Mediterraneo armato: alleanze, spese e potere
Nel bacino mediterraneo l’acquisto di sistemi d’arma non rappresenta solo una decisione tecnica, ma un filo che intreccia alleanze geostrategiche, politiche industriali e schieramenti militari. I dati del Sipri e l’analisi dei flussi d’importazione nei Paesi attorno al Mediterraneo mostrano come ogni contratto rifletta una scelta, un messaggio e una prospettiva di potere.
Secondo l’ultimo fact sheet del Sipri, nel 2024 la spesa militare mondiale ha raggiunto 2.718 miliardi di dollari (+9,4% rispetto al 2023), segnando il livello più alto mai registrato. La quota della spesa militare sul Pil globale è salita al 2,5%, e la spesa militare media come proporzione della spesa pubblica ha superato il 7,1%. Nella regione europea, la spesa militare è aumentata del 17% sino a 693 miliardi $ nel 2024. Nel Medio Oriente, l’aumento è stato del 15% nello stesso anno, per un totale stimato di 243 miliardi $. Questi numeri testimoniano un contesto di crescente militarizzazione globale, che fornisce le condizioni per l’importanza strategica dei fornitori d’armi nei Paesi mediterranei.
I flussi di armamenti nel Mediterraneo riflettono quattro logiche fondamentali: allineamento politico‑militare; domanda e offerta tecnologica; condizioni finanziarie e industriali; e rischio geostrategico/sanzionatorio. Gli Stati Uniti emergono come fornitore dominante: 9 Paesi su 21 dell’area hanno Washington come principale fornitore secondo il Sipri per il periodo 2020‑24. Il ruolo della Russia è fortemente ridimensionato: dopo l’invasione dell’Ucraina perde terreno e mantiene legami diretti solo con l’Algeria e con la parte orientale della Libia. Attori regionali come Italia, Francia, Spagna, Turchia e Israele partecipano al mercato della difesa soprattutto nei segmenti specializzati (navale, aeronautico, artiglieria) anche se raramente sono fornitori primari in massa.
L’Europa meridionale e i Balcani offrono esempi emblematici. Paesi come Albania, Montenegro e Bosnia scelgono gli Stati Uniti per modernizzare le proprie forze, assicurando interoperabilità con la Nato. In Slovenia, l’Italia risulta partner principale nei settori degli elicotteri e del trasporto tattico. La Croazia opta per la Francia per aggiornare la propria aeronautica con i caccia Rafale. In Grecia, la scelta verso Parigi per navale e aeronautica assume anche un valore strategico nel contesto del confronto con Ankara. In Italia, pur esportando sistemi d’arma, resta fermo il ruolo degli Usa come fornitore principale per alcune capacità chiave (es. caccia di quinta generazione). Le potenze medie europee privilegiano invece la produzione nazionale, ricorrendo alle importazioni solo in casi strategici.
Sul versante africano del Mediterraneo, il Marocco consolida l’ancoraggio agli Usa e integra forniture israeliane, per mantenere un vantaggio rispetto all’Algeria. La Tunisia, con bilancio più ristretto, privilegia pacchetti Usa legati alla sicurezza interna e al controllo dei confini. L’Algeria mantiene una filiera russa per sistemi terrestri e antiaerei; è il Paese con il budget militare più alto del Maghreb ed è stato il primo al mondo ad acquisire caccia russi di quinta generazione. In Libia, l’approvvigionamento d’armi diventa parte della competizione interna: la Tripolitania beneficia di forniture turche, la Cirenaica di quelle russe.
Nel Medio Oriente, Israele conferma un rapporto strutturale con gli Usa fondato su piattaforme co‑sviluppate e fondi federali. Nel 2024 la sua spesa militare è cresciuta del 65% arrivando a 46,5 miliardi $ e pari all’8,8% del Pil nazionale. La Siria, uscita dal perimetro russo, appare come mercato di esportazione pronto allo sblocco post‑sanzioni. La Turchia guarda a fornitori alternativi – tra cui la Spagna – attivando partnership navali e aeronautiche non convenzionali.
Nel Mediterraneo, la politica degli acquisti di sistemi d’arma è al crocevia tra politica estera e industriale. Non conta solo il tipo di sistema acquistato, ma chi lo fornisce, quale catena produttiva nazionale attiva, e quale alleanza politica rafforza. I dati del Sipri mostrano chiaramente che l’egemonia Usa resta intatta, la Russia è in declino, e che le medie potenze esercitano ruoli specialistici ma non dominanti. In un mare in cui si intrecciano insicurezza marittima, minacce energetiche e competizione strategica tra potenze, ogni contratto d’arma è un messaggio. È la testimonianza di dove un Paese decide di stare — e con chi.
VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO





