dell’IRC, un questionario per conoscere necessità ed esigenze e risvegliare il desiderio inconscio di trascendenza, avviando un processo di verifica esperienziale della fede a partire dai loro bisogni reali.

Come condiviso da tutte le comunità coinvolte, l’obiettivo è trasformare la parrocchia da un luogo di servizi a una “casa tra le case”, dove si vive la comunione e dove i giovani possono sperimentare la libertà e la gioia del Vangelo come risposte valide alle loro esigenze di senso.

III.            Per il cammino sinodale: interroghiamoci circa la comunione all’interno di ogni singola parrocchia e tra le parrocchie della medesima vicaria. Si potrebbe pensare, in alcuni ambiti, di realizzare un cammino insieme?

L’esperienza sinodale è spesso percepita come un orizzonte lontano, che non incide nella vita delle persone e nella loro esperienza di fede. Si registra una difficoltà del cammino comune, anche per la diversa compagine dei territori parrocchiali, soprattutto nelle aree meno omogenee. Eppure prevale la consapevolezza che la sinodalità nelle dinamiche reali della Chiesa non possa ridursi semplicemente ad un obiettivo, talvolta irraggiungibile. Essa, quale modus vivendi, ci sfida ad una conversione personale, comunitaria e strutturale, nelle diverse fasi della vita diocesana, da quelle progettuali e di formazione a quelle di azione e servizio.

Alla luce di ciò, l’ascolto delle realtà di base, presbiterali e laicali, si configura come un momento di primaria importanza per l’elaborazione di un progetto pastorale che sia sentito e vissuto come proprio dal popolo di Dio, valorizzando la dimensione vicariale per una fruttuosa “contaminazione” di esperienze, risorse e carismi.

Pertanto, si suggeriscono passaggi ed esperienze fondanti per la vita diocesana, quali:

Ø  Visite pastorali dell’Arcivescovo alle parrocchie e alle realtà religiose e laicali della Diocesi. Dall’ascolto, dal confronto, dal dialogo e dalla relazione interpersonale prenderanno vita indicazioni pastorali concrete, calibrate sui reali bisogni della Chiesa locale nel nostro spazio e tempo, con obiettivi chiari e concreti e con destinatari ben individuati.

Ø  Necessità di strutture e referenti per i diversi uffici pastorali a livello diocesano e vicariale, che fungano da coordinamento tra le diverse realtà associative laicali e propongano linee guida chiare e concrete e momenti formativi e di aggregazione comuni a tutti.

Ø  Pellegrinaggi Comuni, per coinvolgere tutte le parrocchie con mezzi e modalità condivise, rafforzando l’inclusione e l’identità comune.

Nella esperienza sinodale, i cammini vicariali (o interparrocchiali) sono essenziali per superare l’isolamento delle singole parrocchie e costruire una “pastorale d’insieme” che sia più incisiva, missionaria e capace di affrontare le sfide del territorio, testimoniando unità.

In tale prospettiva si suggeriscono aree di lavoro comune e iniziative concrete per rafforzare, proprio a livello vicariale, questo cammino di comunione:

  1. Condivisione e Formazione Comune

La comunione inizia con la conoscenza reciproca e la condivisione delle risorse umane e spirituali.

Ø  Consigli Pastorali Vicariali (CPV) Operativi: trasformare gli incontri del CPV da semplici momenti burocratici a veri laboratori di discernimento e programmazione comune.

Ø  Organizzare a livello vicariale la formazione dei catechisti, dei lettori, degli operatori Caritas e dei ministri straordinari dell’Eucaristia. Questo uniforma la preparazione e rende più accessibile la partecipazione.

Ø  Promuovere momenti comuni di preghiera, adorazione eucaristica, ritiri spirituali e di approfondimento biblico, soprattutto nei periodi forti dell’anno liturgico (Avvento e Quaresima).  Si propone di alternare la sede degli eventi nelle diverse parrocchie della Vicaria e di condividere le buone pratiche già vissute, come ad es. le “Domeniche della Comunità”.

  1. Coordinamento delle Attività Pastorali

L’azione comune massimizza l’efficacia e permette di offrire servizi che le singole parrocchie non potrebbero sostenere, evitando il moltiplicarsi di attività, che spesso “paralizzano” la vita comunitaria.

Ø  Pastorale Giovanile Vicariale: creare una Consulta di Vicaria per la Pastorale Giovanile (o un’équipe di coordinamento) per pianificare insieme i percorsi post-Cresima, le attività spirituali, formative e ludico-ricreative.

Ø  Organizzare eventi giovanili a tema (es. serate di musica e testimonianza, marce della pace) che attirino giovani lontani dall’esperienza ecclesiale.

Ø  Caritas e Servizio al Territorio: coordinare i Centri di Ascolto Caritas per avere una visione unitaria dei bisogni del territorio e per evitare la dispersione delle risorse.

Ø  Promuovere progetti di solidarietà vicariali (es. emporio della solidarietà, servizio civile, accoglienza migranti) che richiedano la collaborazione di tutte le comunità.

  1. In un mondo lacerato dall’odio e dalle guerre: nelle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle comunità parrocchiali, nei luoghi di ritrovo e nel tempo libero, come noi viviamo questa tensione per costruire un mondo di pace? Come proviamo concretamente a superare divisioni e contrasti?

Si registra una sostanziale univocità nel riconoscere che vivere la pace nel quotidiano significa farla germogliare innanzitutto in noi stessi e nei luoghi in cui viviamo, adottando la nonviolenza e la riconciliazione come pratiche costanti che trasformano i rapporti interpersonali e gli ambiti in cui siamo coinvolti (famiglia, lavoro, sport, comunità).

La pace, che, come ricordava Papa Francesco, è “artigianale”, si costruisce giorno per giorno già con l’ascolto, con un linguaggio “disarmato” e con l’accoglienza dell’altro.

  1. Pace nelle relazioni personali, in famiglia e nella comunità

Ø  Sviluppare l’empatia nella comunicazione, sforzandosi di vedere la realtà dal punto di vista dell’altro, riconoscendone la dignità e i bisogni, anche quando si è in disaccordo. Nei gruppi e nelle comunità, focalizzarsi sulle soluzioni e sugli obiettivi condivisi piuttosto che sui problemi e sulle divisioni ideologiche.

Ø  Rendere gli spazi comunitari luoghi di apprendimento e azione per la pace, superando le divisioni implicite e promuovendo, attraverso dinamiche quotidiane ed iniziative concrete, la cultura dell’incontro.

Ø  Istituire percorsi di formazione alla pace e alla giustizia sociale, nonché esperienze reali di riconciliazione, aprendosi alle istanze sociali anche in collaborazione con Enti e Associazioni che operano sul territorio locale e nazionale.

 

  • In conclusione

          Gli approfondimenti parrocchiali così compendiati nelle sintesi vicariali documentano tutta la ricchezza della nostra Chiesa locale che, come ci ha detto il Santo Padre nell’omelia del 26 ottobre u.s., in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli organi di partecipazione, è invitata al pari di tutte le altre “a riscoprire il mistero della Chiesa (…) segno visibile dell’unione tra Dio e l’umanità (…) Guardando al mistero della comunione ecclesiale, generata e custodita dallo Spirito Santo, possiamo comprendere anche il significato delle équipe sinodali e degli organi si partecipazione (…) Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato (…) Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo”.

          Concludo, allora, invocando la grazia della mia e della nostra conversione “sinodale”,

perché – come ci ha detto in quella stessa occasione il Papa – “è al pubblicano (…) che dobbiamo guardare. Con la sua stessa umiltà, anche nella Chiesa dobbiamo riconoscerci bisognosi di Dio e bisognosi gli uni degli altri, esercitandoci nell’amore vicendevole, nell’ascolto reciproco, nella gioia di camminare insieme, sapendo che ‘il Cristo appartiene a coloro che sentono umilmente, non a coloro che si innalzano al di sopra del gregge’ (San Clemente Romano, Lettera ai Corinti, c. XVI)”.

          Questa è la via che lo Spirito Santo ci sta indicando per essere lievito di speranza e anche di pace; quella del Cristo Risorto, che – come ci ha ricordato Papa Leone nella sua prima benedizione Urbi et Orbi – è “una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”.

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