Tracce

Tutte le bizze del presidente

Foto Ansa-Avvenire
13 Gen 2025

di Emanuele Carrieri

Esattamente come Putin, né più né meno. Trump non vede l’ora che si celebri la sua presa di possesso nello Studio Ovale della Casa Bianca. Non vede l’ora di lasciare in balia delle onde Zelensky e il popolo dell’Ucraina. Non aspetta altro che radere al suolo l’Unione Europea e forse anche l’Alleanza Atlantica. Ha già parecchi, svariati obiettivi: il Canada, il Canale di Panama e la Groenlandia. Ma l’ordine di priorità non è dato conoscere. Si sa solamente che tutto il mondo è intento a domandarsi se il futuro presidente degli Stati Uniti di America stesse scherzando o fosse ancora nella convinzione di essere in campagna elettorale oppure stesse preparando una vera e propria partita di risiko su scala globale. E si sa anche con grande certezza che quando Trump apre la bocca il mondo intero ascolta con grande attenzione, trattenendo il fiato o le risate. La trovata di acquistare – o di conquistare? di espugnare? di invadere? di occupare? – la Groenlandia, già ventilata da Trump nel 2019, adesso è ritornata con più forza. Ma perché Trump è così interessato alla Groenlandia? Autonoma dal 1979 ma, di fatto, dipendente dalla Danimarca per quanto riguarda la politica estera, la Groenlandia ha poco più di cinquantamila abitanti su un territorio di oltre due milioni di chilometri quadrati. Ha la sua bandiera, la sua lingua, i suoi costumi, le sue istituzioni e un primo ministro. Ma prima di tutto e più di tutto, possiede sterminati giacimenti di risorse naturali, fra cui petrolio e minerali di elementi rari. A eccitare gli appetiti delle superpotenze è, paradossalmente, un territorio che suo malgrado sta mutando. Mentre l’ottanta percento della Groenlandia rimane coperto, per la maggior parte dell’anno, da una calotta di ghiaccio che ha uno spessore di varie migliaia di metri, gli esiti dei cambiamenti climatici hanno sciolto i ghiacci artici, sbloccando nuove risorse naturali ma aprendo pure nuove rotte commerciali. Il colpo di scena è giunto dopo le dimissioni di Trudeau che ha anche dato le dimissioni come leader del partito liberale del Canada. “Molte persone in Canada amerebbero essere il 51-esimo stato” ha scritto Trump in un messaggio dopo le dimissioni di Trudeau. “Gli Usa non possono più subire il massiccio deficit commerciale e i sussidi di cui il Canada ha bisogno per restare a galla. Trudeau lo sapeva e si è dimesso” e ancora: “se il Canada si fondesse con gli Stati Uniti, non ci sarebbero le tariffe, le tasse diminuirebbero e sarebbero sicuri dalla minaccia delle navi di Russia e Cina che li circondano costantemente. Insieme, che grande nazione saremmo!”. Svelato il disegno: si scrive Canada e Groenlandia, si legge Russia. L’ obiettivo non sono i due paesi, ma Mosca: Trump vuole impedire che la Russia abbia il dominio della regione. Già nel 2013, la Russia aveva la maggiore flotta di rompighiaccio al mondo: tredici navi di cui sei a propulsione nucleare. Gli Stati Uniti competono con una sola nave: lo svantaggio è schiacciante. Ciò ancora non è sufficiente perché la fame e la sete di comando, di supremazia e di potere di Trump – dietro le quali si nasconde il desiderio di affermazione del suo ego “infantile” – sono sconfinate. Il prossimo presidente degli Stati Uniti in un comizio ha manifestato l’intenzione di riprendersi il Canale di Panama, una infrastruttura strategica che collega Atlantico e Pacifico, costruito dagli Usa e terminato nel 1914, e poi restituito al Paese centroamericano nel 1999 in base a un accordo siglato negli anni settanta dall’allora presidente Jimmy Carter, che è scomparso il 29 dicembre scorso. Ora Trump vuole disconoscere l’accordo e riprendere il controllo del Canale nell’ambito della guerra commerciale che va promettendo da settimane: ha giustificato la volontà di riprendere il controllo del Canale accusando Panama di applicare delle tariffe eccessive alle navi Usa che attraversano l’infrastruttura. Trump ha criticato la decisione di Carter, che lo aveva “stupidamente ceduto per un dollaro” negli di accordi in cui “spettava esclusivamente a Panama gestirlo, non alla Cina o a chiunque altro”. Svelato il secondo mistero, pardon scopo, di Trump: si scrive Canale di Panama, si legge Cina perché è evidente il riferimento agli importanti investimenti del gigante asiatico a Panama. Perciò, secondo Trump, gli Stati Uniti devono “riprendersi il Canale perché è fondamentale per il commercio statunitense e per un rapido dispiegamento della Marina in caso di emergenza per la sicurezza”. Infine, c’è pure una piccola aggiunta: cambiare il nome al golfo del Messico. “Sarà golfo d’America, che bel nome!”. È inutile: a volte ritornano. Accantonato nei libri di storia il generale che occupò il mondo “dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”, ci tocca tenerci quello della conquista dal polo nord fino all’istmo di Panama. L’atlante raffigurato da Trump sembra una battaglia di retroguardia con una asserzione di sovranità illimitata, che fa pensare a una manifestazione di sentimenti nostalgici destinati a smarrirsi nel tempo. E allora è come Putin? Nessuno dei due nasconde l’aspirazione di recuperare un senso di grandezza perduta per il proprio paese. Le mosse di Putin in Ucraina sono dei tentativi di rafforzare il potere e l’influenza della Russia, l’aspirazione di Trump è quella di “rendere l’America di nuovo grande”. Nulla a che vedere con la Cina, la povera cenerentola – è davvero un colosso, la prima potenza economica del mondo – che si limita, per il momento, all’isola di Taiwan, nazione che vanta il prodotto interno lordo pro capite fra quelli più elevati rispetto alla media mondiale.

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