Una fase nuova e inaspettata
 
                È una discussione periodica, che ricomincia dopo la conclusione di ogni tornata elettorale. Gli analisti, i commentatori, gli esperti, gli opinionisti, i politologi, i sociologi provano ad analizzare e, poi, cercano di interpretare le ragioni per cui, in questi tempi, la metà degli aventi diritto al voto sfugge l’appuntamento con le elezioni. Ormai avviene sempre a tutti i livelli, perfino quando il momento elettorale interessa la vita di tutti i giorni e anche gli interessi più immediati. Nessuno è in grado di fornire delle spiegazioni molto convincenti, ma soltanto di evidenziare che l’allontanamento in atto in questo momento storico sta facendo manifestare non più solo una semplice avversione per la politica, per i suoi attori e per i partiti (ormai non più fondati su una struttura organizzativa ma sulla singola personalità di spicco, sulla figura del loro leader), ma anche per le istituzioni in senso più ampio e generale. D’altronde questi aspetti e queste fasi, anche se divisi, di vita civile e sociale, sono strettamente connessi fra loro. L’aspetto più preoccupante, però, è che proprio la politica sembra soffrire questa pericolosa e preoccupante devianza, come se fosse in uno stato di anestesia o come se fosse avvinazzata. Non va così, non facciamoci prendere in giro. Questa apparente limitata attenzione è senz’altro voluta, perché è, più che altro, intrinsecamente incatenata agli interessi di parte delle stesse forze politiche non più in grado di elaborare una qualche possibile soluzione, ma più interessate a schivare un possibile sconvolgimento della situazione attuale. Sembra essersi eclissato per sempre il peso di una politica che guardava avanti e riusciva a vedere il futuro al di là dell’orizzonte. Non esistono più i partiti di massa, in cui gli iscritti, i militanti e gli attivisti giocavano un ruolo importante: i partiti non sono più luoghi di democrazia, di aggregazione, di confronto e di discussione, ma sono diventati ambiti paragonabili a organizzazioni aziendali orientate soltanto alla ricerca di un consenso, pur minimo che possa essere, a patto che sia sufficiente a conservare il potere. In un contesto di questo genere, l’opportunismo politico, il cambiamento di casacca, non è più una tipologia di lampante deformazione, ma è adattabilità, è scaltrezza, è attitudine nello stare a galla, è predisposizione nel non andare a fondo. In una situazione di questo genere, è chiaro che la memoria storica non è solo fragile, è in realtà quasi sparita dal momento che i cambiamenti e le sterzate a U rispetto a ieri o all’altro ieri, non sconvolgono più nessuno, a eccezione di chi non si reca più alle urne, ma tanto questo fatto – in parte di protesta e in parte di disaffezione – malgrado la sua eccessiva evidenza, non scalfisce gli assetti in essere. Scendendo più realmente nella fase attuale della politica italiana, non c’è da meravigliarsi se la destra italiana al governo si comporta così … in una situazione rivoltata, l’attuale sinistra si comporterebbe in modo dissimile? Se si vince con un determinato pacchetto di votanti, per che scopo andare a cercare, fra i non votanti, pericolose seccature? Perché rischiare? In questi tempi, le affermazioni delle compagini di governo sono condizionate primariamente da un dato: se hanno, in un modo o nell’altro, convinto ponendo bene le loro promesse elettorali, ma poi è necessario fronteggiare la realtà e i suoi svariati problemi. E molti italiani li sperimentano i problemi e li sentono sulla propria pelle: l’aumento del numero delle persone a rischio povertà, l’alta evasione fiscale, la stagnazione produttiva, la pressione fiscale su dipendenti e pensionati, la bassa crescita del PIL, l’elevato debito pubblico, la precarietà lavorativa, l’invecchiamento demografico, il calo delle nascite, la fuga dei cervelli, la situazione carceraria in continuo stato eruttivo, la inconsistenza dell’apparato dei servizi sociali, la debolezza del sistema sanitario pubblico. E come se ciò non bastasse, poi vanno aggiunte delle variabili – indipendenti o dipendenti, che siano – delle quali la politica dovrebbe, di sicuro, tenere conto. Si pensi alla drammatica vicenda della Palestina e, più in generale, alla questione della pace che ha portato in piazza nel nostro Paese quasi tre milioni di persone. Quella moltitudine si è, in quel caso, auto-chiamata a raccolta su una questione che concerne i principi etici, che riguarda i valori morali. Nelle piazze, nelle strade, nei cortei, nelle manifestazioni, sono state presenti e hanno urlato la propria indignazione persone di varia e differente estrazione sociale e culturale, ma anche politica. E non solo: dopo anni di assenza, si sono visti e si sono attivati centinaia di migliaia di giovani. Si può ritenere ciò un dato trascurabile, insignificante? Se si considera che la spinta di quella vasta e grande protesta era incentrata – meglio ripeterlo! – su grandi questioni di principi e di valori, allora questi fatti ci devono spingere ad andare più in là. È una fase per molti versi nuova e perfino inaspettata e merita, non tanto una sorta di sfruttamento politico, una attenzione da parte dei raggruppamenti politici, che si dovrebbero sentire sollecitati a riflettere su come poter convogliare, intelligentemente e in via democratica e istituzionale, un potenziale così poderoso. È forse giunta l’ora di andare oltre taluni schemi legati al nostro recente passato. È fondamentale, quasi indispensabile, che la politica sia all’altezza di prospettare nuove idee, altre concezioni, innovative proiezioni, se vuole ritornare ad avere credibilità e autorevolezza, chiaramente sempre incentrando la sua azione sugli autentici e molto più che concreti problemi economici e sociali che assillano tante, troppe persone che vivono in questo Paese. Ricordando in ogni istante quanto asserito da Machiavelli, nel sesto capitolo del Principe: “Non v’è nulla di più difficile da realizzare […] che iniziare un nuovo ordine di cose. Perché il riformatore ha nemici fra tutti quelli che traggono profitto dal vecchio ordine e solo dei tiepidi difensori fra quelli che dovrebbero trarre profitto dal nuovo.”.
VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO


 
                        

 
				

