Tra inquietudini e speranze: Leone XIV e i giovani del mondo

Un milione di giovani cuori provenienti da tutto il mondo che battono all’unisono, in una Tor Vergata trasformata in un fulcro di gioie, domande e speranze: emozioni indescrivibili, vissute trasmesse in mondovisione durante la grande veglia di preghiera di sabato 2 agosto, seguita dalla solenne celebrazione eucaristica di domenica. Entrambi i momenti, guidati da papa Leone XIV, sono stati un’occasione di intensa comunione e speranza per le nuove generazioni.
“Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo”: con queste parole, papa Leone, ha concluso l’omelia della santa messa di chiusura, lanciando ai giovani presenti, un faro di luce da custodire nel cuore, e portare con sé nel cammino della vita.
Una folla vibrante di giovani “sentinelle del mattino”, giunta da 146 paesi del mondo per il Giubileo a loro dedicato, ha accolto un pontefice pronto ad accogliere i loro interrogativi nati dalla tensione tra inquietudine e speranza. Domande profonde, figlie di una generazione talvolta sottovalutata, eppure piena di interrogativi e sempre più animata dal desiderio di guardare oltre, scoprire cosa c’è al di là questa società dilaniata da precarietà e contraddizioni, oltre un mondo di fragilità e crisi.
Amicizia, coraggio per scegliere, richiamo del bene e valore del silenzio. Durante la veglia, tre giovani – provenienti dal Messico, dall’Italia e dagli Stati Uniti – hanno rivolto al santo padre altrettanti interrogativi, profondi, personali e universali, che hanno dato voce ad un comune sentire che unisce le giovani generazioni in un cammino di ricerca che non si ferma, non si arrende, che – nonostante tutto – procede con coraggio nel viaggio chiamato vita.
Papa Leone, non si è risparmiato: dopo aver ascoltato attentamente ogni parola pronunciata da quelle voci timide, vibranti, colme di timori e speranza, ha risposto con la sua calma meditata, la sua fermezza, e quell’emozione autentica che lo accompagna fin dai primi istanti della sua salita al soglio pontificio.
La prima voce ad elevarsi, nella notte di Tor Vergata, è quella di Dulce Maria, 23 anni, proveniente dal Messico:
Siamo figli del nostro tempo. Viviamo una cultura che ci appartiene e senza che ce ne accorgiamo ci plasma; è segnata dalla tecnologia soprattutto nel campo dei social network. Ci illudiamo spesso di avere tanti amici e di creare legami di vicinanza mentre sempre più spesso facciamo esperienza di tante forme di solitudine. Siamo vicini e connessi con tante persone eppure, non sono legami veri e duraturi, ma effimeri e spesso illusori. Santo padre, come possiamo trovare un’amicizia sincera e un amore genuino che aprono alla vera speranza? Come la fede può aiutarci a costruire il nostro futuro?
Il pontefice, con parole semplici e profonde, ha ricordato a tutti che la vera amicizia nasce solo quando si ha il coraggio di rischiare, mettersi in gioco, donarsi profondamente all’altro, rimanendo disposti ad uscire da sé stessi; perché è donandoci al prossimo che possiamo sperimentare la pienezza.
“Carissimi giovani, le relazioni umane, le nostre relazioni con altre persone sono indispensabili per ciascuno di noi […] perché la vita stessa inizia da un legame”; e ancora: “La nostra vita inizia grazie a un legame ed è attraverso legami che noi cresciamo. In questo processo, la cultura svolge un ruolo fondamentale: è il codice col quale interpretiamo noi stessi e il mondo. Come un vocabolario, ogni cultura contiene sia parole nobili sia parole volgari, sia valori sia errori, che bisogna imparare a riconoscere”. Un invito, a non mettere da parte il valore dell’alterità, nonostante i rischi e le fragilità che nascono da un nuovo modo di relazionarsi.
Senza demonizzarli, ha poi affrontato il tema della rete e dei social, mettendone in luce i punti di forza e quelli di debolezza, in particolare quelli connessi ai rischi: “Questi strumenti risultano però ambigui quando sono dominati da logiche commerciali e da interessi che spezzano le nostre relazioni in mille intermittenze. A proposito, papa Francesco ricordava che talvolta i «meccanismi della comunicazione, della pubblicità e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati, dipendenti dal consumo». Allora le nostre relazioni diventano confuse, sospese o instabili”.
“È che quando lo strumento domina sull’uomo, l’uomo diventa uno strumento: sì, strumento di mercato, merce a sua volta. Solo relazioni sincere e legami stabili fanno crescere storie di vita buona”.
Leone, ha in quel momento, ricordato Sant’Agostino, che nella sua inquieta giovinezza non ha fatto altro che cercare la verità e la bellezza, ritrovate dopo un lungo cammino nell’incontro con Cristo:
“Sant’Agostino ha colto il profondo desiderio del nostro cuore – è il desiderio di ogni cuore umano – anche senza conoscere lo sviluppo tecnologico di oggi. Anche lui è passato attraverso una giovinezza burrascosa: non si è però accontentato, non ha messo a tacere il grido del suo cuore. Agostino cercava la verità, la verità che non illude, la bellezza che non passa. E come l’ha trovata? Come ha trovato un’amicizia sincera, un amore capace di dare speranza? Incontrando chi già lo stava cercando, incontrando Gesù Cristo”.
Il pontefice ha offerto, con queste parole, l’esempio di Agostino come icona universale dell’inquietudine dell’uomo alla ricerca di senso: caratteristica che rende ancora oggi il filosofo, padre della Chiesa, un “contemporaneo”.
La seconda domanda a risuonare sotto il cielo di Tor Vergata, è quella di Gaia, 19 anni, italiana.
Santo Padre, mi chiamo Gaia, ho 19 anni e sono italiana. Questa sera tutti noi giovani qui presenti vorremmo parlarLe dei nostri sogni, speranze e dubbi. I nostri anni sono segnati dalle decisioni importanti che siamo chiamati a prendere per orientare la nostra vita futura. Tuttavia, per il clima di incertezza che ci circonda siamo tentati di rimandare e la paura per un futuro sconosciuto ci paralizza. Sappiamo che scegliere equivale a rinunciare a qualcosa e questo ci blocca, nonostante tutto percepiamo che la speranza indica obiettivi raggiungibili anche se segnati dalla precarietà del momento presente. Santo Padre, le chiediamo: dove troviamo il coraggio per scegliere? Come possiamo essere coraggiosi e vivere l’avventura della libertà viva, compiendo scelte radicali e cariche di significato?
Papa Leone, risponde partendo dal presupposto che ogni forma di autentica libertà, deve presupporre un fondamento stabile. “Questa roccia è un amore che ci precede, ci sorprende e ci supera infinitamente: è l’amore di Dio”, ed è da questo che nasce il coraggio che ci apre alla libertà di noi stessi. Scegliere significa rischiare, esporsi, talvolta rinunciare – diceva Kierkegaard – e questo talvolta ci paralizza, eppure è proprio da quella in tensione che può nascere la possibilità di giungere alla verità.
Il pontefice ha poi ricordato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II, venticinque anni prima, in occasione della Veglia di preghiera nella XV Giornata mondiale della Gioventù (19 agosto 2000):
“A riguardo, venticinque anni fa, proprio qui dove ci troviamo, San Giovanni Paolo II disse: «è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare». La paura lascia allora spazio alla speranza, perché siamo certi che Dio porta a compimento ciò che inizia”.
Ha proseguito, riflettendo sulle tre scelte radicali legate al matrimonio, il sacerdozio e la consacrazione religiosa, descrivendole come scelte che “esprimono il dono di sé, libero e liberante, che ci rende davvero felici”.
Infine, dopo aver ricordato, pieno di commozione, i giovani che proprio in occasione del loro Giubileo, hanno lasciato questa terra, ha concluso, consegnando ai giovani un messaggio profondo, un invito a mettere da parte la paura ed affidarsi:
“Trovate il coraggio di fare le scelte difficili e dire a Gesù: Tu sei la mia vita, Signore”.
La terza domanda è quella posta da Will, 20 anni, proveniente dagli Stati Uniti, ed è dedicata al bene e al valore del silenzio.
Santo Padre, mi chiamo Will. Ho 20 anni e vengo dagli stati Uniti. Vorrei farLe una domanda a nome di tanti giovani intorno a noi che desiderano, nei loro cuori, qualcosa di più profondo. Siamo attratti dalla vita interiore anche se a prima vista veniamo giudicati come una generazione superficiale e spensierata. Sentiamo nel profondo di noi stessi il richiamo al bello e al bene come fonte di verità. Il valore del silenzio come in questa Veglia ci affascina, anche se incute in alcuni momenti paura per il senso di vuoto. Santo Padre, le chiedo: come possiamo incontrare veramente il Signore Risorto nella nostra vita ed essere sicuri della sua presenza anche in mezzo alle difficoltà e incertezze?
Alla domanda del giovane statunitense, su come incontrare il Signore anche nella prova e nella tribolazione, il papa ha risposto indicando la via della fede vissuta a pieno, quale segno di forza e potenza. “Volete incontrare veramente il Signore Risorto? Ascoltate la sua parola, che è Vangelo di salvezza! Cercate la giustizia, rinnovando il modo di vivere, per costruire un mondo più umano! Servite il povero, testimoniando il bene che vorremmo sempre ricevere dal prossimo!”, un’esortazione a riconoscere Cristo nel Vangelo, nella comunità, nell’altro.
Infine, ha affidato ai giovani una missione, quella di essere testimoni di giustizia, pace e speranza, sempre:
“Quanto ha bisogno il mondo di missionari del Vangelo che siano testimoni di giustizia e di pace! Quanto ha bisogno il futuro di uomini e donne che siano testimoni di speranza! Ecco, carissimi giovani, il compito che il Signore Risorto ci consegna”.
Alla luce delle parole pronunciate dal santo padre in risposta agli interrogativi che si sono levati sotto il cielo di Tor vergata, è importante riflettere sul legame profondo tra il tempo presente e quell’agosto del 2000. A venticinque anni dalla Giornata mondiale della gioventù, celebrata nel contesto dell’anno santo allora in corso, riecheggiano ancora le parole di speranza rivolte da Giovanni Paolo II ai giovani in veglia: “Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti”.
Nonostante le sfide del tempo e i cambiamenti generazionali legati all’inevitabile divenire del tempo, quelle sentinelle di speranza dal cuore inquieto erano ancora una volta lì, in un clima di festa del cuore e dello spirito, in cui la fatica è stata superata dal desiderio di condividere dubbi, interrogativi ma anche speranze.
Cosa ha risuonato nel cuore dei giovani durante questa esperienza?
L’abbiamo chiesto a Francesca, una giovane diciassettenne, proveniente da Fragagnano, che con grande entusiasmo, animata dalla nostalgia di chi dopo un’esperienza così intensa si accinge a ritornare alla vita, ha voluto condividere con noi il senso di un cammino così ricco di grazia.
“leri sera ho avuto la fortuna di partecipare alla veglia a Tor vergata organizzata in occasione del giubileo dei giovani, parlo di fortuna perché l’opportunità di ritrovarmi con più di un milione di ragazzi, provenienti da ogni parte del mondo, a pregare insieme è qualcosa di unico. L’atmosfera era magica, quasi surreale, eravamo tutti lì riuniti per un motivo: metterci in pieno contatto con Dio. Durante la veglia al Papa sono state poste delle domande in diverse lingue tra le quali una mi è rimasta particolarmente impressa cioè quella di una giovane italiana che presentava a nome di tutti noi la sua paura del futuro, la necessità di rinunciare a qualcosa ogni volta che prendiamo una scelta…Ovvero le preoccupazioni di qualsiasi ragazzo della nostra età. Il Papa ci ha consolati e spronati ad essere forti: «abbiate il coraggio di prendere scelte difficili», diceva lui perché sono proprio quelle che segnano la svolta nella nostra vita. Sentiamo spesso dire che i giovani ormai non credono più, ma quando è arrivato il momento dell’adorazione il silenzio ha avvolto la piazza, nonostante fossimo più di un milione, eravamo tutti avvolti in preghiera davanti a Gesù e tutto ciò mi ha messo i brividi. È stata un’esperienza sicuramente indimenticabile e che rifarei altre mille volte, non è stato facile essendo che per raggiungere Tor Vergata abbiamo dovuto camminare per più di 7 km, dormire per terra e adattarci ad ogni evenienza, ma proprio la fatica ha reso tutto più intenso ed emotivamente forte”.
Ringraziando Francesca per questa testimonianza, e alla luce delle parole pronunciate da papa Leone, e dai suoi predecessori, non è azzardato affermarlo con fiducia: sono proprio loro – i giovani – il presente che osa, crede e custodisce. Loro, che animati dal coraggio, hanno trasformato la culla della cristianità in una luce che ha irradiato il mondo intero!
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