“Non così vicino” (Cinema, dal 16.02)
Tutti si meriterebbero un vicino come Otto Anderson: ruvido in superficie, ma generoso nell’animo. Parliamo del film “Non così vicino” (“A Man Called Otto”) prodotto e interpretato da Tom Hanks; a dirigerlo è Marc Foster, regista che si è fatto apprezzare per titoli di grande richiamo come “Monster’s Ball” (2001) e “007. Quantum of Solace” (2008). Il progetto prende le mosse dal romanzo di successo “L’uomo che metteva in ordine il mondo” (2012) dello svedese Fredrik Backman, portato già sullo schermo con il film “Mr. Ove” (2015), che ha incassato due nomination agli Oscar nel 2017. Hanks si è innamorato del soggetto e ha messo in piedi il remake a stelle e strisce. Non si tratta però di una mera operazione commerciale: è una riflessione di senso che rimette al centro i valori della prossimità e solidarietà.

La storia. Pittsburgh, oggi. Otto Anderson (Tom Hanks) è un pensionato di 63 anni rimasto da poco vedovo. I suoi vicini lo temono, per il carattere rigido e burbero, ma soprattutto per le manie di controllo sul caseggiato: è preciso, rispettoso delle regole, e non tollera l’approssimazione. Nonostante quest’apparenza granitica, in verità Otto è afflitto da una bruciante solitudine e pensa di togliersi la vita. L’arrivo di una caotica coppia di vicini latinoamericani sconvolge la sua vita…

Jimmy (Cameron Britton) jogs by Otto (Tom Hanks) in Columbia Pictures A MAN CALLED OTTO. Photo by: Niko Tavernise

Qua e là si registra qualche scivolata nel sentimentalismo zuccheroso, ma nell’insieme “Non così vicino” è un film che fa assolutamente bene, che va dritto al cuore. Merita di essere visto perché con ironia e dolcezza affronta temi di stringente attualità: il senso di solitudine in una società mediaticamente rumorosa e caotica; l’importanza della riscoperta dell’altro, di quella prossimità solidale che è andata sbiadendo sempre più. Otto sembra ostile con i vicini, con chiunque, perché è un uomo che soffre, che fatica a gestire il lutto che l’ha travolto. Il suicidio appare come l’unico modo per mettere a tacere il suo dolore, ma ogni volta che ci prova finisce inaspettatamente per salvare altre vite. (Ri)scopre così un attaccamento profondo alla vita, riassaporando il valore della condivisione e della tenerezza grazie ai vicini, soprattutto a Marisol (Mariana Treviño), che con la sua simpatica insistenza riesce ad aprire una falla nella rigida corazza di Otto.

Il regista Foster ricorre a quella cifra narrativa dolce e avvolgente già vista nei suoi precedenti “Neverland” (2004) e “Ritorno al Bosco dei 100 Acri” (2018), lasciando a Tom Hanks il compito di diffondere nella storia una gamma di sfumature comico-drammatiche, che, oltre a caratterizzare Otto, imprimono dinamica e ritmo al racconto.“Non così vicino” si lascia amare con facilità, per questo suo indovinato mix di ironia frizzante e tenerezza, per questo ricordarci che la vita va giocata non nella prospettiva dell’Io, dell’isola, ma nel Noi. La vita, infatti, trova senso solo se condivisa. Consigliabile, brillante, per dibattiti.

“Ant-Man and the Wasp: Quantumania” (Cinema, dal 16.02)
Siamo totalmente dispersi nel Multiverso. È questa la tendenza narrativa del cinema hollywoodiano, del Marvel Cinematic Universe. Basta citare gli ultimi titoli “Spider-Man: No Way Home” (2021) e “Doctor Strange nel Multiverso della Follia” (2022). Siamo entrati di fatto nella cosiddetta Fase 5 dell’Universo narrativo Marvel e con “Ant-Man and the Wasp: Quantumania” l’azione si sposta completamente in realtà parallele, nel cosiddetto Regno Quantico. A dirigere il kolossal è Peyton Reed che ha già firmato i due capitoli precedenti: “Ant-Man” (2015) e “Ant-Man and the Wasp” (2018). A interpretare il supereroe è nuovamente Paul Rudd, con la sua consueta verve comico-brillante.

La storia. Stati Uniti, oggi. Scott (P. Rudd) e Hope (Evangeline Lilly) vivono ormai serenamente la loro relazione, dividendosi tra impegni ordinari e parentesi da supereroi. Quando la figlia adolescente di Scott, Cassie (Kathryn Newton), scopre il modo per riattivare un collegamento con il Regno Quantico, qualcosa va storto e tutta la famiglia, compresi i genitori di Hope, Janet e Hank (Michelle Pfeiffer e Michael Douglas), finiscono risucchiati nel profondo dell’universo parallelo. Lì li aspetta la minaccia del temibile Kang il Conquistatore (Jonathan Majors)…

(L-R): Paul Rudd as Scott Lang/Ant-Man, Kathryn Newton as Cassandra “Cassie” Lang, Evangeline Lilly as Hope Van Dyne/Wasp in Marvel Studios’ ANT-MAN AND THE WASP: QUANTUMANIA. Photo courtesy of Marvel Studios. © 2022 MARVEL.

Punto di forza di “Ant-Man and the Wasp: Quantumania” è ovviamente la dimensione visiva-immersiva, il modo in cui viene reso in chiave iperrealistica il Regno Quantico.È una narrazione votata all’azione, scandita da dinamiche avventurose incalzanti. A ben vedere, il registro propende più per il taglio da commedia familiare rispetto al pathos adrenalinico di stampo drammatico. Come riconosce il regista Peyton Reed: “I film di ‘Ant-Man’ sono sempre incentrati sulla famiglia”. Nel Regno Quantico, infatti, a occupare il centro della scena sono i rapporti familiari, il bisogno di ricalibrare dialogo e fiducia.Ad ancorare, poi, il tutto sono gli interpreti, vero punto di attrazione e successo dell’opera, che rischia di apparire un po’ vuota e trascinata da lungaggini. Bene dunque, ma non benissimo. “Ant-Man and the Wasp: Quantumania” farà di certo felici gli appassionati. Consigliabile, brillante-semplice.