Disegnare nuove mappe di speranza: i segni del Giubileo del mondo educativo
Nel cuore del Giubileo della Speranza, il Giubileo del mondo educativo – che ha animato il cuore della cristianità dal 27 ottobre all’1 novembre – ha mostrato ancora una volta il volto vivo e accogliente di una Chiesa, madre che accompagna e si prende cura. Un intreccio di voci, esperienze e preghiere: un popolo di educatori, studenti e testimoni riuniti per riscoprire il valore dell’educare come atto d’amore e come servizio al futuro.
Il termine educare, dal latino e-ducĕre, letteralmente ‘trarre fuori’, ‘condurre fuori da’; Cicerone e Quintiliano ne colsero la profondità, intendendolo come l’arte di far emergere ciò che nell’uomo è più autentico, ovvero un accompagnamento paziente che non impone e non riempie, ma rivela e fa fiorire.
In questo contesto, in continuità con la monumentale bellezza emersa durante il Giubileo dei giovani di agosto, la Chiesa ha confermato il suo desiderio di camminare accanto alle nuove generazioni, condividendo fatiche, domande e sogni.
A dare luce e solidità alla settimana del mondo educativo è stata la lettera apostolica di papa Leone XIV, Disegnare nuove mappe di speranza, pubblicata in occasione del sessantesimo anniversario della Gravissimum educationis, dichiarazione conciliare sull’estrema importanza e attualità dell’educazione nella vita della persona umana, promulgata da papa Paolo VI, il 28 ottobre 1965.
Attraverso parole ferme ma colme di speranza e gentilezza, tipiche del linguaggio a cui ha invitato tutto il mondo sin dai primi istanti del suo pontificato, il pontefice ha invitato la comunità cristiana a rinnovare la propria missione educativa, ricordando che ogni percorso formativo è, prima di tutto, un cammino di fede. L’educazione, dice il Papa, è un’arte di accompagnare, di suscitare desiderio, di far nascere quella sete di senso che porta a guardare oltre. Non è solo trasmissione di nozioni, ma costruzione di libertà; non solo istruzione, ma incontro di vite che si orientano verso un bene più grande.
In questo contesto, risuona con forza il gesto con cui il pontefice ha elevato san John Henry Newman a dottore della Chiesa e co-patrono della missione educativa: un riconoscimento che pone il cuore al centro del sapere. Newman, con il suo motto Cor ad cor loquitur – ‘il cuore parla al cuore’ – ricorda che la vera educazione è sempre un incontro tra persone, una relazione che trasforma e genera vita. La sua figura, così profondamente radicata nel dialogo tra fede e ragione, parla con attualità a un mondo che rischia di smarrire la propria anima nella corsa al sapere tecnico e immediato. La sua eredità spirituale e intellettuale richiama gli educatori a custodire il valore della coscienza, a formare menti libere e cuori pensanti.
Tra i tanti orizzonti tracciati dal documento, risplendono quelli dedicati alla custodia del creato, all’uso sapiente delle tecnologie digitali e al patto educativo globale: tre vie che convergono in una pedagogia della speranza. Custodire la terra significa educare alla sobrietà e alla responsabilità, unendo giustizia sociale e giustizia ambientale; abitare il mondo digitale implica discernimento e libertà, per non farsi dominare dagli algoritmi ma restare protagonisti del proprio pensare e agire: “Non lasciate però che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi!”.
Questa visione trova la sua sintesi nell’immagine luminosa delle ‘costellazioni educative’, con cui il papa descrive la pluralità di scuole, università e centri di formazione come stelle di uno stesso cielo: ciascuna con la sua luce, ma unite dalla stessa vocazione a illuminare. È la trama della comunione ecclesiale che attraversa i continenti, unendo esperienze, carismi e vocazioni diverse in un’unica missione di speranza. Ogni istituzione educativa è chiamata a risplendere nel suo contesto, a diventare segno visibile di una Chiesa che educa con il cuore, che accompagna, che sa vedere nell’altro un fratello da servire e non un numero da istruire.
Non è forse vero che ogni atto educativo nasce da un desiderio? E il desiderio, dal latino de-sidera, ‘dalle stelle’, custodisce il bisogno di orientarsi, di cercare un cielo che illumini la notte. Educare significa proprio questo: aiutare a rialzare lo sguardo, a scorgere nel buio la promessa di una luce che ritorna. È un gesto profondamente umano e spirituale, che intreccia la fragilità e la speranza, la concretezza del quotidiano e la nostalgia dell’eterno.
In questa prospettiva, gli educatori diventano artigiani di speranza: uomini e donne che, con pazienza e dedizione, seminano nel cuore dei giovani il gusto del bene e la fiducia nella vita. Ogni aula, ogni laboratorio, ogni momento di ascolto può trasformarsi in un piccolo cenacolo dove si impara a credere nel domani.
Nell’anno giubilare dedicato alla speranza, il Giubileo del mondo educativo illumina la Chiesa e il mondo intero con la certezza che ogni gesto educativo è una stella accesa nel cielo dell’umanità, capace di orientare il cammino verso una luce di speranza rinnovata e la promessa di un mondo nuovo.
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