Editoriale

Dignità della persona e sviluppo sociale

foto Marco Calvarese-Sir
10 Ott 2024

di Giuseppe Notarstefano

Questo nostro tempo caratterizzato dalla complessità che oggi stiamo vivendo, ci esorta tutti come cittadini responsabili – e come professionisti – a promuovere l’umano e la sua dignità attraverso una visione globale, integrale ma anche profonda, capace di coniugare tale aspetto non solo con le conquiste mai scontate delle società liberali e democratiche, ma anche con le nuove sfide della convivenza della grande famiglia umana oggi invitata a ripensare il modello di globalizzazione.
La dichiarazione Dignitas Infinita sottolinea l’importanza della dignità come valore intrinseco e universale, indipendentemente da condizioni sociali, economiche o culturali e, anzi, riconosce il suo valore e ci impegna a promuovere nella vita sociale processi di trasformazione e di animazione sociale che facciano crescere quelle istituzioni giuste dove poter esprimere in pienezza quella vita buona di cui parla il filosofo Paul Ricoeur.
In Azione cattolica sperimentiamo la promozione di una vita sociale capace di rimettere al centro la dignità dell’umano, non in modo astratto o teorico ma a partire dal punto di vista concreto di una realtà associativa ecclesiale che si è costituita oltre 150 anni fa proprio per sostenere una visione integrale della persona umana, modellata su una formazione evangelica. Un’esperienza concreta di aggregazione che opera, testimonia e propone, una sintesi tra l’istanza di libertà, che è fondativa nell’associarsi, e la sua piena e matura manifestazione nella gratuità e nella reciprocità, che si fa servizio e testimonianza della Carità. Quale espressione luminosa di una dignità non solo riconosciuta e affermata ma anche promossa nella concreta cura e nell’accompagnamento delle persone in un itinerario di formazione integrale.
È questo l’approccio, spesso il solo possibile, per cogliere oggi quelle sfide che la frammentazione sociale pone alla promozione della dignità umana nella prospettiva della sua integralità: la polverizzazione delle strutture sociali e l’atomizzazione esistenziale; quest’ultima più volte indicata dagli studiosi secondo metafore sempre più raffinate – pensiamo a quella della liquidità di Zygmunt Bauman -, certamente prodotta da una visione del mondo utilitarista e competitiva, a sua volta generata da una globalizzazione guidata dalla speculazione e dalla pretesa di mettere al primo posto l’interesse e il profitto, rispetto a quei principi che invece noi cristiani, e con noi tutti gli uomini di buona volontà, insieme riconosciamo come le coordinate fondamentali per un modo a misura di persona umana.
C’è il bisogno, prima che il dovere, di parlare, di tornare a riconoscere e promuovere la centralità della dignità umana, della dignità infinita di ogni persona, di ogni uomo e di ogni donna. Nessuna esclusa. Da credenti. Riconoscendo che il nostro compito primario è l’evangelizzazione (Guai a me se non annunciassi il Vangelo: dobbiamo ogni tanto ricordare le parole di San Paolo nella Prima lettera ai Corinzi), che è nella sua essenzialità annuncio di una grande, bella e buona Notizia. Luce per tutti. Amore rivelato che si trasmette orizzontalmente con l’amore per questo nostro tempo e per questo nostro mondo.

Un amore gratuito che solo ci aiuta a cogliere il senso più profondo della nostra dignità, della dignità di tutti, soprattutto i più piccoli, i poveri, coloro che vivono al margine e che sono scartati e reietti o peggio ancora umiliati e sfruttati. Coloro che siamo chiamati ad accogliere condividendo con essi tutto ciò che è necessario e di cui si dispone, ma soprattutto ad amare e promuovere nella concreta specificità del loro vivere e non in astratte categorie sociologiche prive di compassione e di quella dolorosa coscienza (Laudato Si’, 19) che sola permette una autentica comprensione del mondo.

Promuovere la dignità in tale prospettiva, è chiaro, è una continua provocazione in questo tempo in cui la logica della conquista e dell’accaparramento ha fatto nuovamente capolino, presentandosi con i suoi alleati più pericolosi: la guerra e l’odio violento e distruttivo.
Ma è altrettanto chiaro che c’è un legame, oggi più di sempre, tra promozione della dignità umana, della pace e della giustizia. Un legame che passa attraverso l’attivazione coraggiosa e non più rinviabile di un ripensamento delle istituzioni, delle regole che moderano la convivenza sociale e la vita delle comunità politiche. Per una “democrazia ad alta intensità” e non accontentarsi di una “democrazia a bassa intensità”, pe citare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla Settimana sociale di Trieste.
C’è una connessione molto forte tra vita democratica e promozione della dignità della persona. In tal senso la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è una pietra miliare, per utilizzare una celebre espressione di San Giovanni Paolo II. Un testo di grande respiro e tensione etica, colpevolmente chiuso nei cassetti di troppe cancellerie, pensato e promosso all’indomani del Secondo conflitto bellico, evento globalmente distruttivo e foriero di lutti e violenze che non si sarebbero dovuti più ripetere, e che oggi invece vediamo tragicamente ripetersi, con una sequenza drammatica, impensabile, che toglie il respiro e impedisce di guardare lontano. Impedisce di far luce sulla dignità di ogni persona e sulla sacralità della vita.
Eppure non possiamo e non dobbiamo rassegnarci, citando il poeta tedesco Friedrich Hölderlin: là dove cresce il pericolo, nasce anche ciò che lo salva! La Speranza. Che siamo chiamati a vivere non come semplice ottimismo ma come impegno e testimonianza di una Carità che cambia le cose. Una Speranza che deve però essere organizzata, per utilizzare una celebre espressione del servo di Dio don Tonino Bello. E cioè: oltre a prendere sul serio l’impegno nella promozione integrale e globale della dignità umana, in primo luogo attraverso una coraggiosa e quotidiana azione educativa e culturale, serve promuovere una “nuova intelligenza della fede” ed un pensiero critico cristiano in grado di considerare nuove visioni e nuovi possibili assetti della vita sociale.
Ciò è possibile attraverso una lettura dei segni dei tempi che non si limita a letture superficiali ed astratte, ma ad un coinvolgimento personale che passa attraverso la nostra disponibilità a lasciarci ferire dall’altrui sofferenza, a fare nostre le domande e i bisogni più profondi che grida oggi l’umanità sofferente.

 

(*) presidente nazionale Azione Cattolica Italiana

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