Artisti o propagandisti?
 
                La propaganda è una componente importantissima che provoca e alimenta le guerre, forgiando l’opinione pubblica, manipolando la verità. Per spiegare meglio, occorre fare ricorso a degli esempi: i litigi fra i ragazzini. Le frasi tipiche? “Non ho iniziato io!”, “È stato lui a incominciare!”. Peggiori sono le giustificazioni a sostegno di conflitti: “Difendiamo una causa giusta”, “Loro intenzionalmente commettono delle crudeltà, noi solo involontariamente”, “Fanno ricorso ad armi proibite”. Come non richiamare, a questo punto, il famoso intervento dell’allora segretario di Stato americano Colin Powell in cui accusò l’Iraq di uso di armi di distruzione di massa e agitò una fialetta contenente della polvere bianca? Continuando si giunge agli estremi: “La nostra guerra è sacra”, “Chi dubita è un traditore” per poi concludere con “Gli artisti sostengono la nostra causa”. Dopo non deve meravigliare il fatto che è stato annullato il concerto che il direttore di orchestra moscovita Valerij Gergiev avrebbe dovuto dirigere alla Reggia di Caserta, promosso ma poi cancellato dalla stessa istituzione. L’annuncio del concerto aveva provocato le reazioni delle comunità ucraine e dell’ambasciata di Kiev in Italia, dei dissidenti russi che vivono nel nostro Paese, una petizione con sedici mila firme e una lettera sottoscritta da molti premi Nobel per chiedere lo stop all’iniziativa. L’arte, la scultura, il teatro, la televisione, la poesia, la pittura, la musica, la letteratura, il cinema, sono espressioni dell’intelligenza umana, dell’intelletto degli uomini, del loro libero pensiero, sono parte integrante della loro formazione intellettuale, la parte emergente del patrimonio delle loro conoscenze. Tutto ciò non può essere vietato, purgato, censurato, inquisito perché “chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche” ma non sanno le “menti semplici” di ciascun regime che “il pensiero, come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare” (sono parole tratte dal brano Come è profondo il mare di Lucio Dalla). La libertà è segno vitale, irrinunciabile per le democrazie. Però la libertà ha un baluardo nella responsabilità: non sempre, non tutte le azioni sono consentite e, infatti, le leggi pongono limiti all’agire. Ma non solo all’agire, anche al dire, ossia alle parole, che non devono, non possono e non vanno adoperate come pietre che colpiscono il prossimo. Basti pensare all’impiego dei social, spesso trasformati in una Cloaca Maxima. Il direttore di orchestra Gergiev appartiene, con ostentato orgoglio, al sistema di potere politico, ideologico ed economico del regime di Putin: è una delle sue voci più prestigiose, proprio in virtù delle immense doti artistiche che lo hanno reso famoso nel mondo. È un tenace sostenitore di quella che il Cremlino chiama ancora “operazione militare speciale” in Ucraina, con annessi e connessi vasti, ripetuti e documentati crimini sui civili. Nei giorni della settimana scorsa Gergiev ha diretto la prima, al Teatro Bolshoj della capitale russa, dedicata alla “cacciata dello straniero” dal Donbass, l’annessione militare e illegale della regione, insieme ad altri territori ucraini, e proclamata dallo zar di Mosca nel settembre del 2022. Quella che per il Cremlino è una “liberazione” comprende, fra gli altri crimini, il trasferimento, in Russia, di migliaia di minori dai territori invasi. La solita e “immarcescibile” – se non altro, nell’atteggiamento più che intimidatorio del volto – portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha condannato con fermezza la decisione di annullare il concerto, definendola un tentativo discriminatorio di “cancellazione della cultura”. La Zakharova ha citato il Vangelo di Matteo in lingua italiana: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”. Questa non è la prima volta che l’Italia finisce nel mirino di Mosca e di una agitata e tesa portavoce del Ministero degli Esteri russo. La Zakharova, a marzo, aveva attaccato il presidente della Repubblica Mattarella, che avrebbe diffuso menzogne sulla minaccia nucleare russa. In passato, aveva accusato Mattarella di “invenzioni blasfeme” per il fatto che, in una lectio magistralis del 5 febbraio, aveva accostato l’aggressione all’Ucraina ai progetti di conquista del Terzo Reich. Ma non è finita: tornando all’agosto del 2024, la Zakharova aveva accusato i media italiani di rammentare il Völkischer Beobachter, l’organo ufficiale del Partito Nazionalsocialista della Germania dei tempi di Adolf Hitler. Singolare la posizione di Moni Ovadia, che è noto per essere “fumino”, ma anzitutto perché è un personaggio complesso e poliedrico, famoso per il suo impegno civile e per la sua forte carica ironica. Invitato a un dibattito in un programma radiofonico di una rete privata, l’intellettuale e artista italo-ebreo ha attaccato la decisione della direzione della Reggia di Caserta. È stato un attacco durissimo, una vera e propria valanga di “lodi” contro tutto e contro tutti, ma, fra un attacco d’ira e il successivo, ha spostato la rotta del dibattito sulla disparità di trattamento fra Russia e Israele da parte dell’Occidente, dell’America, della Nato, dell’Europa. A suo giudizio, il silenzio internazionale su ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza rischia di attribuire legittimità a nuovi orrori, a più terribili mostruosità: “Domani qualsiasi tiranno, qualsiasi aspirante dittatore potrà commettere i peggiori crimini, dicendo poi: Ma cosa volete, voi dell’Occidente? Non avete titolo per parlare. Avete fatto del diritto internazionale quel che vi pare. I vostri amici possono sterminare persone e perpetrare genocidi e per voi tutto bene. Per gli altri, invece?”. Il rischio, per Ovadia, è quello di una caduta verso la barbarie: “Il trattamento riservato a Israele di favore, di impunità, verrà richiesto da chiunque. Quindi, si assisterà a nuovi genocidi. I sionisti hanno legittimato la pulizia etnica, il genocidio, il furto di terre, il furto di tutto. Ho paura che ne vedremo cose terrificanti”. I superstiziosi sappiano che siamo tutti colpevoli, tutti responsabili.
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