L'argomento

Le elezioni ci trovano impreparati
di fronte a un Paese più spaccato

Il leader del M5s, Giuseppe Conte nel Foggiano a San Nicandro Garganico, Cerignola, Melfi, 19 settembre 2021. ANSA/Facebook Giuseppe Conte + ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +
21 Set 2022

di Silvano Trevisani

Siamo ormai prossimi al voto. Cominciamo col dire che la legge elettorale con la quale andiamo a votare, il ‘Rosatellum’, è una cattiva legge, che modifica, ma in peggio, la precedente legge “Italicum”, dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Tutte le leggi elettorali succedutesi nel tempo, a partire dal “Mattarellum”, passando per il “Porcellum” perseguivano l’obiettivo di rafforzare le maggioranze che le varavano, ma non ci sono mai riuscite, finendo col favorire proprio gli avversari (il primo fu D’Alema, l’ultimo è stato Renzi) e soprattutto non riuscendo mai a dare stabilità attraverso il perseguito e tanto decantato sistema maggioritario e al bipolarismo, che non sono proprio nelle corde degli italiani. Tant’è vero che nei trent’anni della cosiddetta seconda Repubblica la durata di coalizioni di maggioranza è stata un’assoluta rarità salvo spegnersi, poi, se non per motivi politici per dissesti economici.

Il sistema elettorale ha nella scelta dei candidati l’anello più drammatico, il primo motivo di allontanamento degli elettori dalle urne. I candidati sono calati dall’alto, molto spesso non sono del territorio e vengono scelti solo per fedeltà alle dirigenze nazionali e non certo per risolvere i problemi locali, a volt per aggravarli. È vero che un tempo il contatto parlamentare-elettore alimentava comportamenti clientelari, accanto però a un “controllo democratico” sul comportamento politico dell’eletto, che doveva dar conto del proprio lavoro; ma è ancora più vero che “l’allontanamento” tra parlamentare e territorio non ha prodotto una classe politica più onesta, come dimostrano tutti i dati e gli studi di settore.

Un altro motivo fondamentale dell’astensionismo è nel disinteresse che i partiti dimostrano nei confronti dei problemi di gran parte del popolo italiano. Secondo gli esperti, sono circa 14 milioni gli italiani di cui non si occupa nessun programma elettorale, almeno nei partiti tradizionali. E che potrebbero astenersi I poveri, i disoccupati, i diseredati, i migranti abbandonati alla clandestinità, i lavoratori a bassissimo reddito sono del tutto assenti nei programmi elettorali e risultano quasi un “fastidio” da cui liberarsi.

Mi rendo conto che analizzare per sommi capi la situazione può dar adito a un certo massimalismo, ma a leggere bene tra i programmi e i comportamenti dei partiti, sembra che vi siano due grossi blocchi che tagliano il Paese in due e che fanno riferimento, da una parte, a chi paga le tasse, essendovi costretto perché lavoratore dipendente; dall’altra a chi evade e vuole essere protetto in questo sul atteggiamento.

Chi paga le tasse è attento allo stato sociale, alla sanità che mantiene con i propri soldi, chiede salari più umani, dato che quelli italiani sono i più bassi d’Europa. Chi non paga le tasse, e si tratta di una metà precisa del Paese, quella parassitaria che se la passa meglio, chiede strumenti per persistere nel privilegio, non vuole la riforma fiscale, non vuole l’adeguamento del catasto, non vuole la revisione delle concessioni balneari, vuole l’abolizione del reddito di cittadinanza, e così via.

Se ne desume anche un taglio orizzontale del Paese: il Nord corre e vuole continuare a correre con l’autonomia differenziata, il Sud decresce, economicamente e socialmente perché i giovani sono rapiti verso il Nord e gli stati esteri. I partiti del Nord che vengono a pescare al Sud non guardano ai più poveri ma a coloro che vorrebbero essere nelle condizioni del Nord pur continuando a vivere al Sud.

Il reddito di cittadinanza è messo sotto costante assedio attraverso bugie ripetute. Ammetto di essere stato anch’io tra i detrattori dell’attuale sistema, ma non per il sostegno economico bensì per la pretesa, introdotta proditoriamente da qualcuno, di trasformare il reddito in un politica attiva del lavoro: un’assurdità quando quel lavoro non c’è! Poi potremo spiegare, avendo più spazio, perché fanno ridere coloro che dicono che i ragazzi preferiscono stare sul divano a godersi il reddito invece che andare a fare i camerieri. È una sciocchezza madornale: nessun ragazzo percepisce il reddito se vive nella casa dei genitori! Se invece è capofamiglia ha diritto a un lavoro e non a un ricatto.

Un’attenzione a parte lo merita, a mio parere, Mario Draghi che è stato premiato dagli Stati Uniti a conferma che tutto quel che sta avvenendo in Italia da qualche anno a questa parte (e non anche prima?) viene attentamente pianificato all’estero.

Se Draghi fosse stato quel grande statista che si è detto, non non ci sarebbe l’enorme travaso di voti in corso dalla Lega, che ha sostenuto il suo governo, a Fratelli d’Italia, che invece lo ha (almeno pubblicamente) osteggiato. Basta questo a dimostrare che le cose non stanno così e che gli italiani vogliono e devono essere governati dai politici che si scelgono, anche se questi non piacciono molto agli amici stranieri, perché sono loro la giusta espressione. Da bambino, al mio paese, mi hanno insegnato che: “Ogni parrocchia ha il parroco che si merita!”. Allora cerchiamo di meritare politici migliori cominciando a essere cittadini migliori!

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