La Chiesa italiana in cammino nei territori contro ogni abuso
Un lavoro capillare, nei territori, raggiungendo a tappeto tutte le parrocchie, anche quelle più in periferia. Per diffondere una cultura della tutela dei minori e delle persone vulnerabili e dire no ad ogni forma di omertà e silenzio. Dietro ai convegni, agli incontri, alle messe e ai momenti di preghiera che si svolgono oggi, 18 novembre, in Italia per la V Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi nella Chiesa c’è dietro tutto questo. Non c’è nulla di sporadico. Ma un lavoro quotidiano, a fianco degli operatori pastorali e in sinergia con le istituzioni locali. “Promuovere una rinnovata cultura della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nelle Chiese che sono in Italia – scrive Chiara Griffini, presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Cei – significa chiederci come nelle relazioni che animano la vita ecclesiale ci assicuriamo quel dettaglio che può fare la differenza: il rispetto”. “È il rispetto la garanzia di quel limite oltre al quale non si può mai andare, così che i legami non diventino mai legacci e l’altro non sia ridotto da soggetto libero, creativo, a oggetto manipolato. E il limite, se valicato, diventa non solo violazione, ma perdita per tutti”. Abbiamo fatto un ‘viaggio’ tra le diocesi per capire come si sta lavorando e cosa si sta facendo per diffondere questa cultura del rispetto.
Parte dal lavoro fatto quest’anno don Antonio Peduto, referente per la tutela dei minori della diocesi di Locri. “Dal mese di gennaio 2025 – racconta – abbiamo iniziato un ciclo di incontri per presentare il servizio diocesano e quindi mettere a conoscenza il territorio di questa realtà nata non solo per curare le ferite ma anche e soprattutto per prevenirle e prevenire qualsiasi forma di abuso. A volte noi ci soffermiamo soltanto sugli abusi sessuali, che in realtà sono solo l’apice della piramide. Ma ci sono anche gli abusi spirituali, abusi di potere che in qualche modo costruiscono questa struttura abusante”. In questi mesi la diocesi ha promosso incontri nelle diverse vicarie per presentare a operatori pastorali, sacerdoti e diaconi le linee guida della Cei e riflettere insieme come adattarle meglio al territorio. “Un territorio, quello della Locride – sottolinea don Peduto -, che negli anni passati ha vissuto la sofferenza causata da una cultura dell’omertà che non è semplicemente il silenzio. L’omertà porta purtroppo anche a voltarsi dall’altra parte per paura o per vergogna. Questi incontri desiderano incoraggiare a denunciare situazioni di abuso qualora ci dovessero essere”. È stato anche organizzato un incontro diocesano sui fenomeni mediali di adescamento dei ragazzi al quale hanno partecipato anche forze armate ed insegnanti. Oggi, per la quinta Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti di abusi, si terrà un incontro nei locali del seminario vescovile dove dopo la relazione del referente diocesano che passerà in rassegna quanto si è fatto fino ad oggi in diocesi, prenderà la parola un medico. Successivamente verrà letta la testimonianza di una vittima che ci è stata consegnata per iscritto a tutela dell’anonimato. “È la testimonianza di una ragazza – spiega il sacerdote – che se da una parte è stata ferita dalla Chiesa dall’altra è stata salvata grazie ad un sacerdote dalla Chiesa ed oggi lavora in una parrocchia come catechista e animatrice. C’è quindi anche una Chiesa che accoglie, si mette in ascolto, cura le ferite. Ed è questa Chiesa che vogliamo mettere in risalto”.
Anche Floriana Tappi, referente per la tutale dei minori della diocesi di Cesena-Sarsina, mette da subito in evidenza il lavoro fatto in questi anni. “È dal 2019 – dice – che, puntualmente a novembre, tutti gli anni mettiamo ancora di più a tema la tutela dei minori contro ogni forma di abuso. Perché siamo sulla scia del pensiero di Papa Francesco, poi ripreso anche da Papa Leone, che esortano la Chiesa a tutelare sul territorio le persone, soprattutto i minori e le persone vulnerabili”. Anche qui, in questi anni, la diocesi ha promosso iniziative di sensibilizzazione, andando a parlare agli operatori pastorali, catechisti, insegnanti di religione, anche con gli allenatori.
“Abbiamo passato a tappeto tutta la diocesi – spiega Tappi -, facendoci conoscere. Non si tratta di educare a vedere il male dappertutto, ma di essere consapevoli. Trasparenza, attenzione, correttezza, rispetto e dedizione verso le persone che incontriamo, soprattutto se minori e vulnerabili, fanno parte dell’amore”.
Oggi, alle 21, nella parrocchia di Sant’Egidio, si terrà un momento di preghiera alla quale sarà presente anche mons. Douglas Regattieri, vescovo emerito della diocesi perché il vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo è all’Assemblea Cei ad Assisi. “Non ci si aspettano grandi numeri di partecipazione. Ma per noi del Servizio diocesano, i numeri non sono importanti. Vogliamo solo dire che c’è un’equipe di lavoro e che se c’è bisogno, interviene. È un progetto che esiste, che va tenuto sveglio per garantire ovunque un clima sereno e sicuro”.
Anche a Roma si lavora. E per fare il “punto” della situazione l’appuntamento è fissato per il 25 novembre, nella sala della Conciliazione di Palazzo del vicariato, dove si svolgerà il convegno ‘Rispettare, custodire, generare’. L’iniziativa, spiega Paola Pellicanò, referente del Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della diocesi di Roma, “è stata concepita come un momento di preghiera e di riflessione comunitaria”. L’incontro intende approfondire i tre verbi proposti quest’anno dalla Cei: rispettare, custodire, generare. Per il primo tema, ‘rispettare’, interverrà Lidia Salerno, presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, che illustrerà le ragioni per cui il rispetto dei minori e delle persone vulnerabili costituisce esigenza primaria, fondamento di una cultura della tutela e della prevenzione.
“In tale ambito — osserva Pellicanò — la Chiesa è chiamata a collaborare responsabilmente con il territorio, promuovendo forme di cooperazione e di sinergia con le Istituzioni civili, giudiziarie e sociali”.
La seconda, ‘custodire’, viene posta in dialogo con l’ambito sanitario, “considerando in particolare che gli abusi subiti nell’infanzia o in condizioni di vulnerabilità producono conseguenze non solo immediate, ma anche di lungo periodo. Si tratta di situazioni che talvolta emergono dopo molti anni e che lasciano ferite profonde”. Su tali aspetti interverrà Pietro Ferrara, ordinario di pediatria dell’Università Campus Bio-Medico.
Il terzo verbo, ‘generare’, rimanda invece alla dimensione della vita consacrata, “perché — precisa la referente diocesana — consente di entrare nel cuore stesso della vita ecclesiale”. Grazie al contributo di suor Tiziana Merletti, segretaria del dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, sarà affrontato anche il tema degli abusi spirituali, di coscienza e di potere.
“Il convegno vuole essere un segno concreto di prossimità della diocesi alle vittime”, aggiunge Pellicanò che conclude: “Come Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili siamo chiamati a essere uno spazio di ascolto aperto, riservato, vigile e accogliente: un luogo al quale chiunque può rivolgersi. L’obiettivo è promuovere una cultura del rispetto che divenga progressivamente mentalità condivisa.
Spesso l’attenzione si concentra sui casi più eclatanti; tuttavia esiste una rete di esperienze, talvolta silenziose e poco note, che merita di essere riconosciuta e valorizzata. Siamo impegnati per la custodia della dignità dei più piccoli – afferma ancora Pellicanò -. Una dignità che è al cuore della preoccupazione pastorale della Chiesa di Roma e dell’impegno di trasparenza e formazione del Servizio diocesano per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, con la guida attenta del card. Baldassare Reina. E sarà proprio il vicario generale di Sua santità per la diocesi di Roma a introdurre il convegno, moderato da padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali, e a presiedere la celebrazione eucaristica conclusiva nella basilica lateranense”.
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