Editoriale

20 dicembre: “pensieri sparsi sul Natale”

20 Dic 2022

di Emanuele Ferro
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20 dicembre

Pensieri sparsi
Per le raccolte natalizie abbiamo sempre chiesto di confezionare dei regali per i bambini in difficoltà che contenessero un giocattolo, dei dolciumi, qualche prodotto per l’igiene o della cancelleria. Ne sono arrivati a bizzeffe. Ma non ci siamo fidati della sorpresa. Li abbiamo aperti, e abbiamo fatto bene. Non c’è cosa più diseducativa di dire al proprio figlio di pensare ai bambini poveri donando un proprio giocattolo vecchio e forse anche rotto invece che sceglierne uno meno costoso per sé e condividerne uno nuovo con quelli che con superficialità chiamiamo “bambini meno fortunati”. Ma la sorpresa – come dire? – è stata proprio la “fortuna”. In diversi pacchetti oltre alle solite cianfrusaglie abbiamo trovato dei gratta e vinci. A distanza di mesi non so ancora come interpretare questo gesto. Non riesco a trovare la chiave di questa concezione della carità. A Natale siamo colpiti travolti da un’ideale così romantico di carità e povertà che ci dimentichiamo che i poveri sono poveri anche per colpa loro (li abbandoniamo?) e che la povertà è un fenomeno complesso di accompagnamento e di condivisione. I poveri li vorremmo in ginocchio con la mano tesa verso di noi, come in certe statue di sant’Antonio con il mendicante supplice e grato a fianco. Come ci sentiamo felici quando siamo generosi! Come ci sentiamo superiori e disgustati quando sappiamo che i poveri che affollano le Caritas si sono rivenduti il pacco alimentare per andare a giocare alle slot dietro l’angolo o hanno preferito comprare le sigarette! Quanta indignazione sapendo che alcuni usano la tessera del reddito di cittadinanza strisciandola per uno spritz! I poveri devono rimanere tali, come si permettono di sognare un lusso o un vizio?
Il bandolo della matassa
I poveri sono tanti, ma non sono tutti, i miserabili sono molti di più. Le miserie che in taluni sono così preponderanti da far andare alla deriva una vita, albergano nel cuore di tutti: professionisti, uomini e donne di successo, ricchi e vincenti. Le violenze domestiche non tengono conto della cultura e del reddito, la ludopatia riguarda anche le sante vecchiette che vengono a dire il Rosario, l’ex galeotto ha molto in comune con il notaio che per sentirsi vivo non si accorge nemmeno di erodere capitali con il suo pokerino serale.  Uomini ben vestiti, incravattati e ben profumati, si intrufolerebbero al pari di altri in tuta e giubbotto nei vicoli bui dei centri storici per acquistare cocaina, hanno solo chi lo fa per loro. La convocazione a Natale è sempre in una stalla dove la presenza degli animali non fa arrogare a nessuno il diritto di dire all’altro: «Tu puzzi più di me». Beato il letame di Betlemme che senza farci vergognare ci rendi la verità di essere tutti miserabili e puzzolenti.  Victor Hugo proprio ne I miserabilis crive «La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è, o meglio, essere amati a dispetto di quello che si è».


Intanto la Chiesa oggi canta:

O Chiave di Davide,
scettro della casa d’Israele,
che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire:
vieni, libera l’uomo prigioniero
che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.

Signore tu sei la chiave che può aprire ogni cuore e decifrare davvero quello che siamo,
il tuo amore ci dona la possibilità di aprire e interpretare,
la tua vita disvela a noi la verità di chi veramente siamo e della prigione nella quale crediamo di essere superiori e liberi.
Chiave di Davide liberami dall’ipocrisia e apri la porta del mio cuore sinceramente agli altri!

 

 

 

 

 

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