L’ultima raccolta poetica di Daniele Giancane e le sua fede assoluta nella poesia
 
                “Non posso sfuggire ad un destino che è iscritto nelle mie cellule: sono irrimediabilmente un poeta. Non so se sia una cosa positiva o negativa, so che non posso essere altro. Ogni avvenimento che attraversa la mia vita mi diventa poesia”. Una dichiarazione di assoluta chiarezza, questa che apre l’ultimo volume di Daniele Giancane: “La danza azzurra del destino”, dato alle stampe per le Edizioni Milella di Emanuele Augieri, a cura di Anton Nikë Berisha. Una dichiarazione di amore assoluto, del resto non nuova, ma che percorre questo come tutti i numerosissimi libri del poeta e saggista barese, che per lunghi anni ha insegnato Letteratura per l’infanzia all’Università di Bari. Una dichiarazione che ritroviamo anche esplicitata nelle poesie che compongono la raccolta, come “Il mio Dio è la poesia”, “Il poeta torna”, “La poesia nasce se pensi”, e così via.
Chi conosce Daniele conosce bene anche la sua visione assolutizzante della verità poetica, che non concede mai spazio alle manipolazioni, alle strumentalizzazioni, e ancora meno alla mercificazione. Comprese quelle operate dalle tante case editrici che speculano sul narcisismo che spesso accompagna chi si dedica alla poesia. Da sempre contrario ai premi e alle strategie pubblicitarie, Giancane è da sempre fautore della “semplicità”, della fede nella poesia vera che contrasta con l’ambizione di molti che intendono la poesia come strumento per arrivare al “successo”. Oppure una sorta di percorso iniziatico per chi è inserito nei circuiti che contano. Sia attraverso la rivista che da anni dirige, “La Vallisa”, sia attraverso il blog, che non fa sconti e non lesina critiche alle passerelle organizzate per creare rapporti, ma spesso anche illusioni tra molti, Giancane tiene vivo un dibattito costante sulla poesia che parte da un assunto chiaro: la poesia non deve essere espressione di egocentrismo e narcisismo. “Chi ama la poesia profondamente (la poesia, non se stesso) prova delle sensazioni indicibili”.
Nella lunga e accurata prefazione, dal titolo altrettanto esplicito: “L’essenziale: amare profondamente la poesia”, lo studioso kosovaro Anton Nikë Berisha propone una ricostruzione delle motivazioni intime che guidano l’atto creativo di Giancane attraverso interessanti confronti e affiancamenti tematici ad autori noti dei Balcani.
“Daniele ha la tendenza a creare la poesia come arte e come opportunità per influenzare esteticamente gli altri: la poesia rende possibile unificare il mondo concreto con la fantasia e il mondo dei sogni, che rispondono pienamente alla natura e all’essenza della poesia come arte”. E cita, avallandola, una sua affermazione: “Sì io vivo nel sogno. Sembra una ‘boutade’, ma non è così. La mia vita del sogno è talmente ricca, avventurosa, bizzarra che spesso non vedo l’ora di addormentarmi per entrare in quel mondo. Spesso non so se un avvenimento l’ho vissuto o sognato. Penso che la vita intera sia stata un sogno. E poi io vivo nel sogno perché i miei pensieri sono quasi esclusivamente ‘poetici’ nel senso di scrivere poesia…”.
La sua fede nell’universalità della poesia è ben espressa in una delle composizioni presenti nel volume: “Io non sono solo io”: “Queste poesie, lettore, non sono solo mie. / Sono anche tue e di tutti coloro che ho / incontrato. / Sono i sogni che ho sognato, / i pensieri che ho pensato, i viaggi le utopie le contraddizioni le tue distratte parole in un pomeriggio di sole….”.
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