La domenica del Papa – Una chiesa “missionaria che apre le braccia al mondo”

È la domenica che segna l’inizio del pontificato di papa Leone XIV, e così si presenta alla folla, duecentomila persone in piazza San Pietro e in via della Conciliazione che percorre in papamobile prima della messa: “Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia”.
Liturgia solenne, ricca di simboli – il pallio e l’anello del pescatore, lo guarda quasi incredulo, consegnati sul sagrato della basilica vaticana, i segni del suo ministero di vescovo di Roma – e un Papa commosso che guarda quel mare di persone che arriva fin quasi la fine di via della Conciliazione. Parla di Pietro che deve “pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri facendosi padrone delle persone a lui affidate”.
A Pietro “è affidato il compito di amare di più e di donare la sua vita per il gregge”, afferma ancora il vescovo di Roma, che parla di una chiesa la cui vera autorità “è la carità di Cristo”; una chiesa “missionaria che apre le braccia al mondo”, che “si lascia inquietare dalla storia” e diventa “lievito di concordia per l’umanità”; che non pensa di “catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere” ma solo con l’amore. Con Sant’Agostino afferma il primo grande desiderio: “una chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
Quinta domenica del tempo di Pasqua e il tema del Vangelo di Giovanni è il comandamento nuovo, cioè il comandamento dell’amore. La scena si svolge nel Cenacolo, il banchetto degli apostoli, Gesù che offre del cibo a Giuda, il quale lascia subito la sala; era notte commenta Giovanni, ma l’amore del Signore non conosce limiti: “nell’unico Cristo siamo uno”.
Nell’omelia, papa Leone guarda alla situazione del mondo in cui viviamo, parla di un tempo in cui “vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri”. Dentro questo tempo, “questa pasta” dice il Papa, vogliamo essere “un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia”.
Quasi manifesto del suo pontificato dice che è questa “la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”. È questo “lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”.
Prima di dare la benedizione finale, nelle parole che pronuncia al Regina caeli, Leone XIV ha un pensiero per il suo predecessore: “durante la messa ho sentito forte la presenza spirituale di Papa Francesco che dal cielo ci accompagna”. Quindi lancia un nuovo appello per la pace: “nella gioia della fede e della comunione non possiamo dimenticare i fratelli e le sorelle che soffrono a causa delle guerre. A Gaza i bambini, le famiglie, gli anziani sopravvissuti sono ridotti alla fame. Nel Myanmar nuove ostilità hanno spezzato giovani vite innocenti. La martoriata Ucraina attende finalmente negoziati per una pace giusta e duratura”. Parole rivolte a tutti i fedeli, ma in modo particolare, crediamo, a coloro che occupavano la parte destra del sagrato della basilica: tra gli altri, il vice presidente americano JD Vance (è previsto un incontro con il Papa), il segretario di Stato Marco Rubio, la ministra della cultura della Russia Olga Liubimova, e il presidente ucraino Volodymir Zelensky, che incontra Leone XIV.
Parole con lo sguardo rivolto a Maria, madre del Buon consiglio, “segno di speranza”, e a Leone XIII, il quale nella Rerum novarum scriveva che “è l’ora dell’amore” e se questo criterio “prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace”.
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