Catechesi

Convegno catechistico diocesano sui nuovi linguaggi della catechesi

ph G. Leva
20 Nov 2025

di Paolo Simonetti

In Concattedrale, i catechisti, accompagnati anche da alcuni parroci, hanno gustato la gioia dell’incontro e si sono messi in ascolto della Parola di Dio. Il direttore dell’Ufficio, don Simone Andrea De Benedittis, ha introdotto i lavori ricordando che “siamo capaci di annunziare il Signore e di farlo nel modo più idoneo solamente se lo abbiamo esistenzialmente incontrato, se abbiamo concesso a Lui di irradiare ogni anfratto della nostra vita, anche i più lugubri e per noi stessi indegni e spaventosi. È Lui, infatti, che ci dona quella libertà, che ci permette di evitare fissismi e rigorismi infruttuosi, per aprirci alla novità del Suo messaggio di risurrezione”.

Illustrando poi il tema scelto per la serata ‘Nuovi linguaggi della catechesi’; ha richiamato l’insegnamento dello psicologo e pedagogista sovietico Lev S. Vygotskij: «Il senso di una parola, [a differenza del suo significato], è un fenomeno mobile, che in una certa misura cambia costantemente secondo le varie coscienze e, per una stessa coscienza, secondo le circostanze. A questo riguardo il senso della parola è inesauribile» (Pensiero e Linguaggio, c. VII).

Relatore della serata è stato il prof. Fabio Mancini che da anni collabora con la Consulta dell’Ufficio catechistico nazionale in capo alla Cei e svolge il suo impegno alla Lumsa e al liceo Battaglini di Taranto. Nella sua vasta produzione a carattere scientifico si ricorda il testo dello scorso anno realizzato insieme a don Francesco Vanotti e al prof. Fabrizio Carletti, ‘Perché questa notte è diversa da tutte le altre? Per un annuncio narrativo nella vita cristiana’, edito da Elledici. Con la chiarezza e la profondità che lo contraddistinguono, il professor Mancini ha subito spiegato che la finalità del convegno è scoprire il senso dell’inculturazione della fede: fare in modo, cioè, che i contenuti di fede vengano comunicati attraverso i linguaggi di sempre e del nostro tempo, della nostra cultura per coniugare la bellezza del Vangelo con la storia, i contenuti di fede con la vita affinché la catechesi sia un’esperienza di vita. Nella Evangelii Gaudium (2013) – ha proseguito – papa Francesco rende ancora più chiaro ed evidente il carattere che deve avere il linguaggio nella comunicazione della fede: «Allo stesso tempo, gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere dimensioni: le «verità di sempre» e un «linguaggio sempre nuovo», la fede e la sua espressione comunicativa per l’uomo. La catechesi, oggi, ha proprio questa grande sfida culturale, pedagogica, potremmo dire teologica: trasmettere e annunciare non solo il «che cosa», ma porre l’attenzione sul «come», mantenendo distinti e complementari i due piani della riflessione. In questo senso il linguaggio aiuta ad accedere meglio alla comprensione della fede, non sostituisce il contenuto ma lo aiuta a svelare, a rivelare.

Il linguaggio per comunicare in modo autentico la fede deve partire dal bisogno dell’altro, dalla sua richiesta di senso. Un linguaggio che non sia ‘a misura’ di persona: bambino, adolescente, adulto, anziano non è un linguaggio che permette un annuncio autentico, che non consente all’altro di essere interpellato dalla Parola di Dio nella sua vita.

Tra i possibili linguaggi nella comunicazione della fede, il prof. Mancini ha ricordato quello della narrazione, dell’arte, del cinema, della musica, della letteratura e pietà popolare.

In merito alla narrazione, lo stesso Direttorio (2020) fa espressamente riferimento al linguaggio narrativo e autobiografico che diventa la condizione affinché la catechesi operi un’autentica acculturazione e inculturazione della fede nel tentativo di tracciare un diverso approccio alla formazione catechistica. Le parole di papa Francesco nel Messaggio per la 54ª Giornata mondiale delle comunicazioni, n.5. ricordano che: «In ogni grande racconto entra in gioco il nostro racconto. Mentre leggiamo la Scrittura, le storie dei santi, e anche quei testi che hanno saputo leggere l’anima dell’uomo e portarne alla luce la bellezza, lo Spirito Santo è libero di scrivere nel nostro cuore, rinnovando in noi la memoria di quello che siamo agli occhi di Dio».

Il prof. Fabio Mancini ha concluso il suo intervento con il monito che papa Francesco espresse nel Discorso al Convegno internazionale dei catechisti (10 settembre 2022):  “Non ci dimentichiamo di “non fare catechismo”, ma di essere catechisti, di non “fare lezione di catechesi”, perché «La catechesi non può essere come un’ora di scuola, ma è un’esperienza viva della fede che ognuno di noi sente il desiderio di trasmettere alle nuove generazioni»”.

Subito dopo, i partecipanti hanno condiviso alcune riflessioni riunendosi in piccoli gruppi e animando un vivace dibattito conclusivo. Gli spunti sono stati forniti dallo stesso prof.  Mancini: Quali “sfide” comunicative ritieni più urgenti per annunciare la fede oggi? Nella tua esperienza di catechista hai usato qualche linguaggio diverso e alternativo? Se sì, quali sono stati i vantaggi e le criticità? Se la sfida dell’annuncio è coniugare i contenuti di fede alla vita, il Vangelo alla storia, quali linguaggi pensi potrai utilizzare per pianificare le attività di catechesi?

Il lavoro svolto durante il convegno non resta un momento isolato ma si completa e si amplia con gli incontri nelle vicarie e con il triennio di formazione di base che si svolge in seminario il lunedì.

Per ulteriori notizie si può consultare la pagina del sito www.catechesi.diocesi.taranto.it

 

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