Giubileo2025

Chiesa e sfide globali: il Giubileo dei governanti

ph Vatican media-Sir
23 Giu 2025

di Giada Di Reda

Si è tenuto il 21 e il 22 giugno, il Giubileo dei governanti, un’occasione per riflettere sul ruolo concreto della politica nella costruzione del bene comune e il suo impegno come espressione concreta dell’amore cristiano.
L’evento, in collaborazione con l’Anci, associazione nazionale dei comuni italiani, il Dicastero per l’evangelizzazione e l’Unione interparlamentare, ha coinvolto 1600 amministratori locali tra sindaci e assessori. Presenti le delegazioni da 68 paesi, capi di governo, parlamentari e leader religiosi.

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Un programma fitto e improntato sulla cultura, la riflessione, la spiritualità e la bellezza, iniziato il 21 giugno alle 10 con l’udienza del santo padre con i parlamentari, proseguito con il pellegrinaggio dei partecipanti alla porta santa. Alle 14:30 nell’Aula di Montecitorio, l’apertura della Seconda conferenza parlamentare sul dialogo interreligioso, in cui erano presenti figure come il presidente della Camera, del Senato, del Parlamento internazionale, il card. Fisichella e il sen. Casini. Successivamente, alle ore 17:00, l’incontro sul ‘Debito ecologico’, tenutosi nell’Aula Giulio Cesare, introdotto dal sindaco di Roma Gualtieri, con il cardinale Parolin, segretario di Stato Vaticano, e il senatore a vita Mario Monti. Per terminare la prima giornata, un momento all’insegna dell’arte e della bellezza, con il concerto ‘Armonie di speranza’ in piazza Pio X, con il contributo di artisti internazionali come Aleksandr D. Malofeev (Russia), Brad Mehldau, (Stati Uniti), Gabriella Montero (Venezuela), Francesco Piemontesi (Svizzera), Beatrice Rana (Italia), Aleksy Shadrin (Ucraina) e Nobuyuki Tsujii (Giappone).

Nella giornata del 22 giugno, i partecipanti hanno preso parte all’angelus in piazza San Pietro, in un settore a loro riservato; alle 17:00 la celebrazione della santa messa presieduta dal papa a San Giovanni Laterano.

A orientare il cammino di questi due giorni densi di significato, sono state le parole pronunciate dal papa durante l’udienza ai parlamentari. Il pontefice, richiamandosi alle parole di Pio XI, che ha definito la politica “la forma più alta di carità”, ha sottolineato il suo compito di azione concreta, servizio autentico e veicolo di giustizia sociale, pietà e speranza, soprattutto a favore dei più deboli.

Proseguendo nel suo intervento, Leone ha sviluppato alcune considerazioni, ritenute fondamentali nell’attuale contesto culturale, soffermandosi in particolare su tre aspetti cruciali: il bene della comunità; la libertà religiosa e il dialogo interreligioso; la nuova sfida dell’intelligenza artificiale.

“Quanti vivono in condizioni estreme gridano per far udire la loro voce e spesso non trovano orecchie disposte ad ascoltarli. Tale squilibrio genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra. Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale”.

Il papa con queste parole ha invitato i parlamentari ad agire, ricordando di dare priorità al bene comune, mettendo da parte egoismi e logiche di parte. L’azione della politica deve svilupparsi, ponendosi come obiettivo la coesione sociale, la solidarietà e l’ascolto, con e verso gli ultimi.

La seconda considerazione riguarda la libertà religiosa e il dialogo interreligioso.

“Anche in questo campo, oggi sempre più di attualità, l’azione politica può fare tanto, promuovendo le condizioni affinché vi sia effettiva libertà religiosa e possa svilupparsi un rispettoso e costruttivo incontro tra le diverse comunità religiose. Credere in Dio, con i valori positivi che ne derivano, è nella vita dei singoli e delle comunità una fonte immensa di bene e di verità”.

L’azione politica, può e deve creare le condizioni per il rispetto tra le diverse comunità religiose, per garantire una convivenza pacifica e costruttiva; partendo dal presupposto, ormai consolidato, del dialogo quale forma di arricchimento reciproco e condivisione di valori.

Citando il De Civitate Dei di Agostino, Leone XIV, ribadisce la fede in Dio quale fonte di bene e verità per tutta la comunità. “Sant’Agostino, in proposito, parlava di un passaggio dell’uomo dall’amor sui – l’amore egoistico per sé stesso, chiuso e distruttivo – all’amor Dei – l’amore gratuito, che ha la sua radice in Dio e che porta al dono di sé –, come elemento fondamentale nella costruzione della civitas Dei, cioè di una società in cui la legge fondamentale è la carità”.

E ancora, nella sua riflessione condivisa con i governanti, immancabili sono i riferimenti alla legge naturale, quale bussola su cui orientare il cammino: “Per avere allora un punto di riferimento unitario nell’azione politica, piuttosto che escludere a priori, nei processi decisionali, la considerazione del trascendente, gioverà cercare, in esso, ciò che accomuna tutti. A tale scopo, un riferimento imprescindibile è quello alla legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente. Di essa già nell’antichità si faceva autorevole interprete Cicerone, il quale nel De re publica scriveva: «La legge naturale è la diritta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna, la quale con i suoi ordini invita al dovere, con i suoi divieti distoglie dal male […]. A questa legge non è lecito fare alcuna modifica né sottrarre qualche parte, né è possibile abolirla del tutto; né per mezzo del Senato o del popolo possiamo affrancarci da essa né occorre cercarne il chiosatore o l’interprete”.

Il pontefice ha chiuso la riflessione sulla seconda sfida, citando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948). Un testo attuale e centrale per ricordare il valore assoluto della persona umana, della sua identità e dignità assoluta; documento scritto ed emanato nel 1948, al termine di un lungo periodo storico caratterizzato da guerre, totalitarismi e genocidi di massa, in cui la dignità umana di milioni di vittime, è stata completamente calpestata.

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Il terzo nodo cruciale sviluppato nel discorso del papa, riguarda la nuova sfida dell’intelligenza artificiale, su cui la Chiesa ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni.

“Si tratta di uno sviluppo che certamente sarà di valido aiuto alla società, nella misura in cui, però, il suo utilizzo non porti a intaccare l’identità e la dignità della persona umana e le sue libertà fondamentali. In particolare, non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale ha la sua funzione nell’essere uno strumento per il bene dell’essere umano, non per sminuirlo né per definirne la sconfitta”. E ancora: “La vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare”.

Una frontiera ampia e ambivalente, che deve essere accompagnata da un approccio critico, affinché essa resti al servizio della persona umana e mai “al posto” di essa, contro ogni forma di controllo o disumanizzazione. È necessario che essa sia orientata, seguendo il principio della giustizia sociale, della dignità umana e del bene comune; questo è un compito delicato, una responsabilità di cui deve farci carico tutti, e in particolare la politica che deve definire delle regole chiare, promuovere lo sviluppo umano integrale, attraverso un approccio etico e responsabile.

Di fronte a queste sfide così evidenti, i cittadini hanno bisogno di risposte concrete, di una guida che una politica basata sull’impegno, fondata sul rispetto e la responsabilità, può garantire.

La politica non è professione ma è missione. Leone ha citato l’esempio di san Tommaso Moro, indicato da Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del 2000.

“San Tommaso Moro. In effetti, Sir Thomas More fu uomo fedele alle sue responsabilità civili, perfetto servitore dello Stato proprio in forza della sua fede, che lo portò a interpretare la politica non come professione, ma come missione per la crescita della verità e del bene. Egli «pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie sociali con squisito senso d’equità; tutelò la famiglia e la difese con strenuo impegno; promosse l’educazione integrale della gioventù» (Lett. Ap. M.P. E Sancti Thomae Mori, 31 ottobre 2000, 4)”.

Moro si fece fautore di un modello di politica come servizio alla persona, in particolare verso i più deboli, orientando il suo impegno nell’educazione dei giovani, prestando attenzione alle famiglie.

Il Giubileo dei governanti ha rappresentato un’occasione per riscoprire il ruolo della politica quale guida al continuo servizio del bene comune, orientato alla tutale dell’integrità e dello sviluppo della persona. Le parole del papa hanno messo in luce quei valori universali che sono alla base di una Chiesa che è presente nel mondo e intende contribuire alla sua protezione, attraverso il dialogo e la cooperazione. In questo senso il compito della politica è delicato e fondamentale, ma possibile se vissuto con coraggio, umiltà e visione, guidato dalla fede, dalla responsabilità e dalla speranza.

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