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Ciclismo eroico, quando Coppi smentì la scienza: l’accoppiata Giro-Tour

Il Campionissimo intervistato da Piero Angela - foto archivio Casa Coppi
12 Feb 2024

di Paolo Arrivo

Correva l’anno 1949. Un giornalista pronuncia la celebre frase: “Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi”. Il giornalista è Mario Ferretti. Che apre così la sua radiocronaca della tappa Cuneo-Pinerolo, vinta dal Campionissimo con 192 chilometri di fuga. Fausto Coppi si aggiudica la prova del Giro d’Italia e dopo altre due tappe la classifica finale della corsa rosa. Poi prende parte al Tour de France. Lo comincia male, fino ad accumulare 18 minuti dalla maglia gialla Jacques Marinelli. Dopo la quinta tappa si trova addirittura con un ritardo superiore alla mezzora in classifica. Ma nella cronometro di La Rochelle è il più veloce. Il più leggero sulle Alpi; anche lesto in discesa, nella Briancon-Aosta, quando la fortuna non assiste Gino Bartali, il rivale storico vittima di foratura e caduta. Il primato è legittimato dalla vittoria in un’altra cronometro. Nella penultima tappa della Grande Boucle (Colmar-Nancy, 137 km), che l’Airone fa suo.

L’impresa storica

Coppi vince nello stesso anno Giro e Tour. È il primo corridore a riuscirci nella storia del ciclismo. Uno sforzo immane, che nessuno allora credeva fattibile. Oggi ancor di più: pensiamo a quelle tappe, alle strade polverose, ai pericoli costanti, ai maggiori chilometri percorsi in sella a bici più pesanti. Nel ’52 Fausto concesse il bis. Dopo due anni difficili, segnati dalla morte del fratello Serse, caduto tra le rotaie del tram al Giro del Piemonte. Al Giro d’Italia il favorito Hugo Koblet (il primo non italiano a vincere la corsa rosa, nel ‘50) fu sconfitto. E pure Fiorenzo Magni classificatosi secondo. Al Tour de France, 39esima edizione, Coppi fece meglio del belga Stan Ockers: il momento più alto di chi ha rappresentato l’epoca d’oro del ciclismo, corridore vincente e più famoso. Il sei luglio avvenne il famoso scambio di borracce con Gino Bartali immortalato da un fotografo lungo l’ascesa al Col du Galibier. Tra i sette ciclisti che riuscirono a vincere nello stesso anno Giro e Tour va menzionato Eddy Merckx – 4 volte, il Cannibale. Un altro Grande è stato Miguel Indurain. Come pure, Bernard Hinault, Jacques Anquetil e Stephen Roche.

Ciclismo moderno, l’accoppiata Giro-Tour

Tutto è cambiato nel mondo delle due ruote dai tempi di Coppi. Non il prestigio, il fascino esercitato dalle due più grandi corse a tappe del mondo: l’idea dell’accoppiata Giro-Tour stuzzica Tadej Pogacar, che proverà a vincere ambedue in questa stagione. L’ultimo corridore a riuscirci è stato Marco Pantani. I ricordi sono bellissimi, riferiti al 1998; poi via via struggenti e dolorosi: mercoledì prossimo 14 febbraio saranno già vent’anni dalla morte prematura del Pirata. Il quale non si limitava a vincere soltanto. Quando danzava sui pedali, le mani sulla parte bassa del manubrio, era un tutt’uno con la bici. E somigliava più al Mito Coppi che ai suoi successori. Non solo per i distacchi creati sugli avversari ma anche per le emozioni – il Campionissimo, però, non era soltanto uno scalatore, andava forte su ogni terreno. Non sappiamo se lo sloveno, un fenomeno che ha già vinto il Tour de France nel 2020 e nel ’21, riuscirà nell’impresa: se sarà capace di entrare nel cuore dei tifosi, oltre a vincere. Noi intanto possiamo rifugiarci sempre nella storia in bianco e nero e riviverla.

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