Politica italiana

Decreto flussi: la verità dietro i numeri

foto Sir
02 Lug 2025

di Oliviero Forti *

Il Consiglio dei ministri ha varato un decreto-legge che consente, per il prossimo triennio, l’ingresso di circa mezzo milione di lavoratori stranieri di cui 230.550 per lavoro subordinato non stagionale e autonomo e 267mila per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico. Si tratta del 10% di lavoratori stranieri in più rispetto al precedente decreto flussi. Si incentivano, inoltre, gli ingressi fuori quota con un percorso graduale, che riguardi anzitutto i profili professionali più ricercati dai datori di lavoro e che potenzi la formazione dei lavoratori nei Paesi di origine.
Ad una prima sommaria analisi, il provvedimento del Governo sembra poter dare una risposta robusta e definitiva al fabbisogno del mercato del lavoro, incentivando in questo modo le migrazioni regolari. Tuttavia, per formulare un giudizio più compiuto è necessario leggere questi dati alla luce dell’ultimo monitoraggio della campagna ‘Ero straniero’ che evidenzia come nel 2024 solo il 7,8% delle quote di ingressi stabilite dal Governo si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi stabili e regolari. Sono state, infatti, appena 9.331 le domande per l’ingresso di lavoratrici e lavoratori finalizzate presso le prefetture italiane, su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell’anno.
Dunque, solo una minima parte dei lavoratori che entrano nel nostro Paese con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica. La maggior parte delle persone scivola in una condizione di irregolarità e precarietà. Il sistema continua a non funzionare, nonostante gli interventi normativi di questo Governo. La procedura si inceppa sia nella fase precedente all’arrivo in Italia, con riferimento al rilascio del visto da parte delle nostre rappresentanze, sia una volta giunti nel nostro Paese. In questo caso, essendo possibile lavorare anche solo con il nulla osta, il datore di lavoro, in attesa della convocazione presso le prefetture, impiega nell’immediato il lavoratore. Se, però, il rapporto di lavoro si interrompe prima della conclusione della procedura e prima che sia stato rilasciato il permesso di soggiorno, il rischio per il lavoratore straniero di rimanere senza documenti e scivolare nell’irregolarità è molto alto. Ci sono poi frequenti casi di truffe in cui il datore di lavoro attiva tutta la procedura per far entrare il lavoratore, ma poi si rifiuta di formalizzare il rapporto di lavoro una volta che il cittadino straniero è giunto in Italia. Peraltro, può accadere che la disponibilità da parte del datore all’assunzione venga meno perché l’ingresso è avvenuto con tempi troppo lunghi rispetto alle esigenze dell’azienda o delle famiglie.
È evidente, quindi, che aumentare i numeri degli ingressi per lavoro è certamente un segnale positivo, ma per raggiungere i risultati attesi sarebbe necessario e urgente intervenire sull’attuale legge, modificandola, per superare definitivamente un meccanismo di ingresso assolutamente disfunzionale, non in grado di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro e che si presta, oltretutto, ad una serie di attività fraudolente.

(*) Caritas Italiana

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