Ecclesia

La domenica del Papa – La cupidigia, malattia pericolosa

foto Vatican media/Sir
01 Ago 2022

di Fabio Zavattaro

Sei anni fa, papa Francesco incontrava i giovani nella Giornata mondiale di Cracovia e diceva loro: “il Vangelo sia il tuo navigatore sulle strade della vita”, perché “niente giustifica il sangue di un fratello, niente è più prezioso della persona che abbiamo accanto”. Piove a Cracovia quel 31 luglio 2016, e due ragazzi si riparavano sotto le loro due bandiere: una della Russia, l’altra dell’Ucraina. Mi è tornata in mente questa immagine ascoltando, domenica, le parole del papa in una piazza dove c’era solo la bandiera giallo-azzurra, con Francesco che ricordava di aver pregato ogni giorno, anche durante il viaggio in Canada, “per il popolo ucraino, aggredito e martoriato, chiedendo a Dio di liberarlo dal flagello della guerra. Se si guardasse la realtà obiettivamente, considerando i danni che ogni giorno di guerra porta a quella popolazione ma anche al mondo intero, l’unica cosa ragionevole da fare sarebbe fermarsi e negoziare. Che la saggezza ispiri passi concreti di pace”. In quella domenica di sei anni fa il vescovo di Roma diceva ai giovani: “non vogliamo distruggere. Noi non vogliamo vincere l’odio con più odio, vincere la violenza con più violenza”.

Quanto sono attuali queste parole anche nel tempo in cui viviamo dove quotidianamente, ormai, ascoltiamo le voci e vediamo le immagini di un conflitto che si consuma proprio nel cuore dell’Europa. “L’opposto della vita non è la morte – ricordava in Canada il papa citando lo scrittore Elie Wiesel – ma l’indifferenza alla vita e alla morte”.

Tutto questo non è lontano da piazza San Pietro, nella domenica in cui Luca, nel suo Vangelo, ci fa riflettere sul lavoro, il possesso dei beni, il rapporto con il denaro, partendo da una domanda che un uomo in mezzo alla folla rivolge a Gesù: “maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità”. Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, è la risposta di Gesù, le cui parole trovano eco nel Qoèlet “vanità delle vanità: tutto è vanità” e in San Paolo che ai Colossesi dice di rivolgere il pensiero alle cose di lassù.

Ma cos’è la cupidigia, si chiede il papa all’Angelus: “È l’avidità sfrenata di beni, il volere sempre arricchirsi. È una malattia che distrugge le persone, perché la fame di possesso crea dipendenza”. E chi ha tanto “non si accontenta mai: vuole sempre di più, e solo per sé. Ma così non è più libero: è attaccato, schiavo di ciò che paradossalmente doveva servirgli per vivere libero e sereno. Anziché servirsi del denaro, diventa servo del denaro”.

Con la sua risposta Gesù mette in guardia dall’illusione che la vita dipenda da ciò che si possiede. Tornano le parole del Qoèlet; stolto, per la Bibbia, è colui che vive come se Dio non ci fosse, che “accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”, scrive Luca.

La cupidigia, afferma ancora papa Francesco nelle parole che pronuncia prima della preghiera mariana dell’Angelus, “è una malattia pericolosa anche per la società: a causa sua siamo arrivati oggi ad altri paradossi, a un’ingiustizia come mai prima nella storia, dove pochi hanno tanto e tanti hanno poco o niente. Pensiamo anche alle guerre e ai conflitti: quasi sempre c’entrano la brama di risorse e ricchezze. Quanti interessi ci sono dietro a una guerra! Di sicuro uno di questi è il commercio delle armi. Questo commercio è uno scandalo a cui non dobbiamo e non possiamo rassegnarci”.

Al cuore di tutto questo, dice Francesco, “non ci sono solo alcuni potenti o certi sistemi economici: al centro c’è la cupidigia che è nel cuore di ciascuno”. L’invito del papa, allora, è di guardare dentro di noi e chiedere “come va il mio distacco dai beni, dalle ricchezze? Mi lamento per ciò che mi manca o so accontentarmi di quello che ho?”. Già appena eletto ricordava che possiamo essere attaccati al denaro, avere tante cose, ma alla fine, gli ricordava sua nonna, non possiamo portarle con noi: il sudario non ha tasche. Altre volte la nonna gli diceva di non aver mai visto un camion da trasloco dietro un corteo funebre.

Non si possono sacrificare “in nome dei soldi e delle opportunità” relazioni e tempo per gli altri; non si può “sacrificare sull’altare della cupidigia la legalità e l’onestà”. Per questo, aggiunge Francesco, Gesù ci dice “che non si possono servire due padroni”, cioè Dio e la ricchezza: “servirsi delle ricchezze sì; servire la ricchezza no: è idolatria, è offendere Dio”.

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