Editoriale

Se il fine non giustifica i mezzi

foto presidenza del Consiglio dei ministri
18 Lug 2022

di Emanuele Carrieri

Il primo fu Salvini. L’8 agosto del 2019 sbraitò: “Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza e restituiamo velocemente la parola agli elettori”. E cadde il governo Conte 1. Poi il 13 gennaio del 2021 si fece sotto Renzi, annunciando le dimissioni degli esponenti di Italia Viva dal governo Conte 2. Ora, è la volta proprio di Conte e il governo è quello di Draghi. Lo stesso che il 14 settembre del 2019 a Bari, alla cerimonia di inaugurazione della Fiera del Levante, affermò: “La grande stagione della crescita economica e sociale del nostro Paese ha visto in azione l’intervento di straordinari tessitori, strenui difensori dell’interesse nazionale, che hanno compreso il valore dell’interdipendenza. Forse nessuno ha fatto di più per il Sud quanto tre costruttori della democrazia economica italiana. Dov’erano nati? A Morbegno, in Lombardia: Sergio Paronetto, Ezio Vanoni e Pasquale Saraceno. È uno spirito che dobbiamo recuperare, riprendendo a tessere il filo comune dell’interesse non del Nord, del Sud, dell’interesse nazionale.” Si sa, la politica funziona in modo differente, talvolta opposto, rispetto al buon senso. In politica, è certamente meglio curare che prevenire. Perché la cura va dritta all’attenzione degli elettori, che, può darsi, se ne ricorderanno al momento del voto. In politica ciò che conta è l’essere eletti, e, ancora peggio, sforzarsi di essere riconfermati per il mandato successivo. Prevenire non attrae voti, fa parte dell’azione normale di un governo, come obbligo di ordinaria manutenzione del sistema. La manutenzione ordinaria non appare sui quotidiani, non attrae l’attenzione degli elettori, è molto improbabile che porti voti in più. Come un giornale che pubblicasse solo notizie buone, le copie vendute precipiterebbero pesantemente. Perché nessuno è interessato alla normalità. Curare e non prevenire è il contrario del buonsenso. Il buonsenso aiuta a vivere perché suggerisce modi di agire ragionevoli, che minimizzano i rischi, di giusta cooperazione con gli altri, indirizzati a una vita buona nel lungo termine. Lo ha evidenziato recentemente, dal Mozambico, il presidente Mattarella in merito al crollo della Marmolada, un dramma rappresentativo di un’emergenza climatica non governata. “Senza collaborazione non c’è speranza”, ha affermato con forza Mattarella. E la collaborazione ha proprio come finalità fondamentale l’azione di prevenzione. La politica dovrebbe abbracciare la logica del buonsenso. Ma, troppo spesso, non è così. Perché, come è già stato asserito, la politica non viene misurata in termini di risultati in una ottica di lungo periodo, ma trova una sua valutazione puntuale in termini di voti elettorali raccolti. Va detto che gli investimenti in prevenzione andranno a vantaggio degli elettori futuri – nel caso del cambiamento climatico delle future generazioni – e di conseguenza incontrano poco favore negli elettori di oggi. La politica così finisce per previlegiare sempre gli investimenti con risultati visibili immediati. Un esempio di questi giorni è la siccità che sta distruggendo una porzione considerevole del nostro raccolto agricolo. Non accumuliamo l’acqua e quella che abbiamo disponibile la disperdiamo per trascurata manutenzione. Lo dimostra l’inquietudine di diversi partiti in questi giorni. Il nostro paese ha davanti a sé questioni drammatiche, dalla crisi energetica, all’inflazione, alla siccità, agli effetti collaterali della guerra. Tuttavia l’interesse è monopolizzato dalla scadenza elettorale dei prossimi mesi. Di conseguenza, per qualcuno che sente in pericolo la propria rielezione è importante fissare delle bandierine da sventolare poi al momento del voto. La politica continua a muoversi per vie distorte. Continua a interpretare il pensiero di Niccolò Macchiavelli in modo profondamente scorretto. Ha sì scritto che la politica deve essere autonoma dalla morale del suo tempo, di matrice religiosa, ma non ha mai detto che “il fine giustifica i mezzi”. Questa affermazione gli è stata attribuita da chi forse voleva screditare la radicalità del suo pensiero, ma prima di tutto voleva giustificare le proprie malefatte. Al contrario, proprio perché la politica è autonoma dalla morale, il Machiavelli, nei suoi scritti civili, ha sostenuto che, per praticare la politica, è indispensabile possedere una solidità etica e personale molto robusta. Vale a dire essere dotati di una profonda moralità laica, che identifichi nel perseguimento del bene comune la finalità ultima della politica. In democrazia, le scadenze elettorali sono il momento fondamentale nel processo di delega dei poteri da parte dei cittadini nella scelta dei propri rappresentanti. Aggiudicarsi le elezioni è il passaggio fondamentale per delineare il profilo futuro dell’azione di governo. Ma è proprio per la loro estrema importanza, che rivaleggiare per vincere le elezioni non è un fine che giustifica tutti i mezzi.

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