Il MuDi riapre al pubblico dopo il restauro con una nuova gestione e aperture regolari

Riapre al pubblico, in tutto il suo splendore, il MuDi. Il Museo diocesano è stato chiuso, infatti, per circa quattro mesi per lavori di ripristino e adeguamento delle strutture al piano terra. Riapre, sabato 6 maggio, ospitando parte di una mostra collettiva dedicata alla memoria di Salvatore Russo, scomparso un anno fa. Alla realizzazione dei lavori ha contriuito economicamente il Rotary club di Taranto. Ne parliamo con il direttore, don Francesco Simone.
Quali i motivi della chiusura forzata del MuDi?
A causa dell’umidità di risalita, parecchie pareti del piano terra, negli ultimi anni, si erano ammalorate. Erano saltati intonaco e pittura ed erano diventati impresentabili. Tutto il piano terra è stato completamente rifatto, parliamo della biglietteria, dell’auditorium, delle strutture lignee dei due portali d’ingresso, sia da lungomare che dall’interno, della prima sala espositiva e di gran parte di una scala.
Le novità per la riapertura
Non è l’unica novità in vista nella gestione del MuDi.
Sì e questa è l’altro motivo per il quale abbiamo avuto un periodo di chiusura. Infatti, è finito il periodo di affidamento alla società che lo aveva in gestione negli ultimi tempi e che era costituita da giovani della Città vecchia. Per questo c’è voluto tempo anche per cercare una nuova realtà. La scelta è caduta sulla Museion che è attiva ormai da vent’anni e gestisce strutture culturali in varie realtà, non solo territoriali ma anche di altre regioni. La società dispone di un ampio numero di collaboratori dotati delle professionalità adeguate.
Si torna, quindi, a far affidamento a professionalità specifiche, come si era fatto nella prima fase.
Quando il MuDi fu inaugurato, si resero disponibili una ventina di giovani con formazione specifica, che svolgevano la funzione di guida. Fu un rodaggio iniziale, perché nei primi mesi ci fu una selezione naturale, che vide il loro numero ridursi a 6/7 persone, che si unirono in cooperativa. Ma si era ancora in una fase larvale di reciproca organizzazione. Il rapporto con la cooperativa finì, quei giovani professionisti trovarono altra occupazione, e si pensò di coinvolgere giovani della Città vecchia. Ma si trattò, in quel caso, più che altro di un esperimento sociale. Una bella esperienza che ci ha consentito, tra l’altro, di far conoscere e valorizzare il museo anche tra gli abitanti del quartiere. Era necessario, però, disporre delle professionalità in grado di consentire all’istituzione diocesana un salto di qualità. Ora, dopo dodici anni di vita del museo, è giunto il momento per dare una svolta. Con una squadra di persone che consentiranno di organizzare eventi culturali di rilievo.
Ora il Museo avrà apertura regolari, quindi.
Sì, saremo aperti sei giorni su sette con orari diversi: dal martedì al venerdì saremo aperti dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, mentre sabato e domenica saremo aperti sono al mattino, dal momento che l’affluenza pomeridiana, in quei giorni, di solito è più scarsa. Soprattutto in estate.
La collezione d’arte donata al MuDi da un privato verrà esposta al pubblico?
Sì. In questi mesi abbiamo effettuato il trasloco fisico delle opere e poi ci siamo dati, con questa squadra di lavoro, la priorità di progettare l’allestimento museale di queste opere. Contiamo di lavorare durante l’estate e pensiamo di essere pronti per l’autunno, anche perché il donatore preme perché le vuole vedere esposte.
Nell’immagine di repertorio, don Francesco Simone è con Vittorio Sgarbi e l’arcivescovo Filippo Santoro
