In Afghanistan, divieto governativo di far lavorare le donne nelle ong
“Abbiamo momentaneamente sospeso le attività in attesa di capire gli sviluppi”. È questa la situazione attuale di Intersos riguardo al divieto governativo di far lavorare donne nelle ong in Afghanistan. L’organizzazione umanitaria lavora da 20 anni nell’area di Kabul, Kandahar e Zabul, prevalentemente in ambito sanitario e lotta alla malnutrizione. “Il contributo dello staff femminile (340 donne lavorano con noi attualmente in Afghanistan), anche al di là delle questioni di principio, è cruciale per le attività che svolgiamo – sottolinea Intersos -: si tratta in larga misura di attività salvavita, quindi in gioco è la vita di persone che dipendono dalla nostra assistenza”. Appena appresa la notizia della nuova restrizione Intersos aveva diffuso un appello sui social dicendosi “profondamente preoccupati per l’annuncio da parte delle autorità de facto talebane di vietare alle donne la possibilità di lavorare con le ong. Ci aspettiamo che questo annuncio venga annullato, in quanto tale divieto rappresenterebbe un inaspettato e inaccettabile passo indietro rispetto a quanto previsto e impedirebbe l’attuazione di attività umanitarie fondamentali, con una conseguente riduzione degli aiuti forniti alle persone più vulnerabili nella società afgana, e, quindi, con il rischio di mettere in pericolo un ulteriore, imprecisato, numero di vite”. Nel frattempo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il segretario generale dell’Onu hanno chiesto al governo talebano di ritirare gli ultimi provvedimenti, compreso il divieto di accesso all’istruzione superiore. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite auspica una ”partecipazione complete ed egualitaria delle donne e delle ragazze in Afghanistan”, chiedendo ai talebani di abbandonare politiche che ”rappresentano una limitazione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”. “Le ultime restrizioni imposte dai talebani all’occupazione e all’istruzione di donne e ragazze sono ingiustificabili violazioni dei diritti umani e devono essere revocate”, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.