Amorevolezza e saldezza
Sulle impronte di papa Francesco, ma al di là di papa Francesco, seguendone la direzione, ma per strade diverse. Papa Leone XIV si è presentato alla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro inequivocabilmente commosso, fin quasi alle lacrime, ma, pur percependo la responsabilità manifestata dalla enorme folla protetta dalle braccia del colonnato del Bernini, non ha avuto un indietreggiamento di fronte alle più di centomila persone che lo stavano aspettando, insieme a oltre un miliardo di telespettatori, disseminati nel mondo. La prima sensazione è stata di una figura paterna, amorevole e benevola, ma anche di una persona ferma, determinata, intenzionata a sostenere di fronte al mondo intero le proprie idee, perché consapevole – nella mente e nello spirito – che le parole del Vangelo saranno lo scudo invincibile contro cui il male non riuscirà mai a prevalere. Così come ha fatto in questi anni papa Francesco ha parlato di pace, ma non ha pronunciato nemmeno una volta la parola guerra, quasi come a voler, a tutti i costi, spostare il baricentro della discussione dalla necessità di far ammutolire le armi a quella di far prevalere lo spirito del Risorto: “È la pace del Cristo Risorto – ha affermato – una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”. Due aggettivi che di sicuro saranno distintivi del pontificato di papa Leone. Rievoca il sorriso mite e delicato, ma forte nella forza del Signore, di papa Giovanni Paolo I, una sorta di cavaliere di Cristo, non senza paura, ma deciso e pronto a non risparmiarsi per proclamarne la Parola fino all’ultimo respiro, di fronte a tutti, potenti e prepotenti della Terra compresi. Trump sembra averlo già compreso, tanto che – forse per la prima volta da quando è allo Studio Ovale della Casa Bianca – ha osservato un comportamento educato e civile, quasi diplomatico, nel salutare la elezione del nuovo pontefice. Quello pronunziato dalla Loggia delle Benedizioni non è stato un saluto, o meglio, non è stato solo un saluto, ma, anzitutto e soprattutto, un vero e proprio programma. Papa Leone cercherà la pace e la giustizia attraverso il dialogo, la sintonia, l’incontro, la costruzione di ponti e non di muri. Inseguirà l’unione di tutti e con tutti, “per essere un solo popolo sempre in pace”. Lo farà fuori dalla Chiesa, ma anche dentro la Chiesa, conscio che l’opera di Francesco, che ha scosso dal profondo non solamente il Vaticano, ha bisogno di camminare d’accordo, unita, “cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari”. Quella che vuole papa Leone è una Chiesa “che cammina, … che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono”. Ma finanche la scelta del nome indica, con enorme chiarezza, il cammino che papa Leone vuole percorrere, continuando l’opera di papa Leone XIII, il primo pontefice dell’era moderna convinto che fra i compiti della Chiesa rientrasse anche l’attività pastorale in campo sociopolitico. Leone XIII è il pontefice che scrisse la Rerum Novarum, la prima enciclica esplicitamente sociale nella storia della Chiesa cattolica, attraverso cui il papato delineò i fondamenti della moderna dottrina sociale della Chiesa, fatta di un capitalismo mitigato e al servizio dell’uomo, attento al lavoro e alla dignità della persona. Programma, questo, in lineare continuità con Francesco, con cui condivide la sicurezza di avere al proprio fianco la forza del Vangelo e di Colui che ha orientato i suoi apostoli. Papa Leone non è un gesuita, ma è un agostiniano: “Sono un figlio di Sant’Agostino” ha detto con chiarezza, facendo intuire che nel suo pontificato la spiritualità avrà sicuramente un ruolo di primo piano. Agostino di Ippona, prima filosofo, vescovo, monaco, mistico, poi Santo, Padre e Dottore della Chiesa, è stato infatti il grande teologo della Grazia e del rapporto fra la Grazia e la libertà, un pensiero che non sarà ai margini nella catechesi del nuovo vescovo di Roma. Papa Leone è anche il primo pontefice nordamericano della storia, ma ha già fatto sapere di non essere statunitense, nel senso che purtroppo questo aggettivo ha preso da qualche tempo a questa parte. Il suo è uno spirito missionario, e non è certo un caso che il primo saluto l’abbia voluto rivolgere, in lingua originale, alla comunità peruviana nella quale ha svolto per anni il proprio apostolato. In un certo qual modo, anche papa Leone è un pontefice che arriva dalla fine del mondo, più latino-americano che altro, e dunque, anche lui, volto alla missionarietà della Chiesa. Non è difficile cercare e trovare punti di similitudine con il suo predecessore, ma papa Leone non è papa Francesco, e non lo sarà, com’è giusto che sia. Con il passare del tempo, i tratti distintivi saranno più marcati, anche all’interno della Curia stessa, che papa Leone conosce bene e nella quale cercherà di riportare quel sistema che il suo predecessore ha provato a riformare, non senza ostruzionismi. Quasi certamente quello di papa Leone non sarà un pontificato dirompente, prorompente, sconvolgente. Ma sicuro è che non sarà un papato all’insegna della restaurazione e della normalizzazione. Lo si vedrà presto, davvero molto presto.
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