Gaza sotto assedio

Striscia di Gaza, padre Romanelli (parroco): “A Gaza non si respira”

ph Afp-Sir
30 Set 2025

di Daniele Rocchi

“Siamo al principio della fine? Speriamo di sì”. Con queste parole padre Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica cattolica di Gaza, saluta le notizie provenienti dagli Stati Uniti e pubblicate da alcuni media arabi e israeliani circa la proposta di un nuovo piano Usa, in 21 punti, per chiudere il conflitto in corso nella Striscia tra Israele e Hamas. Una domanda ‘sospesa’ che, come spesso accaduto in passato, fa riecheggiare la speranza, messa a dura prova, dei gazawi nella fine della guerra che ha causato, fino ad ora, oltre 60mila morti, moltissime sono donne e bambini, e una distruzione pressoché totale di intere zone e quartieri civili.

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“Tantissime persone – ricorda padre Romanelli – sono ferite o morte e giacciono ancora sotto le macerie”. Nella parrocchia cattolica, situata nel quartiere orientale di al-Zaitoun di Gaza City, a nord della Striscia, sono ospitati circa 450 rifugiati, tra loro anziani, malati e bambini gravemente disabili non trasportabili, accuditi dalle suore di madre Teresa di Calcutta. Il piano in questione dovrebbe, tra le varie cose, riportare a casa tutti gli ostaggi israeliani vivi e morti, sancire la fine delle operazioni militari di Israele con la liberazione di detenuti palestinesi e la ripresa della distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione. Si tratta, adesso, di vedere, la risposta dei due contendenti alla proposta di accordo.

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A Gaza non si respira

Purtroppo, aggiunge padre Romanelli, “come accaduto altre volte in questi quasi due anni di guerra, la speranza di pace è risultata vana. Difficile credervi adesso.
Abbiamo sofferto e soffriamo molto. Tante volte è stato detto che avrebbero fatto qualcosa, ma non è mai successo niente, anzi la situazione è peggiorata. I bombardamenti continuano intensi e colpiscono zone lontane ma anche vicino a noi con schegge che cadono dentro la parrocchia. Il fragore è enorme. Fumo e polvere riempiono l’aria, ma ormai siamo in qualche modo abituati”.
“A Gaza c’è bisogno di tutto – ribadisce il parroco – non solo di cibo, acqua, medicine e carburanti ma anche di aria pulita, ossigeno, di sole, di calore, di serenità. La polvere, il fumo, gli esplosivi che provocano incendi si annidano nell’aria. L’elettricità non è continua, e il diesel per far andare le poche macchine rimaste è pochissimo. Per questo i gazawi lo producono da soli sciogliendo la plastica e miscelandola con un po’ di olio da cucina per farlo durare più a lungo. Non c’è gas e si cucina bruciando la legna. All’inizio quella ‘naturale’, ora che non c’è più si brucia di tutto, mobili, finestre, tavoli. A Gaza non si respira. Dallo scoppio del conflitto – ricorda padre Romanelli – non vediamo latte, verdura, frutta fresca, salvo qualche rara eccezione. Dopo quasi due anni di guerra e di bombardamenti la popolazione non ha tregua ed è depressa”.

ph Lpj

Mostrare misericordia

Secondo il parroco sarebbero moltissime le persone che stanno lasciando il Nord della Striscia per evacuare verso Sud. “Ci sono state distruzioni in diversi quartieri e molte persone stanno andando via. Alcuni dicono 400.000, 500.000, altri molti di più. Comunque, nel centro e nella parte orientale della città ci sono ancora moltissimi abitanti che non hanno voluto o potuto lasciare Gaza”, spiega il parroco in un video inviato nella serata di ieri, 28 settembre, al Sir. La parrocchia latina rimane un presidio di solidarietà e di aiuto per migliaia di gazawi che vivono nei paraggi. “Noi continuiamo a servire tutti i poveri, i bisognosi, i rifugiati anche della vicina chiesa greco-ortodossa di san Porfirio, con quello che abbiamo di cibo, acqua e medicinali. Con le medicine che diamo i medici riescono a fare quasi dei miracoli” prosegue il parroco nel video.

“Mostrare misericordia è un modo per fermare questa guerra”. Un concetto espresso da padre Romanelli in un altro video diffuso nei giorni scorsi: “Ci sono storie orribili. La gente vive in grande angoscia e prega Dio di avere misericordia e di alleviare questo dolore, e che questa guerra finisca presto. Sono grato a papa Leone XIV per i suoi continui appelli alla pace e al patriarca latino di Gerusalemme, il card. Pierbattista Pizzaballa, che sta facendo l’impossibile per aiutare la popolazione. Aggrappiamoci a Dio – conclude – per cercare di essere migliori anche nelle piccole cose, pregando per tutti, per i vivi e per i morti di ogni parte perché tutti siamo stati creati da Dio”.

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