migrazioni

Crescono gli espatri: sono sei milioni, soprattutto giovani, gli italiani all’estero

09 Nov 2023

di Silvano Trevisani

È inutile pensare di fermare le partenze, ma siamo tutti chiamati a fermare le emorragie di persone, competenze, saperi, creatività, soprattutto se giovani in un Italia che continua a sgretolarsi. Un’Italia che diventa sempre più vecchia e sola in cui i bambini non nascono e i giovani vanno via. Muore lentamente l’Italia che resta all’interno dei confini nazionali mentre si rigenera, annualmente, quella che risiede all’estero”.

Sono le parole con le quali il cardinale Matteo Zuppi ha commentato i dati del XVIII RIM – Rapporto Italiani nel Mondo presentato dalla Fondazione Migrantes, che fotografa l’emigrazione degli italiani. Il rapporto descrive un progressivo impoverimento del Paese, nonostante una percentuale di ritorni, non ancora però rilevante. La fotografia che il rapporto presenta resta preoccupante: sono 6 milioni gli italiani che risiedono all’estero e sono sempre più giovani.

Al 1° gennaio 2023, infatti, i connazionali iscritti all’AIRE (cioè l’Anagrafe italiana dei residenti all’estero) sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale Crescono le classi di età centrali costituite da giovani, giovani adulti e adulti maturi: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni. Guardando alle classi di età più mature il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni mentre gli anziani over 65 anni sono il 21,1%. Tra questi, la fascia più rappresentata è quella dei 65-74 anni (9,6%, 570 mila circa). I minori sono più di 855 mila (14,4%). Il 51% è all’estero da più di 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani. Aumentano sia il lavoro di rettifica di posizioni irregolari (reiscrizioni da irreperibilità) al 4,4% e sia le acquisizioni di cittadinanza (3,3%).

Il diritto a restare, il diritto a migrare, il diritto di ritornare sono tre facce dello stesso dilemma esistenziale provato dal migrante”, si legge nel Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. “Ma il – continua il Rapporto – presuppone un territorio e una comunità che siano rimaste ad aspettare, che ti riconoscano e che ti valorizzino nel cambiamento che la migrazione ha necessariamente prodotto nella persona migrante, nel suo status (di persona, lavoratore, genitore, membro di una coppia e di una comunità) e nei suoi ruoli”.

Il realtà i “ritorni” sono più che raddoppiati e sono stati, l’anno scorso, oltre 70.000 ma del tutto insufficienti a rimpiazzare numericamente gli espatri.

E questo sembra confermare e aggravare il calo demografico che il Paese sta conoscendo sia per la repentina caduta delle nascite che per gli espatri. Della qual cosa si è detto preoccupato lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, nel suo messaggio alla Fondazione Migrantes, scrive: “Se, dopo un percorso formativo in Italia, si è costretti a lasciare il territorio nazionale per mancanza di occupazione e di soddisfacenti prospettive, e sopratutto una volta acquisite preziose conoscenze di esperienze, non si riesce più a tornare, si è di fronte a una patologia, alla quale bisogna porre rimedio. Individuare percorsi concreti per garantire a chi lo desidera il ritorno in Italia in condizioni di lavoro soddisfacenti, è una sfida fondamentale che la politica e le istituzioni devono saper raccogliere”.

Per quanto riguarda, invece, i movimenti migratori interni, quelli dell’anno scorso (1 milione 484 mila) sono risultati in crescita: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020. Si sta lentamente tornando ai livelli di prima della pandemia, ma – spiegano i ricercatori di Migrantes – ancora una volta a farne le spese è il Meridione d’Italia.

Dati che fotografano il drammatico svuotamento delle regioni meridionali in atto da anni e che sarà accentuato ancora di più se sarà attuata dal governo l’autonomia differenziata, che toglierà sempre più risorse al Sud spostandole al Nord.

La libertà di partire – conclude da parte sua il cardinale Zuppi – non nega la libertà di restare o di ritornare nella propria patria. Anzi, un percorso di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti (e rifugiati) – contrariamente ai respingimenti e alla grave limitazione della protezione speciale – può significare la migliore premessa per iniziare un cammino di ritorno in un paese a cui ridonare una storia di libertà e costruire sviluppo”.

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